Al D’Angelo si disputa la semifinale tra Altamura e Taranto (in gara secca), partita che ha lo stesso peso e sapore di un’amichevole estiva. I play off, per come sono stati strutturati, servono ad allungare la coda del campionato. I ripescaggi non passano dalla vittoria degli spareggi, ma da graduatorie che, ideate e stilate dai burocrati del pallone, garantiscono il salto di categoria in cambio di ricchi assegni: d’altronde la serie C ha un prezzo.

Tutto questo a ulteriore dimostrazione, semmai ce ne fosse ancora bisogno, del fatto che il calcio continua a essere gestito come un’azienda orientata al profitto, in barba a principi etico-morali. Hanno dapprima legalizzato il calcio scommesse, incentivando l’apertura di “bet point” (la ludopatia è l’effetto collaterale) e nel frattempo hanno permesso alla tv di entrare prepotentemente nelle nostre case, intossicandoci di partite disputate in giorni e orari sempre più strani.

In settimana, infine, abbiamo assistito all’ennesima entrata a gamba tesa, guarda caso da parte dell’ex calciatore Billy Costacurta, che ha annunciato di voler accelerare sul progetto delle seconde squadre. Questo, per ovvie ragioni, ridurrà gli spazi per quei club che non avendo alle spalle una certa solidità patrimoniale dovranno “accontentarsi” dei campionati dilettantistici.

La passione per definizione non può essere facilmente misurata, tantomeno parametrata, ma è innegabile che negli ultimi 20 anni il modo di vedere e vivere il calcio sia cambiato profondamente: le squadre non sono più motivo di vanto o orgoglio localistico e il pallone lentamente sta diventando solo un prodotto da vendere. Ma come spesso accade per gli oggetti futili, il tifoso – diventato consumatore – inizia a stancarsi e a poco servono tecniche di “marketing” aggressive.

È in questo contesto che va letta la semifinale del girone H di serie D. Il pubblico di casa risponde presente, invitando i propri giocatori a continuare a ruggire, perché al di là del peso di questi play off i tifosi vogliono vincere, sempre e comunque, sperando e sognando nel salto di categoria. Da Taranto gli jonici presenti sono circa 400.

Nel corso del secondo tempo, sotto di una rete, gli altamurani espongono lo striscione “Ripescaggi liberi” che sintetizza la speranza e la voglia di sognare, oltre che una critica diretta e goliardica a chi il calcio lo vede solo come business.

In finale il Taranto affronterà la Cavese, in un match ultras dal sapore antico.

Testo di Michele D’Urso.
Foto di Fabio Mitidieri.