L’occasione di timbrare per la prima volta il cartellino al Novi di Angri mi è offerta da questa semifinale playoff tra i grigiorossi e la Vultur. L’ennesimo atto di una stagione infinita, che sembra non volgere più al termine per addetti ai lavori e tifosi e che a giugno inoltrato – a causa della cervellotica formula imposta dalla Lega – ancora non ha designato tutte le promozioni in Serie D.

Se lo 0-3 dell’andata fa sì che il passaggio del turno sia quasi archiviato per i campani, stessa cosa non si può dire per la sfida sugli spalti, dove si ritrovano due tifoserie dalle storie recenti assai complicate e diverse. Ma entrambi legate dal fil rouge di una mentalità forte e lungimirante che gli ha permesso di ripartire di fronte a momenti critici. Animate dalla mera voglia di non far sparire il movimento ultras nelle rispettive città e crescere lentamente e con abnegazione nuove generazioni in grado di scrivere pagine di storia sulle gradinate. Ecco perché oggi ho deciso di venire qua: Angri-Rionero è innanzitutto un confronto tra due curve che la parola Ultras ce l’hanno tatuata nell’anima.

Per raggiungere Angri – ovviamente – opto per il treno, godendomi il viaggio con una rediviva, nota, figura di Sport People. Di cui non faccio il nome solo per il rispetto della sua privacy. Il viaggio corre allegro, con il solito paradosso della gente “normale” che – armata di costume e ombrellone – si dirige al mare e noi, psicolabili dichiarati, che ci andiamo a rinchiudere nelle quattro mura di uno stadio con quaranta gradi percepiti.

Per le strade della graziosa Angri si percepisce quanto nelle ultime settimane i supporter grigiorossi abbiano provato – riuscendoci – ad accendere il clima: ci sono bandiere appese su diversi balconi, volantini che richiamano la gente ad affollare le gradinate e, in generale, si percepisce che da queste parti la passione per la squadra cittadina non sia un qualcosa di passeggero.

Malgrado le avverse fortune calcistiche degli ultimi anni abbiano provato a sopire (per non dire spegnare) questo attaccamento, le ultime 2/3 stagioni (escludo ovviamente quelle in cui si è giocato a porte chiuse) hanno fatto sì che anche numericamente la tribuna del Novi e i settori ospiti tornassero a ripopolarsi con numeri importanti. E credo che il merito vada dato e riconosciuto a chi si è sobbarcato l’onere di proseguire un discorso di tifo organizzato anche in Prima Categoria. Tenere viva la fiammella quando il vento spirava talmente forte da spegnerla è stato il merito più grande e oggi quei ragazzi cominciano a raccoglierne i frutti.

Un discorso simile si potrebbe fare anche sui ragazzi di Rionero, anche se là bisogna considerare una situazione ancor più complicata in virtù di quanto accaduto nel gennaio 2020, a margine degli incidenti con i melfitani che portarono alla morte di un tifoso bianconero. Fatti che ovviamente non possono non aver avuto importanti ripercussioni su una realtà piccola, abbarbicata in una zona “periferica” del Sud Italia, in cui è difficile non stare gomito a gomito con tutte le poche migliaia di abitanti. Insomma, se il paese è piccolo e la gente mormora, riportare in auge un discorso ultras – seppur ultratrentennale – non è propriamente l’impresa più facile da realizzare.

Da qualche tempo un volenteroso nocciolo è tornato sulle gradinate del Corona. Senza clamori, senza annunci baldanzosi. In piena armonia con quello che è il modus vivendi del tifo rionerese. La sigla dei Vecchi Tempi è stata messa in soffitta, con tutto il suo carico di storia; ma chi oggi si trova a tirar avanti la carretta sembra seguire comunque quel modo di vivere le gradinate. Un anno zero in cui si stanno mettendo le basi, numeriche e qualitative. Il fatto che la maggior parte dei presenti siano giovani, lascia ben sperare. Se verranno guidati con le giuste menti e ben instradati, sicuramente la cittadina lucana avrà ancora tanto da dire al movimento.

Venendo alla sfida di oggi: come anticipato il confronto è di quelli che meritano attenzione. Tra le due fazioni non c’è astio, anzi. Diversi cori lasciano intendere un reciproco rispetto. La tribuna di casa si presenta quasi sold-out, mentre nel settore ospiti sono una quarantina gli ultras giunti dalla Basilicata. Questi ultimi si sistemano dietro alcune pezze e sono autori di una buona prova: tanti cori secchi, discreto utilizzo della pirotecnica (che non guasta mai) e uno striscione in memoria di Carmine Crocco, il celebre brigante che a Rionero è nato proprio 192 anni fa. Una figura che da sempre ha accompagnato i bianconeri nella loro simbologia.

Malgrado la partita non sia di quelle che anima i tifosi con l’intento di ottenere il risultato (sì ok, la Vultur si porterà sull’1-2, ma nel secondo tempo i campani la ribalteranno vincendo per 3-2 e confermando che di fondo la qualificazione alla finale non è mai stata in dubbio), non accendendo le anime con quella che da queste parti chiamano “cazzimma”, il tifo angrese si mantiene comunque su ottimi livelli. I gruppi dimostrano di avere un’ottima collaborazione gli uni con gli altri e l’impatto è significativo.

Mettiamoci pure che siamo arrivati a un punto della stagione in cui un po’ tutti non vedono l’ora di mettere la parola fine e stendersi sotto l’ombrellone, anche se ad Angri sanno bene che manca ancora uno scalino per potersene andare al mare col sorriso sulle labbra. Di fronte ci sarà quel San Marzano che già in campionato è stato rivale ostico e con cui – a causa della discutibile gestione del Novi, di cui incredibilmente il club rossoblù è gestore mentre i grigiorossi affittuari – già tante polemiche ci sono state nel recente passato.

Finisce con gli ultras della Vultur che, dopo aver salutato la squadra, continuano a cantare per loro stessi e per il movimento ultras. Mentre l’Angri resta per alcuni minuti sotto la gradinata raccogliendo la carica dei propri sostenitori, ora più che mai decisi ad essere il dodicesimo in campo in vista degli ultimi due atti di questa lunghissima annata.

Per noi è tempo di andarcene. O meglio è ciò di cui ci illudiamo. L’efficienza di Trenitalia, infatti, renderà il nostro ritorno un’Odissea che merita di essere menzionata: il convoglio diretto a Napoli Centrale rimane per oltre mezz’ora fermo alla stazione di Scafati a causa di una persona impegnata in una solitaria camminata sui binari. Questo ritardo ci fa perdere l’ultimo regionale per Roma, dirottandoci sull’Intercity delle 21:35. Tutto ok? Manco per niente. Oltre ai ritardi già in essere a causa di un incidente occorso sulla linea ad Alta Velocità, infatti, quest’ultimo treno accumula oltre un’ora e mezzo di ritardo per il non funzionamento delle porte. Ciò che si vede sulla banchina del capoluogo partenopeo è il concentrato tragicomico dell’Italia: personale FS intento a risolvere – invano – il problema, nessuno che si vuol prendere la responsabilità di far partire il treno con le porte non perfettamente funzionanti e gente che litiga sulla banchina. Mentre noi, ovviamente, ce la ridiamo bellamente parlando di ultras a inettitudini libere!

Si torna a casa che sono quasi le tre di notte. Manco fossimo stati nel capo estremo della Penisola!

Simone Meloni