Per l’ultima domenica di settembre ho in programma una doppietta “borbonica”: la mattina mi riserva l’incontro di Eccellenza laziale tra l’Arce e il Terracina, per il pomeriggio l’agenda prevede invece la sfida del campionato di Serie D tra l’Acerrana e il Fasano.
In una soporifera domenica mattina, mi ritrovo dunque, per l’ennesima volta, sulla superstrada dei Monti Lepini. Superando dopo pochi chilometri l’antico confine tra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli, lasciata alle spalle l’importantissima Ceprano e attraversato il fiume Liri, entro nel territorio retto fino al Risorgimento dai sovrani partenopei.
La provincia di Frosinone, istituita nel 1927, fu creata unendo la Ciociaria pontificia con la Terra di Lavoro. Ripercorrendo brevemente le tappe di questa storia: nel 1130, il normanno Ruggero II istituì il Regno di Sicilia, il cui limite settentrionale correva proprio da queste parti; da allora Arce, come le vicine Cassino, Isola Liri e Sora, ha sempre fatto parte di questo Stato, chiamato Regno di Napoli dalla metà del XV secolo, poi Regno delle Due Sicilie dopo il Congresso di Vienna. In seguito all’istituzione del Regno d’Italia, infine, è stata inclusa nella provincia di Terra di Lavoro (Caserta) fino all’ingresso, appunto, in quella di Frosinone in epoca fascista.
Quando arrivo a destinazione ammiro la vegetazione lussureggiante che colora la piana ai piedi del centro storico. Come è consueto da queste parti, la zona antica si sviluppa su un colle ben visibile dal campo sportivo. Arce è un centro antichissimo, con un’origine volsca, come testimoniano i ritrovamenti archeologici del territorio, i campanili, le case in pietra, le fortezze.
Lo stadio della squadra locale è collocato nel fondovalle. La struttura è tenuta alla perfezione. Una bella tribuna coperta offre un’ottima visuale sul terreno di gioco in erba sintetica, mentre il settore ospiti si trova alle spalle di una delle due porte. Dal campo, lo sguardo giunge fino ai 1600 metri del monte Cairo, il principale rilievo del Subappennino laziale meridionale.
Il calcio, ad Arce, vanta una lunga storia, come reca la data sullo stemma: 1932. Il sodalizio gialloblù, nel tempo, ha potuto contare anche sul sostegno di alcuni gruppi. I pionieri del tifo furono i “Wonderers”, apparsi negli anni ’80; il testimone fu poi raccolto dalla “Brigata” negli anni ’90. L’ultimo collettivo, in ordine di tempo, è stato quello della “Gioventù arcese”, attiva fino al 2011. Al momento, tuttavia, per vicissitudini varie le partite dell’Arce si disputano senza una presenza ultras locale.
Tornando all’attualità, la partita prende avvio alle 11:00 nel totale silenzio. Dopo diversi minuti, però, suoni di clacson animano la mattinata: sono finalmente arrivati i sostenitori tirrenici! I ragazzi di Terracina dapprima verificano dove sistemare le proprie pezze, poi si compattano per iniziare a tifare. Rimango colpito, innanzitutto, dal loro numero: nonostante la pesante sconfitta contro l’Anagni della domenica precedente, i biancazzurri si presentano in ottimo numero in Terra di Lavoro, riempiendo il settore a loro disposizione. Una presenza da incorniciare per loro, anche alla luce dell’orario mattutino, sicuramente disincentivante per i tifosi comuni. Insieme ai tigrotti sono poi presenti, quest’oggi, i ragazzi di Formia e Roccasecca.
Ai numeri corrisponde la solita qualità del tifo anxuriano: cori prolungati, bandieroni, battimani, luminarie sono gli strumenti con i quali anche oggi si guadagnano un voto positivo, mentre in campo la squadra ospite incorre nella seconda sconfitta consecutiva. Per il Terracina si registra, pertanto, un altro risultato negativo, ma i giocatori in casacca biancoceleste hanno comunque profuso il massimo impegno, come viene riconosciuto dagli stessi ultras a fine partita.
Quasi senza accorgermene, anche questa partita, purtroppo, volge al termine. Così, mentre i terracinesi riprendono la strada verso il mare, dapprima saluto i dirigenti della squadra locale, che mi hanno riservato un’ottima accoglienza, poi punto dritto verso Acerra: sono euforico per il tifo appena ammirato ed entusiasmato dalla possibilità di vedere all’opera acerrani e fasanesi, oltre allo storico striscione degli “Allentati”. Questa, però, è un’altra storia e conto di raccontarvela a breve!
Andrea Calabrese

















