Raggiungere Arezzo da Roma è un gioco da ragazzi. Anche il lento regionale della linea per Firenze impiega giusto un paio d’orette, tanto da permettermi una partenza tutto sommato tranquilla a livello di orari.

È un sabato di aprile e la primavera si fa notare in tutte le sue sfaccettature. Sul Centro Italia il sole splende finalmente con prepotenza e lungo il tragitto è tutto un trionfo di prati in fiore e strade sterrate che pian piano cominciano ad assumere il classico colore giallastro proprio delle stagioni calde.

Sembra strano a dirsi ma pur avendo visitato Arezzo diverse volte, non sono mai stato allo stadio durante una partita degli amaranto. Avendo rimandato diverse volte l’occasione, approfitto dell’ultima che il calendario mi mette a disposizione: il derby col Pisa già matematicamente ai playoff e totalmente disinteressato a questa sfida. Ma se sul campo l’impegno può essere minimo so per certo che lo zoccolo duro della Nord nerazzurra non si tirerà indietro, onorando sia la giornata che la rivalità con i dirimpettai.

Dopo una sequela di partite passate tra A e B mi fa piacere tornare a bordo campo e in una serie inferiore. Ogni tanto c’è bisogno di incamerare nei polmoni l’odore del campo e sentire a due passi le tifoserie. Inoltre l’aria di provincia mi dona subito una dimensione piacevole: qua tutto sembra più semplice e naturale. Una gara che, pur restando inquadrata da un imponente servizio d’ordine, calza sicuramente di più al gusto di chi allo stadio ci va con l’intenzione di tifare e condividere emozioni che solo l’aggregazione e i gradoni sanno trasmettere.

Sarà poi che di aretini e pisani ho un grande rispetto. Due tifoserie che – a mia memoria – ci sono sempre state e hanno saputo rispondere con orgoglio ai diversi momenti critici trascorsi negli ultimi anni. Due tifoserie di cui apprezzo il modo, seppur diverso, di vivere lo stadio e la vita di gruppo. Fortemente attaccati ai propri valori e sempre pronti a difenderli.

Quando si parla dei pisani, ad esempio, non ci dimentichiamo mai della mannaia repressiva che negli ultimi anni li ha spesso colpiti pesantemente e dalla quale sono sempre riusciti a rialzarsi, anche grazie al grande filo conduttore che li lega alla propria città. Credo che la Nord sia uno dei pochi esempi “ancora viventi” di quanto sia importante sollecitare e invogliare la propria comunità a fare aggregazione. Ovvio, Pisa è una realtà particolare, sia per la sua posizione cruciale che da sempre la vuole punto di passaggio e incontro, sia per il suo proverbiale impegno antagonista.

Il Comunale è uno stadio alla vecchia maniera, purtroppo “stuprato” dalla solite manie di grandezza unite a delle chiare disfunzioni logiche, che ne hanno favorito l’enorme ampliamento della Curva Sud ai tempi della Serie B. Risultato? Un maxi settore da quasi 5.000 posti che è stato riempito in pochissime occasioni. Ovviamente un problema per il tifo organizzato, che deve fare i conti con la dispersività dello stesso.

Per il resto l’impianto aretino non mi dispiace affatto. Bello il settore ospiti composto da pochi gradoni e disposto a ferro di cavallo. A chi storce il naso: il mio “bello” è frutto di un gusto personale che tiene soprattutto conto del vissuto di un luogo e dell’attitudine a fare il tifo. È per questo che quasi sempre amo impianti vetusti e/o addirittura dissestati.

Quando metto piede sulla pista d’atletica il tartan è ampiamente riscaldato dalla calura pomeridiana e in tanti sugli spalti già ostentano petti nudi. Gli ultras del Pisa fanno il loro ingresso a pochi minuti dal fischio d’inizio, mentre gli aretini stanno già facendo bella mostra dei loro classici stendardi.

Sarà il colore a farla da padrone in questo pomeriggio. Un aspetto predominante da ambo i lati, assieme alla gran voglia di cantare e sostenere le squadre in campo.

A guardarla con un certo distacco c’è da fare una considerazione: rispetto ai primi anni post Raciti, la Toscana ultras si sta lentamente rialzando. Almeno dal punto di vista del seguito e del folklore. Con i suoi campanilismi storici e la veracità delle sue piazze è stata forse una delle regioni più tramortite dallo sciame sismico della repressione. Eppure piano piano qualcosa è uscito nuovamente fuori, e il merito va a chi non ha mai smesso di crederci e presenziare. Ritornano gli striscioni, ritornano i tamburi, ritornano i megafoni. Qualche fumogeno, i bandieroni e la compattezza.

Tutto ad un tratto mi ritorna in mente quanto da piccolo amassi le tifoserie di questa regione, con i loro particolarismi e la loro impostazione spesso tendente all’originalità.

Pertanto quello a cui si assiste sugli spalti è uno spettacolo dal grande valore. Tifo costante, mani sempre in movimento, colore e intensità. Una di quelle gare che ti fanno uscire dallo stadio più che soddisfatto.

In campo sono i padroni di casa a spuntarla grazie alla rete siglata da Moscardelli all’inizio del secondo tempo. Un successo che avvicina l’Arezzo alla salvezza. Appuntamento cruciale all’ultima giornata, con gli amaranto impegnati a Carrara. Applausi anche per il Pisa, che è chiamato a prepararsi ai playoff, dove sarà sicuramente seguito dal suo caloroso pubblico.

È tempo di tornare indietro anche per me. Lasciandomi la Toscana alle spalle e godendomi il viaggio di ritorno sul più classico degli sconquassati regionali proposti da Trenitalia!

Simone Meloni