Ormai non ci facciamo neanche più caso e ciò non è sicuramente una bella notizia. I mali del calcio sono molteplici e nell’elencarli tutti sarei sicuro di incorrere in qualche grave lacuna. C’è chi dice che gli ultras siano il male del calcio, alcuni addirittura si spingono a dire che sono i veri padroni di questo sport, poi ti accorgi che nel carrozzone del Dio pallone incombono doping, partite truccate, giri di soldi di dubbia provenienza, conti truccati e debiti spalmati in decenni ed allora fai pace con te stesso e soprattutto guardi dall’alto in basso chi si ostina ad additare come delinquente da sbattere dietro le sbarre colui o coloro che sventolano una bandiera.

Non per fare cieco vittimismo, ma ultimamente solo in Italia abbiamo assistito ad una serie di scandali che avrebbero messo in ginocchio pure il più florido e ricco dei movimenti, le conseguenze e le riforme sono invece sembrate impercettibili, ma i risultati (Nazionale in primis) stanno lì a dimostrare come questo calcio, con questa gestione e con questi obiettivi, sia realmente al capolinea. A pagare tutto questo? Ultras, tifosi e sportivi. Perché? Basta vedere cosa sta succedendo a Modena o cosa è successo nel passato ad altre squadre e ad altre tifoserie dello Stivale: il film è sempre quello con un presidente che fa fallire la squadra e poi esce dal giro per qualche anno per tornare in sella ad un’altra latitudine.

Le manifestazioni ultras per difendere la squadra dal fallimento non sono mancate, famosa è stata quella dei laziali. Ultimamente, per la durata e per la perseveranza mi viene in mente quella dei pisani che hanno coinvolto nella diatriba “pallonara” l’intera città. Mentre prima si scendeva in piazza per un allenatore o un giocatore, ora il bersaglio è ancora più grosso. Eppure nella mia mente è impossibile non ricordare certi immagini della tifoseria viola in piazza contro i Pontello per la vendita di Baggio, una tifoseria che ha messo a ferro e fuoco una città per la vendita di un giocatore simbolo, giocatore nel quale si rispecchiava l’ultras come il tifoso. Vendere Baggio è stato un colpo basso, soprattutto alla Juventus, squadra che nel capoluogo toscano è vista davvero di mal’occhio.

Ai giorni nostri bisogna spostarsi di qualche chilometro e da Firenze arrivare ad Arezzo, stessa regione ma contesto diverso, certamente più piccolo ma vivo e vegeto visto che la tifoseria amaranto brilla di luce propria. Arezzo sta vivendo un periodo di gravi difficoltà, la squadra risponde abbastanza bene sul campo, i risultati non sono affatto male, ma durante la settimana tra gli sportivi si ragiona più di quello che succede fuori dal terreno di gioco che non quello che succede intorno alla squadra.

La Curva Sud perciò, prima della partita contro il Pro Piacenza, ha indetto un corteo che si è dipanato per le vie cittadine con lo scopo di mantenere alta l’attenzione sui problemi societari e sensibilizzare eventuali compratori ed istituzioni su quanto realmente valga l’Arezzo per il popolo aretino. Il corteo è molto partecipativo, gli ultras si mettono alla testa dello stesso e fanno di tutto per rendere la camminata un revival di quando era permesso tutto o quasi: torce, fumogeni, bandieroni colorano il passaggio della gente; non mancano i cori, i ragazzini che “scimmiottano” gli ultras, le persone adulte composte ma desiderose di far la propria parte ed addirittura dalle finestre i cittadini applaudono il lento ma caotico passaggio delle persone. Non è una tifoseria a scendere per le strade ma è una città che si stringe attorno alla propria squadra di calcio.

Infine c’è l’arrivo allo stadio, uno striscione appeso all’esterno per ricordare Gabriele Sandri, l’ingresso in Curva Sud, la pioggia che comincia a fare capolino e diventa spettatrice non pagante quanto molesta, con la partita che quasi passa in secondo piano. La Curva Sud fa la propria parte anche sui gradoni: bandiere, bandiere a due aste, un fumogeno e tanti cori per la squadra. Non manca un secondo striscione per Gabriele Sandri, questa volta esposto ed applaudito da tutto lo stadio, non manca neppure la sciarpata, quello che manca è una vittoria sfiorata ma non conquistata. Un pareggio che fa masticare un po’ amaro visto l’andamento della partita, soprattutto nella prima frazione, dominata dalle casacche amaranto, ma come al solito la partita più importante si gioca lontano dal terreno verde. Anche in questo caso, come nel passato in altre piazze, c’è un risultato sportivo e c’è quello decretato dai tribunali e dalla giustizia. Peccato che di giusto ci sia ben poco.

Testo di Valerio Poli.
Foto di Sauro Subbiani.