Se per il popolo bergamasco la stagione 2017-2018 sarà ricordata tra le più impegnative degli ultimi anni, considerato il felice ritorno sul palcoscenico europeo e la possibilità di tornare a viaggiare senza obbligo di tessera del tifoso, quella 2018-2019 parte con la quinta marcia ingranata.

Chiuso il campionato scorso con una trasferta (Cagliari) tra le più scomode e costose del panorama nazionale, c’è poco più di un mese di tempo per tirare il fiato e poi è già l’ora di “tiras inséma”, come si dice da queste parti. Gli impegni in calendario, a causa della riammissione del Milan in Europa League per mano del TAS svizzero, sono infatti di quelli da fare tremare i polsi ed il portafoglio, e soprattutto da fare saltare (o quasi) le vacanze.

Così nel giro di quaranta giorni si sono susseguiti nell’ordine: sei giorni di Festa della Dea (tornata dopo due anni a fare incontrare, divertire e… dissetare Bergamo & provincia, con tutto quello che comporta l’organizzazione “prima, durante e dopo” di un evento del genere), due partite dei preliminari di Europa League tra le mura amiche (cioè a circa 200 km da casa), una trasferta a Sarajevo (in pullman) ed una trasferta a Tel Aviv (in aereo), senza dimenticare poi l’esordio di campionato contro il Frosinone (di lunedì sera, per non farsi mancare nulla), la presentazione della squadra, le prime amichevoli, le nuove battaglie sul fronte del “codice etico” e, infine, la partecipazione alle esequie di Titta Rota, giocatore ed allenatore simbolo dell’Atalanta che fu.

“Siamo tutti con Claudio”

Al netto di prevedibili discussioni con mamme, mogli e fidanzate per avere dedicato un’estate intera al “folle amore nostro”, gli “scècc” (ragazzi) tornano al Mapei Stadium anche in questo giovedì 23 agosto per la partita con il Copenaghen. E con loro, mi piace evidenziarlo, tante, tantissime “scète” (ragazze) che vivono la Nord con passione ed impegno, ricoprendo ruoli forse meno visibili ma non per questo meno importanti. Provate a dire loro che non si possono mettere nei primi dieci gradini: se siete fortunati vi prendete un sonoro “…ma inculet!” ma potrebbe andare molto peggio…

Sull’argomento, se mi è consentita una parentesi per esprimere un pensiero del tutto personale, credo che l’ormai famoso volantino distribuito nella curva laziale abbia affrontato una questione in parte giusta ma con un approccio sbagliato. Affermare che la curva è un luogo sacro, con regole, codici eccetera eccetera è senz’altro opportuno nel mondo (ultras) odierno, dove l’apparire virtuale/digitale (ad esempio l’uso e l’abuso di selfie, social, chat, ecc.) imperversa, ma pensare che il rispetto o meno di quei gradoni e dei valori di cui sono pregni possa dipendere esclusivamente dall’essere donna o uomo mi pare francamente una sciocchezza, e lo dico con tutto il rispetto e con la simpatia che ho per gli Irriducibili, soprattutto per quelli dei primi anni di vita. Più che una valutazione legata ad un fattore di genere, e quindi in sé un po’ stereotipata e superficiale, penso che, sempre, vada valutata la persona, e dunque stando al tema la sua mentalità, l’abnegazione e l’attaccamento ad una squadra, ad una maglia, ad una curva, ad un gruppo. Conosco donne che vanno in curva da quarant’anni, che hanno macinato kilometri e si sono “sporcate le mani” quanto e più di tanti maschietti, per i quali magari il vivere ultras si è rivelato poco più che una moda passeggera. Di più: conosco ragazze e donne che non solo si sono guadagnate il loro posto nei direttivi dei gruppi e sulle balaustre delle curve, ma che potrebbero tranquillamente stare nelle prime dieci file di un corteo, oppure (perché anche questa è mentalità) che sono in grado di capire qual è il momento in cui non devono più stare lì. Volendola liquidare con due slogan, quindi, meglio delle donne “con le palle” che degli uomini muscolosi, perfetti nei loro vestiti rigorosamente trendy e griffati ma che poi “sotto il vestito niente”. Detto questo, la montatura mediatica a cui abbiamo assistito è stata esagerata ed a tratti infame e, come spesso accade in questi casi, strumentalizzata per gettare fango su tutti e su tutto ciò che ha a che fare con l’universo delle curve.

Il contingente danese

Torniamo a noi: se il colpo d’occhio che regala la Tribuna Sud è di tutto rispetto una parte di merito va anche riconosciuto alla società di Percassi, che nuovamente ha messo in prevendita i biglietti al prezzo ultrapopolare di 10 euro. Una scelta, quella di premiare la passione pur a discapito dell’incasso, a mio avviso molto apprezzabile e tutt’altro che diffusa.

Al cospetto dello striscione “SIAMO TUTTI CON CLAUDIO”, che almeno oggi non pare avere avuto divieti od ostacoli, i neroazzurri partono a testa bassa e provano subito a sfondare: l’intensificarsi della manovra orobica è accompagnato dal coro “Vinci per noi magica Atalanta” che conquista progressivamente decibel su decibel e a tratti contagia la tribuna coperta.

Sugli scudi il Papu Gomez, ma anche Pasalic sembra in partita, mentre pare faticare ancora Barrow nel confronto con avversari che hanno un fisico e un’esperienza diversi da quelli che lo contrastavano, fino a pochi mesi fa, nel campionato Primavera. Si gioca ad una porta sola ma, un po’ per i meriti del portiere Joronen ed un po’ per l’imprecisione dei bergamaschi, il risultato non si schioda. Né ci si può lamentare del goal annullato alla mezz’ora, perché quando lo stesso Barrow devia in rete il tiro del capitano, ha mezzo corpo oltre la maginot danese.

Si alza un “Copenaghen vaffan…” che ha il sapore di uno sfogo rituale e che, a giudicare dai gesti di risposta, il manipolo di ospiti è riuscito a tradurre. Non sono esperto del tifo di quelle fredde lande, per cui non so dire se il numero di presenti sia da considerare deludente o meno. Mi attengo ai fatti: cori sporadici, qualche battimani e delle belle bandiere che ogni tanto sventolano. Il minimo sindacale, insomma, è stato garantito.

“Menti Perdute” Ternana

Le schiene sudate dei lanciacori luccicano sotto le luci dei riflettori, nemmeno i minuti di time-out accordati dall’arbitro fermano l’incitamento vocale e, anzi, si alza un vibrante “Noi vogliamo questa vittoria!”.

I minuti passano e si registra qualche timido tentativo dei danesi di uscire dall’assedio, anche perché l’undici di Gasperini deve per forza tirare un po’ il fiato. Il tabellino non cambia ed il “Forza ragazzi” che accompagna il ritorno negli spogliatoi è quasi scontato.

Si riparte con la sostituzione di Zapata per Pasalic, mentre a bordocampo si riscalda anche Cornelius tra l’incitamento della curva. La mossa del mister infonde nuova linfa all’attacco orobico ma il copione sostanzialmente non cambia: i danesi sono chiusi nella loro metà campo, le opportunità da rete si moltiplicano ma il goal non arriva.

Nemmeno l’artiglieria pesante, che vocalmente parlando è il “Forza Atalanta Vinci Per Noi” urlato a ripetere, riesce ad essere decisivo, così come nemmeno l’ingresso in campo all’80° di Cornelius (applaudito anche dai connazionali presenti sulle tribune) al posto dello stremato Barrow cambierà il risultato. L’assedio continua fino al triplice fischio ma la porta danese si conferma stregata e resta inviolata… e tutto sommato bene così, perché se fosse scattata la regola del “goal sbagliato goal subito” sarebbe stata un’autentica beffa.

Finisce dunque con uno zero a zero che fa recriminare i bergamaschi per la mole di gioco e di occasioni prodotte ma che lascia aperta la strada della qualificazione alla fase a gironi. Le due formazioni, ovviamente con animo diverso, salutano i rispettivi tifosi a fine gara.

I danesi intonano un coro sulla melodia de “L’estate sta finendo”: ai neroazzurri interessa poco l’arrivo dell’autunno, l’importante è che non finisca l’avventura europea…

Lele Viganò