Tanta roba tre settimane consecutive allo stadio, soprattutto se ti capita di vedere del bel calcio ed un contorno di pubblico altrettanto di livello.
Complice il turno infrasettimanale in quel di Crotone ed il doppio impegno casalingo in calendario, infatti, dopo Inter e Toro, questa domenica è il turno del Genoa Football & Cricket Club di fare visita all’Atalanta Bergamasca Calcio.
I Grifoni sono protagonisti, se così si può dire, di un campionato piuttosto anonimo ed arrivano al Brumana in una posizione di classifica che non contribuisce certamente a scaldare i cuori: troppo distanti da qualsivoglia ambizione europea e, parimenti, lontani dalla bagarre di fondo classifica. Nemmeno sul particolarissimo fronte cittadino le cose sono andate meglio: i cugini blucerchiati li sopravanzano di dieci punti e si sono aggiudicati il derby di andata, impattando poi a reti bianche quello di ritorno.
Non ti fai quindi molte illusioni sul seguito rossoblù, ed invece resti piacevolmente sorpreso. Dopo un primo arrivo di tre pullman tranquilli, a circa un’ora dal fischio d’inizio si aggiungono due bus arancioni a porte aperte che si fiondano nel parcheggio. Ne scende un bel gruppone carico, che saluta gli avversari con vari cori offensivi e regala un assaggio di quella che sarà una buona performance di tifo.
In mancanza di soddisfazioni sportive, infatti, i Genoani attingono all’amor proprio ed all’attaccamento ai colori per non sfigurare al cospetto di avversari di lunga data che, al contrario, sono sulla cresta dell’onda. Se è vero che l’epopea della mitica “Fossa dei Grifoni” si è chiusa da ormai 25 anni, resta vivissimo il ricordo di una Gradinata Nord che – parere di chi scrive – in principio degli anni novanta ha vissuto alcune stagioni su livelli con pochi rivali, sotto tutti i punti di vista: seguito in trasferta, coreografie e, non ultimo, nel “se ghe da dase, se demmu…” per dirla nell’idioma tanto caro a Faber. Poco importa se nel tempo sono cambiati tanti nomi (“Vecchi Orsi”, “Ottavio Barbieri”, “Via Armenia 5R”): tra alti e bassi i rossoblù hanno confermato che la loro stoffa resta di prim’ordine, ovviamente tenuto conto di un contesto che, per nessuna tifoseria ultras, è quello “libertino” di un tempo. Ed oggi non faranno eccezione.
In bella mostra in transenna lo striscione “I Caruggi” e le pezze “Via Armenia 5R” e “Brigata Speloncia”, ma sono soprattutto le grandi bandiere a regalare quel qualcosa in più. Inevitabile per chi ha qualche capello grigio un flash-back su quei fermo-immagine che stavano alle spalle di Giorgio Bubba nei collegamenti di “Novantesimo Minuto”: il vecchio Marassi, con le due gradinate immense e ripide, affollate da non farci entrare nemmeno uno spillo e colorate da una moltitudine di bandieroni di varia dimensione. Tornando all’oggi, sono poco meno di una decina i grandi vessilli genoani che sventolano con rare interruzioni nel settore ospite ed il fascino è quello di sempre.
Per i sostenitori orobici il pensiero fisso è rivolto all’Europa League ed è proprio un “Portaci, portaci, portaci in Europa” che carica i giocatori impegnati nel riscaldamento . La possibilità di tornare a calcare i campi continentali è quantomai concreta dopo i risultati delle ultime giornate, ma nulla è ancora deciso e serve ancora il massimo impegno.
Curva Nord e Curva Morosini fanno la loro parte ed offrono un bello spettacolo all’ingresso in campo delle formazioni. Campeggia in alto alla storica curva bergamasca lo striscione “Ultras” degli amici di Francoforte e coltivo la sensazione del tutto personale che anche nei due aste che compongono la scritta “Bergamo Ultras” ci possa essere uno zampino dei teutonici. Quanto meno a livello di influenza foss’anche inconscia.
Gli uomini di Gasperini partono con la quinta marcia ingranata ma la prima vera occasione del match è di marca ospite: bravo Berisha a respingere un insidioso tiro dalla lunga distanza ma resterà, per almeno 70 minuti, una parentesi nel monologo neroazzurro. Dopo una buona opportunità sprecata da Freuler su servizio di Barrow, è infatti lo stesso n° 99 a sbloccare il risultato: al 16° l’attaccante orobico supera in velocità Rossettini, si impadronisce del pallone e da posizione defilata spara sotto le gambe di Perin.
L’esultanza è ravvivata da un bel fumogeno giallo e si conclude con un “Chi non salta è genoano” che coinvolge buona parte dello stadio. Lo svantaggio non scalfisce il sostegno degli ospiti, bello da sentire e da vedere, con frequenti manate ad aggiungersi ai bandieroni.
È già tempo del “Forza Atalanta Vinci per Noi” da parte della Nord, rintuzzato da un “bastardi-bastardi” di sponda rossoblù. La verve dei Grifoni si scontra però con il raddoppio della Dea: Cristante in pressing ruba un pallone sulla trequarti di campo, triangola con Gomez e tocca quel tanto che basta per infilare alla sinistra del portiere avversario. È solo il 23° e per gli uomini di Ballardini è notte fonda, mentre chi alza al cielo un “Genoa-Genoa” fa capire che l’ora della resa è lontana, almeno per loro…
Superfluo dire che il doppio vantaggio scatena il Despacito orobico: sarà forse a causa del vento che spira alle spalle della Nord, ma il coro arriva alla mia postazione più potente del solito e con quella vaga “arroganza” che può permettersi chi è pienamente consapevole della propria forza. Del resto la Dea non smette di macinare gioco ed appena perde palla aggredisce gli avversari senza pietà: godersi il presente è un dovere, ma a questo punto ci sarà anche chi torna con il pensiero a quel maledetto rimpallo sul ginocchio di Berisha che ha causato l’eliminazione contro il Dortmund.
I Genoani alternano cori di incitamento a cori offensivi, senza dimenticare un pensiero per i diffidati. Prima del finire di tempo l’illusione, durata lo spazio di un VAR, per il pareggio del Bologna contro il Milan, rivale per il posto in Europa League e prossimo avversario qui al Comunale
Al ritorno in campo dei giocatori la Nord dedica il primo coro a mister Gasperini, sul cui futuro regna l’incertezza. Il Genoa deve avere subito una bella strigliata negli spogliatoi e rivela uno spirito più battagliero, complice anche l’ingresso in campo di Pandev prima e di Giuseppe Rossi poi, a dare manforte a Lapadula in attacco.
Il coro dedicato a De Roon sulle note di “Ufo Robot” spezza un po’ la monotonia e tributa il giusto riconoscimento all’Olandese, al quale anche i Forever Atalanta dedicheranno uno striscione a fine partita.
Dopo avere speso molto nel primo tempo l’undici orobico si limita a gestire la partita, mentre la Nord si cimenta nelle prove generali di una lunga ed elaborata canzone: in attesa di carpirne tutto il testo, mi sembra che il ritornello finale esploda in un “… senza permessi e senza tessere…” che ribadisce due perni fondamentali del pensiero della Bergamo Ultras.
Il “Forza Genoa – Forza Grifone” a ripetere che si alza dal settore ospiti accompagna il progressivo irrobustirsi dell’iniziativa rossoblù in campo: ne sortisce qualche buona occasione dalle parti di Berisha e si sprecano i corner da segnare sul taccuino.
I sostenitori genoani trovano nuove energie e le dedicano soprattutto a provocare gli avversari, invitandoli ad un “terzo tempo” non esattamente amichevole. La Nord non replica più di tanto ed alza cori per i diffidati ed un “Francoforte e Atalanta olè” che precede di poco il più prosaico “Borussia-Borussia vaffan***o”.
Ci pensa Ilicic , entrato al 60° al posto di un esausto Barrow , a creare scompiglio nella difesa avversaria: dopo un paio di tentativi per sondarne la solidità, al 74° si infila in area e lascia partire un sinistro a giro che gonfia la rete per la terza volta.
È la marcatura che mette in sicurezza il risultato, così succede che la partita vada un po’ in secondo piano rispetto alla voglia di “far confusione” sugli spalti, anche se cinque minuti dopo il Genoa accorcia le distanze. Bisogna fare uno sforzo di memoria per ricordarsi un “tutti avanti, tutti indietro, tutti a destra, tutti a sinistra” come quello che prepara e mette in scena la curva nord: migliaia di persone scendono e risalgono correndo i gradoni creando un effetto impressionante che non si riesce spiegare a parole. Poco prima erano stati gli stessi Forever a cimentarsi nello stesso coro, vero must degli anni Novanta, qui come altrove.
I rossoblù si spingono intanto in ritmi sudamericani e vedere ora un discreto Genoa lascia un po’ di rammarico per un primo tempo completamente regalato all’Atalanta.
Ad una manciata di minuti dal novantesimo Palomino prende il posto di Cristante, dai molti dato in partenza verso la sponda biancoazzurra della Capitale; e proprio all’indirizzo della Lazio si alza qualche “dedica” in vista del prossimo turno all’Olimpico, auspicabilmente senza restrizioni o divieti di trasferta.
C’è ancora tempo per un rigore prima concesso agli ospiti e poi revocato all’esito della VAR e poi si arriva al triplice fischio: la squadra bergamasca festeggia sotto la Nord mentre i rossoblù non vanno molto oltre la linea centrale per salutare i propri sostenitori.
Francamente avrebbero meritato di più per come hanno tenuto alti i propri colori nonostante la debacle in campo.
Lele Viganò.
- La Dea della cinghia
- Particolare della coreografia dei “Forever”
- Panoramica sui rossoblù