Sessantatré. Sono gli anni che separano l’Atalanta Bergamasca Calcio dall’ultima (e unica) Coppa Italia conquistata nella sua storia. Trentuno. Sono gli anni trascorsi dalla storica semifinale di Coppa Coppe contro il Malines. Ventitré. Sono gli anni passati dall’ultima finale di Coppa Italia persa contro la Fiorentina.

Se l’ascesa calcistica degli orobici negli ultimi anni è uno dei pochi fattori tecnici da salvare nel nostro sconquassato pallone, la dose di adrenalina offerta a una tifoseria già di suo passionale e rumorosa non è certo questione da sottovalutare. Lo testimoniano gli oltre ventimila tagliandi venduti per questa partita e l’attesa spasmodica che nelle settimane precedenti pervade tutto l’ambiente atalantino.

Avendo Trenitalia negato loro la possibilità di raggiungere Roma con un treno speciale, il contingente nerazzurro si è spostato con diverse opzioni. La curva ha comunque viaggiato in treno, optando per il cambio a Pisa. Mentre in tanti hanno scelto macchine e pullman. La gestione del tutto avrà più di qualche scia polemica, con i ragazzi arrivati su rotaia che saranno costretti a passare la notte dopo la partita buttati nella periferica stazione Aurelia. Come da miglior tradizione italiana.

Quella con i biancocelesti è inoltre una sfida che trasuda rivalità. Una delle inimicizie più vecchie e acerrime dello Stivale, rinfocolata negli anni da episodi turbolenti tra le opposte fazioni nonché da messaggi e invettive lanciate spesso a distanza, per mezzo di striscioni e comunicati.

Prima del match si registrano incidenti in zona Ponte Milvio, dove i laziali si affrontano per diversi minuti con la polizia. Ne faranno le spese alcuni ragazzi arrestati e una volante della Municipale data alle fiamme.

Dovendo entrare in Tribuna Montemario percorro il “corridoio” adibito ai supporter lombardi. La marea nerazzurra che si muove alla volta degli ingressi è notevole e di tanto in tanto viene spezzata dai colori rossoverdi dei gemellati ternani, presenti in gran numero quest’oggi anche grazie alla risicata distanza tra la Capitale e la città umbra.

Pur non registrando sold out, l’Olimpico presenta un gran bel colpo d’occhio, con la Tevere e la Nord imbandierate di biancoceleste, che spingono a gran voce la squadra di Inzaghi al rientro negli spogliatoi dopo il riscaldamento.

La conquista di questa competizione salverebbe la stagione di una Lazio che nelle ultime giornate sembra aver mollato gli ormeggi, allontanandosi inesorabilmente dalla zona Champions League. Situazione diametralmente opposta per gli orobici, che comunque vada potranno ricordare questa annata a lungo. Sia per la finale conquistata che per un campionato strepitoso che li vede come primi accreditati – dopo Juventus e Napoli – per la qualificazione alla massima competizione europea.

Per quanto riguarda il tifo, va detto sin da subito che non è giudicabile la prova dei laziali. Gli arresti subiti fuori sono stati molto probabilmente la causa di una sorta di sciopero del tifo che si è protratto per tutti i 90′. In balaustra rimane appeso (rovesciato) solo lo striscione degli Irriducibili, mentre i cori partiranno di tanto in tanto in forma totalmente spontanea.

Diverso il discorso su fronte atalantino. Non è facile, per una tifoseria abituata a viaggiare in numeri che ruotano attorno alle centinaia, gestire uno spazio così grande e dispersivo come la curva dell’Olimpico. Eppure i lanciacori, aiutati dalla sincronia dei tamburi, svolgeranno questo compito egregiamente, permettendo alla Pisani formato trasferta di mettersi in mostra con una prestazione davvero maiuscola. Degna dello storico evento.

E questo non è per nulla scontato, considerato come ormai in Italia la parola “quantità” non faccia quasi mai rima con “qualità”. Un po’ come successo con i doriani qualche anno fa, alla fine le tifoserie con più storia, aggregazione e tradizione in fatto di tifo, riescono sempre a barcamenarsi anche quando i numeri si ampliano in maniera esponenziale.

L’unico appunto che potrei fare loro, proprio volendo cercare il pelo nell’uovo, è lo sventolio troppo rado dei bandieroni. Anche se tuttavia, le migliaia di bandierine utilizzate per la coreografia, vengono agitate di tanto in tanto, producendo davvero un bell’effetto visivo. Merita poi menzione la bella sciarpata effettuata a risultato ormai in cassaforte per gli avversari. Un attestato di affetto e ringraziamento nei confronti di una rosa che ha saputo far sognare un’intera provincia.

Come accennato in campo è la Lazio ad avere la meglio, grazie ai gol realizzati nel finale da Milinkovic Savic e Correa. Un 1-2 che fa letteralmente esplodere l’Olimpico di fede biancoceleste, che a questo punto alza i decibel sentendo il profumo della vittoria. Anche da questo lato dello stadio bella e ben riuscita la sciarpata finale, storico marchio di fabbrica per i laziali.

Finisce con la Lazio a festeggiare la Coppa, alzata al cielo di Roma e poi portata in giro per l’Olimpico, dando il la alla festa. Applausi e ringraziamenti piovono anche dal settore atalantino.

Se lo spirito della Coppa Italia dev’essere cambiato e migliorato, c’è sicuramente più bisogno di finali inedite, di trasferte di massa e di una formula che non favorisca solo le grandi. Quest’anno è stato fatto un sensibile passo avanti.

Testo Simone Meloni.
Foto Lello Onina.