A quasi tre mesi di distanza dall’esordio contro l’Everton, l’Atalanta disputa l’ultima partita del girone eliminatorio di Europa League, ospitando a Reggio Emilia i francesi del Lione. Forse nemmeno il più ottimista dei sostenitori orobici avrebbe pensato che in questo giovedì 7 dicembre la Dea si sarebbe giocata la posizione di capolista proprio con i più quotati avversari d’oltralpe.

Gli uomini di Gasperini non solo hanno dato spesso dimostrazione di buon calcio, ma soprattutto giungono imbattuti alla sesta partita europea: insomma una cavalcata entusiasmante che, semmai ce ne fosse stato bisogno, ha caricato a molla un’intera città, anzi un intero popolo che si è distinto per il massiccio seguito, sia nelle partite “casalinghe” che in quelle in trasferta.

Anche oggi è atteso il pubblico delle grandi occasioni: con curva sud e distinti esauriti da tempo, i botteghini offrono solo biglietti della tribuna centrale, con prezzi oscillanti tra i 100 ed i 120 euro.

Combinando un impegno di lavoro lungo il tragitto della A1, questa volta raggiungo la Città del Tricolore in autonomia ed alle 16.00 sono già bello che parcheggiato. A quell’ora predomina il giallo delle pettorine degli stewards, presenti a centinaia nei dintorni dello stadio quasi a “tracciare” il percorso che dai parcheggi conduce all’impianto. L’afflusso dei supporters neroazzurri è ordinato e sempre più numeroso, per la gioia dei chioschi che offrono food & beverage oppure gadget commemorativi. Per la prima volta in tanti anni di stadio mi capita anche di vedere i famosi “abusivi” che cercano di piazzare Borghetti, birra e mignon di liquori: hanno un fare tutt’altro che sfrontato, ma anzi sono molto molto circospetti e timorosi. Gli “affari” non decollano e sui loro volti c’è un’espressione delusa ma soprattutto preoccupata, quella cioè di chi se non guadagna non mangia…

Quando manca un’ora al fischio d’inizio prendo possesso del posto assegnatomi. Il buio è calato ma fortunatamente lo stadio non è il frigorifero che temevo e, tutto considerato, il freddo è sopportabile. Saprò solo in tarda serata che prima del match il clima si è arroventato quando le due fazioni hanno avuto modo di scambiarsi i convenevoli…

Già all’entrata in campo dell’Atalanta gli spalti offrono un’anticipazione della coreografia con bandiere annunciata sui social media. I ragazzi della nord hanno assemblato 15.000 vessilli da distribuire agli ingressi, a fronte di un contributo volontario: bandiere vere, di stoffa bianca con disegnati la Coppa e lo stemma della squadra.

Se la curva sud è un’orgia di striscioni, due aste e bandiere di varie misure, decisamente disadorna quella riservata agli ospiti. Il grosso dei tifosi francesi entra a pochi minuti dal fischio iniziale e fa gruppo in basso al centro, appendendo alcuni drappi alla ringhiera. Avendoli visti molto attivi nella partita di andata, il loro numero è piuttosto deludente, anche se i presenti faranno il possibile per imbastire un tifo degno di questo nome.

L’impresa sarebbe comunque stata proibitiva anche se fossero stati il doppio od il triplo, perché il pubblico atalantino sin dagli esordi lascia intendere che ha una gran voglia di cantare e festeggiare, comunque vada stasera, il passaggio al turno successivo.

Quando i ventidue entrano in campo lo spettacolo è servito: quasi tutti i presenti hanno qualcosa da sventolare ed il colpo d’occhio è esaltante, tanto più che i cori che si alzano dalla curva trovano spesso il seguito dei distinti. Proprio nei distinti spicca la presenza dello striscione “Sbandati” (direttamente dagli 80’s) e “Cannes” (dove i WKA avevano una sezione).

La partita comincia con un’occasionissima degli ospiti, cui replica poco dopo Cristante. È un match giocato a viso aperto e, con un po’ di fortuna, i bergamaschi trovano il vantaggio dopo appena 10 minuti, con un goal di rapina di Petagna.

L’Atalanta è brava, per i restanti 80 minuti, ad amministrare il risultato, lasciando così pochi spazi ai rivali, apparsi comunque meno aggressivi del match disputato in Francia. L’incontro, grazie alla tattica dei neroazzurri, perde qualcosa in spettacolarità ed anche per questo l’attenzione viene spesso catturata dagli spalti. Il repertorio vocale offerto dagli ultras orobici contempla tutti i classici della tifoseria e preferisce i cori lunghi e ritmati a quelli secchi e veloci. Non può mancare il Despacito, che replica dopo replica, supera abbondantemente i cinque minuti di durata. Unica nota stonata della serata, la partecipazione a macchia di leopardo del pubblico sistemato ai lati della curva, che poi altro non è che una copia di quanto avviene nella stessa Pisani.

Se è vero che le bandierine della coreografia molti le sventolano anche durante il match, devo dire che è forse più impressionante osservare la curva quando ha qualche minuto di pausa. Poiché sono vecchia maniera e poco incline a decantare il calcio ed il tifo moderno, ad esempio gli onnicitati gialloneri del Dortmund, mi piace accostare quei corpi stretti stretti a certe terraces degli anni settanta ed ottanta, tipo il muro umano della Holte End dell’Aston Villa o la vecchia gradinata di Hillsborough.

Il tempo passa veloce e si arriva, scavallato l’intervallo, all’ultimo quarto d’ora. Se in campo l’ultimo assalto del Lione si infrange sul palo alla destra di Berisha, ormai l’attenzione dei 15.000 presenti è tutta rivolta ai festeggiamenti: sugli spalti si rialzano le bandierine e non mancano i fuochi d’artificio sparati da dietro la sud.

Il triplice fischio sancisce ufficialmente il primato dell’undici di Gasperini (osannato anche più dei singoli calciatori) ed il prato verde si trasforma nel palcoscenico usato dai protagonisti per raccogliere gli applausi e restituire l’affetto ricevuto come possono, correndo sotto la curva, sotto i distinti e di nuovo sotto la curva.

Ed ora il popolo orobico attende di conoscere quale squadra uscirà dal sorteggio, anche per sapere quanta dell’imminente tredicesima dovrà mettere da parte per la prossima trasferta….

Lele Viganò