Non ci sono condizioni meteo o contingenze calcistiche che tengano: a Bergamo per la ventisettesima volta consecutiva, con la ripresa del campionato, il nuovo anno è prioritariamente dedicato al ricordo di Celestino Colombi.

“10-01-1993: NOI NON DIMENTICHIAMO” è lo striscione che viene esposto in curva Nord (e, dallo scioglimento delle BNA, in curva Sud)  per tenere viva la memoria di quella morte assurda, avvenuta al termine di un Atalanta-Roma. A partita abbondantemente conclusa, il povero Colombi ebbe la sventura di capitare nel posto sbagliato al momento sbagliato: con i tifosi ospiti che avevano già lasciato il Brumana, le Forze dell’Ordine partirono con cariche indiscriminate e violente,  al cui cospetto il cuore del 41enne bergamasco non resse.

La “versione ufficiale” divulgata dalle Autorità fu, sin da subito, quella di sminuire o negare le responsabilità degli uomini in divisa, e di sottolineare che il Colombi “era tossicodipendente e quattro giorni prima era uscito dal carcere per tentato furto”, come a dire che, in ogni caso, era morto un cittadino di serie B.

Fu solo l’opera di controinformazione del mondo ultras bergamasco a fare emergere dubbi, contraddizioni, assurdità tra le veline della Questura e la realtà dei fatti. A ruota, una gran parte del mondo ultras italiano ne diede ampia risonanza:  la domenica successiva, al posto dei rispettivi vessilli, nelle curve fu esposto lo striscione “10-01-93: LA MORTE È UGUALE PER TUTTI” e diffusi volantini che spiegavano gli eventi. Un fatto a suo modo incredibile, non solo per la capacità organizzativa che gli ultras seppero mettere in campo (eravamo in un tempo in cui  il massimo della modernità in fatto di comunicazione erano i fax) ma soprattutto perché, in ragione di un comune denominatore, furono per l’occasione superate le ataviche inimicizie che contrapponevano le varie tifoserie.

È dunque così anche oggi, in occasione del match tra Atalanta e Parma, e non poteva essere altrimenti.

All’ombra delle mura di Città Alta, calcisticamente parlando, il 2020 ricomincia da dove si era concluso il 2019: dopo la rotonda cinquina rifilata al Milan, anche ai gialloblù toccherà oggi l’identico, pesante, passivo. A parte lo score, le analogie tra le due gare sono più d’una: dallo strapotere dell’undici di Gasperini all’incapacità di reagire degli avversari, fino alla buona prestazione della tifoseria ospite, nonostante il risultato rimediato.

Tra le due società, deo gratias, è stato raggiunto un accordo di reciprocità sul costo del biglietto per gli ospiti, fissato nell’occasione per il più che onesto prezzo di 16 euro. La speranza è che dall’eccezione, questa modalità possa diventare una regola.

Difficile dire quanto il fattore economico abbia influito nel determinare il numero dei crociati al seguito, fatto sta che il settore loro destinato regala un buon colpo d’occhio, impreziosito dalla presenza di svariate bandiere di medie e grandi dimensioni.

La coreografia ad inizio partita è dedicata ad un sostenitore parmense mancato sul finire dell’anno: “CIAO SIMON FACCI CANTARE ANCHE DA LASSÙ” è lo striscione che accompagna i cartoncini ed il bandierone “1977”. Il sostegno vocale parte bene e, al cospetto di un Parma mai in partita, resta tale per tutti i primi 45’; un calo piuttosto evidente lo si registra ad inizio secondo tempo, salvo poi risalire negli ultimi 20 minuti, senza risparmiarsi cori auto-ironici che profetizzavano il 6° goal. Qualche debole coro offensivo viene rivolto ai dirimpettai.

Ospiti delle due curve bergamasche gli amici della Ternana: lo striscione da trasferta della Curva Nord è esposto nella Pisani, mentre alcuni bandieroni rossoverdi sventolano in Morosini insieme a quelli dei Forever Atalanta.

Il predominio da parte degli orobici in fatto di decibel non è in discussione e c’è un grande entusiasmo per vedere i propri beniamini regalare bel gioco, anche con il risultato già in cassaforte, senza risparmio di energie.  L’Atalanta pare un jet che viaggia con il pilota automatico, ma in realtà la nota tecnica di maggior rilievo, forse,  sta nella impermeabilità della maginot neroazzurra, oggi in grado di neutralizzare quel Kulusevski che, proprio pochi giorni prima, la Juve si è accaparrata al mercato d’inverno pagandolo la bellezza di 35 milioni di euro oltre a 9 di bonus.

Terminato tutto il repertorio di osanna e incitamenti, non mancano sul finire di gara i cori dedicati ai nemici interisti, prossimi avversari in notturna in quel di San Siro.

Lele Viganò