Sono trascorsi esattamente dieci mesi dal primo match ufficiale della stagione 2018-2019 dell’Atalanta ed oggi si torna al Mapei Stadium per l’ultima gara casalinga di campionato, mentre al Comunale fervono i lavori di rifacimento della Nord.

Se lo scorso 26 luglio, per il secondo anno consecutivo, qui ricominciava  l’avventura europea, oggi può essere l’occasione per mettere il sigillo ad un’annata che definire storica è forse persino riduttivo.

certe emozioni… diventano bandiere

Nel giorno in cui l’intero Vecchio Continente è chiamato alle urne, per gli orobici è già tempo di un ballottaggio che ha davvero dell’incredibile: Europa League o Champions League?  Già, perché  gli uomini di Gasperini, grazie ad una seconda parte di campionato con la quinta marcia fissa, si sono portati vicino alla vetta, vantando un ruolino di marcia da primato: dall’ottavo posto in classifica occupato al giro di boa, di sorpasso in sorpasso sono così giunti a giocarsi la terza posizione negli ultimi 90° minuti di gioco. In parallelo, inoltre, si sono guadagnati la finale di Coppa Italia contro la Lazio, finendo sconfitti a causa di un micidiale uno-due biancoazzurro sul finale di partita.

Il KO subito all’Olimpico, segnato da qualche polemica postuma sull’arbitraggio, è stato però subito ben metabolizzato e relegato ad un normale incidente di percorso.  Nonostante l’infrangersi del sogno di alzare  il trofeo, infatti, la serata capitolina si era chiusa con la squadra allineata sotto la sud a raccogliere il saluto dei ventiduemila neroazzurri al seguito, capaci di trovare ancora la voce per scandire un “Bergamo-Bergamo, noi cantiamo tutti insieme Bergamo” che, quanto a decibel, non aveva nulla da invidiare ai cori di inizio partita. Pel de poia si dice da queste parti…

Sciarpata che apre la coreografia

Il segreto di questo successo, forse, sta in buona parte proprio nel rapporto simbiotico tra tifoseria, squadra e società: ognuno dedito a fare la propria parte, ognuno impegnato a dare il meglio di sé.   Un’alchimia che – a parere di chi scrive – deve molto ai ragazzi della Curva Nord e, in particolare,  al loro avere saputo e voluto sostenere l’ambiente “senza se e senza ma” agli esordi, tutt’altro che positivi, dell’era Gasperini.  Era il settembre 2016 quando, dopo cinque turni di campionato di cui tre disputati tra le mura amiche, l’Atalanta poteva contare su appena tre punti in classifica: i mugugni cominciavano a farsi sentire, allo stadio e sulla stampa locale, con il Mister primo imputato. Sono portato a pensare che in altre piazze o, anche a queste latitudini, in altri tempi, se l’Eco della protesta avesse contagiato anche la curva, quasi certamente avremmo assistito alla solita, facile scorciatoia dell’esonero dell’allenatore. Insomma, a volerla mettere in musica, se si è arrivati al sogno di poter sentire l’inno della Champions, è anche perché in quei giorni (calcisticamente) difficili è stato fatto proprio lo spirito di canzoni come “Una vita da mediano”  e “La leva calcistica del ‘68” e si è compreso che più importante dei risultati è sapere che ad indossare la tua maglia sono uomini che hanno voglia di “…giocare generosi” e di “…mettere il cuore dentro le scarpe”. Fortuna o lungimiranza che sia, quella linea si è rivelata vincente e sono stati due anni e mezzo da stropicciarsi gli occhi.

La sciarpata vista in panoramica

Decido di scendere in quel di Reggio Emilia con il pullman di un club poco distante da casa, io “baggiano” ma con una conoscenza del dialetto orobico sufficiente per essere a mio agio in mezzo a sconosciuti. È un crogiolo di generazioni: dal ragazzo che indossa la maglia “prima durante dopo” all’over 40 per cui non è trasferta se non c’è sballo, dal pensionato con moglie appresso a ragazze “da spalti e non da smalti”, fino ai papà con prole al seguito. E così penso che, probabilmente, siamo stati un po’ tutti come quel bimbo seduto poche file davanti a me, portato all’Atalanta perché promosso bene a scuola: è inebriato dal trovarsi in un ambiente tanto a lungo desiderato, gli occhi sono radar in perenne movimento, le orecchie delle antenne per non perdersi una sillaba di quei canti, più o meno proibiti, che arrivano dal fondo del pullman. Insomma, felicità allo stato puro.

Insieme scriviamo la storia

Tra una lotteria ed una sosta all’autogrill ci si avvicina alla meta: c’è goliardia, c’è entusiasmo, c’è fiducia, ma anche un fondo di paura che qualcosa, come all’Olimpico dieci giorni prima, possa andare storto. Ma sulla tensione prevale la voglia di sostenere al meglio la Dea nell’ultima battaglia: avanti, fuori la voce ed in alto le bandiere,  e comunque vada sarà un successo.

A proposito di cuori oltre l’ostacolo, dalla fanzine della Nord si ufficializza un’indiscrezione che già circolava da qualche giorno: quest’anno niente Festa della Dea, visto che la situazione del Bocia è rimasta quella che era. Più che una forma di protesta verso istituzioni di vario genere, la scelta appare come una sorta di resa dei conti interna alla tifoseria vista nel suo insieme. Il ragionamento è matematico e non fa una grinza: quelle decine di migliaia di aficionados che si accalcano a Orio al Serio nelle sere d’estate dove sono state nei mesi scorsi, quando la Curva ha organizzato iniziative di solidarietà e di protesta per Claudio, che da sempre è il trascinatore della Festa? La risposta è ovvia: non si sono viste se non in minima parte. A questo punto, si interrogano i ragazzi della curva, perché sbattersi per settimane intere? O meglio, per chi?

Settore ospiti

Lo stadio si riempie in modo ordinato, con la curva ospite riservata ai tifosi neroverdi che la riempiono, per così dire, a macchia di leopardo.

I bergamaschi attaccano a cantare sin dal momento in cui la squadra entra in campo per il riscaldamento e, tolti i quindici minuti di intervallo, i cori si ripetono ad oltranza, frequentemente partecipati anche dal pubblico che siede nelle due tribune.

Non manca il contributo coreografico ad inizio partita, quando mentre i 3/4  del Mapei alza le sciarpe, al centro della gradinata si apre un grande bandierone raffigurante i giocatori e, sullo sfondo, la Curva nord immortalata nella semifinale di coppa Italia contro la Fiorentina. Poco sotto lo striscione “ABBIAMO SOFFERTO, CI SIAMO RIALZATI ED ORA AD UN PASSO DALLA GLORIA… INSIEME SCRIVIAMO LA STORIA”.

Con le mani alzate al ciel…

A differenza di altre partite, dove forse la tensione per la posta in palio ha  un po’ frenato l’incitamento vocale, questa sera la performance rasenta la perfezione, nonostante una partita tutt’altro che facile e che, ad un certo punto, vede il Sassuolo portarsi in vantaggio al termine di una splendida azione di rimessa.

Dagli  altri stadi arrivano notizie negative: l’Inter pareggia in casa contro l’Empoli, il Milan vince in trasferta a Ferrara. La paura che tutto possa sfumare sul più bello dura un quarto d’ora, poi ci pensa Zapata a siglare la rete del pari ad una manciata di minuti dall’intervallo. Non manca una rissa finale prima che le due squadre si infilino negli spogliatoi, a pagare il prezzo più  altro è Berardi, che si becca il rosso.

Prima, durante, dopo

La ripresa vede un’Atalanta più determinata e concreta che, aiutata dalla superiorità numerica, dopo venti minuti completa il lavoro, andando in goal con Gomez e Pasalic. Il tempo che divide dal termine del match serve più  che altro a preparare l’ambiente alla grande festa finale che celebra il terzo posto in classifica e la qualificazione in Champions.

Giocatori, mister, Presidente tutti a saltare e cantare insieme ad un popolo che non ci sta più dentro, e chissenefrega se ha cominciato a piovere e se domani si lavora. Ognuno vive il successo a modo proprio: Percassi si commuove, Gasperini è raggiante, ma poi entrambi condivideranno l’ebbrezza di essere lanciati in aria dai calciatori, piaccia o non piaccia.

Il ritorno al pullman è salutato dai fuochi d’artificio e, prima che si accendano i motori, dalle file in fondo si chiarisce subito come sarà il viaggio di ritorno: “in trasferta non si dorme, in trasferta non si dorme”… manterranno la promessa fino a destinazione…

Lele Viganò