I tre punti in palio nell’odierna partita al Comunale di Bergamo profumano di Europa League: i granata potrebbero risalire la classifica ed entrare in extremis nella bagarre per disputare i preliminari estivi, i neroazzurri hanno l’occasione fare un balzo in avanti forse decisivo, viste la Waterloo casalinga del Milan e la seconda sconfitta consecutiva della Fiorentina nel giorno precedente.

Situazione fuori dallo stadio tranquilla ma monitorata con attenzione dalle FdO, memori forse anche del fatto che i sostenitori del Toro più volte in passato hanno affrontato la trasferta orobica con un certo spirito di iniziativa. Me li ricordo bene quando sul finire della stagione 98-99, con le due compagini retrocesse in cadetteria, scesero dai bus navetta e con disinvolta calma provarono a passeggiare in direzione “ostinata e contraria” dei cancelli d’ingresso: la reazione dei caschi blu ritardò di pochi istanti, decisivi però per consentire che partisse una carica dei granata verso l’estremo opposto del piazzale dietro la sud, ai tempi non recintato e landa sconfinata per le scorrerie dei “ribelli degli stadi”. Lo scontro con l’ultimo cordone degli uomini in divisa durò pochi minuti ma fu di rara intensità: una manciata di UG riuscì persino a scavallare il muro delle FdO ma a quel punto una controcarica dei Carabinieri ricacciò pesantemente indietro gli intraprendenti granata. Ristabilito il controllo della situazione, sull’asfalto restò un tappeto di cocci di bottiglia, aste di bandiera, torce fumanti e qualche lanciarazzi scarica, indizio chiaro quest’ultimo che il “fuori programma” non era frutto di improvvisazione, anzi. Per completezza di cronaca va detto che quel giorno la controparte neroazzurra era ridotta ai minimi termini, falcidiata da una raffica di diffide dopo un derby con il Brescia del mese precedente; dunque quasi nessuno potè raccogliere il guanto di sfida degli acerrimi ma stimati nemici.

Nulla di tutto ciò quest’oggi, se non lo stesso sole e lo stesso caldo di quella domenica 25 aprile 1999.

Il fischio d’inizio è previsto per le ore 15 ma il grosso dei granata arriva alla meta già poco dopo le 13. Trasferta affrontata in pullman, per un totale di quattro “lamieroni” che entrano e si allineano ordinatamente nel parcheggio ospite. Sventola qualche bandierina UG, abbracci e pacche sulle spalle si sprecano tra i seguaci del Toro; poca tensione, giusto un paio di cori verso i Berghem e poco più.

All’interno dello stadio, posizionati gli striscioni, i granata fanno gruppo e si vedono più o meno i numeri di sempre. Non ho memoria di loro presenze particolarmente massicce su questi gradoni, certo è che il vecchio settore ospite, più stretto, costringeva a compattarsi meglio ed i vuoti si notavano meno. Il vessillo degli “ULTRAS”, con teschio rigorosamente sagomato, domina al centro della balconata, sulla sinistra ci sono quelli dei C.A.S.T. e dei Bogianen. Per il resto varie pezze con la zona di provenienza ed una grande union jack con la scritta “Pompey 657” appesa in alto, che fa sorgere la curiosità di qualche aggancio con la crew di Portsmouth.

Ottimo il colpo d’occhio della Nord, dove, per via dei tanti tifosi a petto nudo, i colori sociali si mescolano con un rosa pallido in cerca di abbronzatura. L’ingresso delle squadre è salutato dal bandierone, un’icona intramontabile e che proprio nei giorni di bel sole offre il meglio di sé, regalando colori brillantissimi. Altrettanto bello a vedersi il copricurva dei Forever Atalanta.

Pronti via e si aprono le ostilità. Gasperini propone nuovamente titolare il giovane Barrow in attacco, preferito ai più navigati Petagna e Cornelius. Dalla curva orobica si alza un potente “Noi vogliamo questa vittoria”, giusto per rimarcare che i tre punti oggi hanno un peso specifico importante e scongiurare “giri a vuoto” come contro la Samp, corsara a Bergamo nel recupero di campionato.

L’impostazione in campo degli uomini di Mazzarri è attendista ma non del tutto rinunciataria, ed infatti i primi dieci minuti sono di sostanziale equilibrio. L’Atalanta stenta a salire in cattedra e l’estremo avversario Sirigu non ha particolari preoccupazioni.

Vivace anche il confronto sugli spalti, dove i granata offrono un repertorio vocale dominato dai grandi classici ma rinnovato da qualche hit più recente. “Torino è la nostra passione, granata il nostro colore, noi siamo gli Ultras del Toro e non ci rompete i c******i” è forse uno dei cori più rappresentativi, capace in poche strofe di fare emergere il grande attaccamento alla maglia ed il carattere esuberante della tifoseria. Sul fronte opposto, livelli di decibel mai al di sotto del giusto e tante manate e treni.

Verso il 20° comincia il forcing dei padroni di casa e le conclusioni a rete si ripetono con Freuler e Barrow, quest’ultimo molto generoso a spaziare tra il dischetto e la trequarti di campo ma poi, forse proprio per questo, non lucidissimo nei momenti topici.

Il Toro prova a non farsi mettere nell’angolo ed il “Forza ragazzi” della Maratona formato trasferta si ripete nel giro di pochi minuti; stesso coro, ma con obiettivi più ambiziosi, da parte della Nord, che incita all’assalto di fine tempo visto anche che la Sampdoria, diretta concorrente per un posto in Europa, è sotto di due goal all’Olimpico. Eppure, mentre il match sembra avviarsi a reti inviolate al duplice fischio, Berisha si prende qualche rischio di troppo sul pressing di Ljajic: calcia un rinvio che rimpalla sul corpo dell’avversario ed un brivido percorre la schiena degli aficionados bergamaschi, ma per loro fortuna la palla si spegne a lato.

La ripresa registra l’avvicendamento di Hateboer per Castagne e la mossa di mister Gasperini si rivelerà decisiva, al pari della scelta di insistere su Barrow. È infatti il 53° quando il colored classe ’99, dopo avere difeso caparbiamente un pallone sul vertice sinistro dell’area di rigore, triangola nello stretto con un compagno e poi mette al centro un cross morbido e preciso che per Freuler è un invito che non si può sbagliare. L’incornata è perfetta e Sirigu non può opporsi. Poco prima del vantaggio, un coro dedicato a Emiliano Mondonico riscaldava i cuori di tutto lo stadio.

Nemmeno il tempo di godersi il vantaggio che sul Comunale arriva la doccia fredda del pareggio ospite. L’azione dei granata, ai quali va il merito di essersi prontamente rialzati, si sviluppa, nemmeno a dirlo, proprio su quella fascia destra che, già in altre partite, aveva svelato una certa vulnerabilità della difesa della Dea. Lo scambio tra Edera e Ljajic porta quest’ultimo in zona tiro: diagonale preciso e questa volta tocca a Berisha raccogliere il pallone in fondo al sacco. Tra il settore ospite e la curva Morosini qualche sfottò di rito sotto l’occhio vigile degli steward in pettorina gialla.

La partita sale di livello, animata da un lato dalla voglia, per non dire dalla rabbia, di vittoria dei nerazzurri e dall’altra dall’orgoglio granata. Ai sostenitori del Toro piace vestire il ruolo di guastafeste e, acciuffato il pari, prima di riprendere nel sostegno ai propri beniamini si concedono il gusto di dedicare svariati cori offensivi agli avversari.

A pochi minuti dal 65° la Nord si lancia nel “Forza Atalanta vinci per noi” a ripetere, durante il quale i dirimpettai approfittano degli istanti di silenzio per fare inevitabile azione di disturbo. Ma a boicottare definitivamente il coro arriva la rete del raddoppio orobico, messa a segno da Gosens al termine di una bella azione manovrata che vede prima Gomez nel ruolo di portatore di palla e poi il neo entrato, appunto, Castagne in quello di rifinitore.

Cominciano venticinque e più minuti di delirio: il Comunale si trasforma in una Bombonera quando si alza il Despacito che, proposto da Nord che non sta più nella pelle, in tempo zero contagia prima la tribuna e poi i Forever. Nella bolgia bergamasca il contingente granata fa quello che può e lo fa anche bene, ma il divario numerico, a questo punto, rende la contesa quasi improponibile.

L’Atalanta è sugli scudi e va vicina alla terza rete con Castagne, occasione arrivata appena dopo il tributo che il popolo orobico dedica a Gasperini, considerato il principale artefice di questa miracolosa squadra.

Sono momenti di bel calcio da parte dei padroni di casa, mentre il Toro può solo cercare di arginare l’impeto degli avversari, nella speranza di non subire la rete del KO e provare poi a giocarsi il tutto per tutto nel finale. Il Papu Gomez guadagna la scena non solo per le sue giocate di talento, ma anche per come mette a frutto l’esperienza: detta i tempi giusti sia per accelerare e sia per mantenere il pallone con ostinazione, facendo così rifiatare i compagni.

Dopo un quarto d’ora esagerato la Nord rallenta quel tanto che basta a fare riemergere i sostenitori avversari, che propongono il loro classico “La gente vuole sapere” a suggello di una prestazione molto positiva e che li posiziona, a mio modesto avviso, tra le migliori tifoserie viste quest’anno a Bergamo.

La sostituzione con cui, al 40°, l’allenatore atalantino regala a Barrow una meritata standing ovation apre le danze per i festeggiamenti finali: la Dea ha infatti superato il Milan (ospite proprio qui nella penultima di campionato) e raggiunge l’agognato 6° posto.

Lele Viganò