“Mi sa che lei vive in un altro mondo!”
“Sì, fortunatamente vivo in un’altro mondo. Quello reale!”.
È lo scambio di battute tra me e un agente di polizia, che con fare minaccioso mi impedisce di continuare su Via Marittima, verso la stazione ferroviaria. Mi dicono che è pericoloso, perché da lì a poco usciranno i veronesi e io sarò il primo ad esser colpito dalla loro furia aggressiva. Non andassi di fretta e non avessi impegni a Roma, mi verrebbe anche da ridere. Ma siccome la situazione è figlia di questo panico generale e dell’isteria collettiva generata attorno agli eventi sportivi, fatico davvero tantissimo a trattenere il nervosismo e ad interagire con calma. Non si può trattare o discutere con chi non ragiona ed è invaso mentalmente dalle balle che quotidianamente gli propinano.
Non basta la militarizzazione e l’uccisione sociale della mia città, Roma, anche da queste parti è arrivato l’eco di quanto accade a 90 chilometri, ed oggi se ne respira a pieni polmoni l’insalubre aria. Che poi, se vogliamo essere precisi e puntigliosi, il fatto che nonostante i proclami settimanali della Questura di Frosinone, le due tifoserie vengano ugualmente a contatto, ci fa capire quanto in Italia contino solo e soltanto la forma e l’apparenza, ma non il contenuto. Organi che non sanno trattenere e incanalare un centinaio di tifosi ospiti dovrebbero salvarci e tutelarci da eventuali attacchi dell’Isis? Ma fateci il piacere! Almeno lasciateci vivere il calcio in pace e pensate ai reali problemi di questo Paese. Poi se volete fare prevenzione (e non repressione) durante gli incontri di calcio sappiate (ma lo sapete bene) che non c’è bisogno di piazzare cento prefiltraggi prima dell’ingresso o angustiare i supporter con perquisizioni ai limiti del buon senso, dato che incidenti o schermaglie avvengono, ormai, solo ed esclusivamente a distanza siderale dai campi di gioco.
Morale della favola, dunque? Frosinone blindata. Per nulla. Tanto per far vedere che anche il capoluogo ciociaro sa dare sfoggio di forza e mascolinità militare. Peccato che i risultati, nonostante tutti questi preparativi in pompa magna, siano, come detto, scarsi. Se non pessimi direi. La realtà dei fatti parla di oltre cento tifosi scaligeri trattenuti all’interno del parcheggio Permaflex (sulla Monti Lepini), per essere identificati, e poi ripartiti alla volta del Veneto soltanto a fine partita, ricongiungendosi con il restante contingente gialloblu arrivato allo stadio.
Città blindata abbiamo detto. Non faccio neanche in tempo a scendere dal pullman che mi accorgo delle decine di camionette e agenti sparsi un po’ ovunque. Via Aldo Moro, la principale arteria della città bassa che conduce fino al Matusa, appare più come un check-in di guerra che come una semplice strada: a popolarla sono soltanto uomini della pubblica sicurezza.
Pochissimi tifosi per ora in giro. E la sensazione che mi assale non è quella delle più piacevoli. Sono sinceramente stanco e schifato da tutto questo clima di guerra che si respira attorno agli stadi. Altro che violenza ultras. Altro che famiglie sugli spalti. Gli attentati di Parigi, per chi non l’avesse capito, hanno fornito un assist incredibile alle nostre istituzioni per militarizzare definitivamente i nostri luoghi d’aggregazione. I nostri stadi, le nostre strade, i nostri bar e le nostre piazze. Noi non eravamo, per tanti versi, liberi cittadini da un bel pezzo. Ma con questo giro di vite la saracinesca su determinate libertà individuali, cominciando da quelle mentali, si è definitivamente abbassata.
Cammino stordito verso i botteghini. Oggi esordisce un nuovo prefiltraggio. Che precede quelli classici degli ingressi. Ci sono i metal detector e bisogna esibire il biglietto. Il fare degli steward, come ormai consuetudine negli ultimi anni, non è più affabile e tranquillo come agli esordi. Ormai è stato loro conferito un potere che forse non dovrebbe spettargli, ed anche solo ad avvicinarti a quel cordone fatto di pettorine gialle e celerini avverti una sensazione di disagio che ti fa dire: “Ma chi me lo fa fare? Che cosa ci guadagno a passare una domenica immerso nelle nostre Pearl Harbor o nelle nostre personalissime Guantanamo?”. Nulla.
Carabinieri, poliziotti, finanzieri, agenti in borghese. Ovunque. Un utilizzo spropositato di denaro pubblico. È questa la società che vogliamo? Così vogliamo far crescere i nostri bambini e le generazioni future? Nella paura, nell’odio costante e nell’impossibilità di vivere qualche momento di svago? E non mi si venga a dire che tutto ciò è “necessario per contrastare il terrorismo”. Il terrorismo non lo contrasti certo aumentando i prefiltraggi o implementando i compiti degli steward. Suvvia, siamo seri. Ditelo chiaramente che ogni scusa è buona per stritolare il collo dei cittadini, in questo caso tifosi, ed abituarli a una società interamente asservita al dogma “La sicurezza prima di tutto. Anche delle vostre libertà”.
Fare la cronaca della gara appare anche superfluo. Sulla scorta di quanto detto prima, il numero di veronesi entrati nel settore ospiti è ovviamente minore ai 700 tagliandi venduti. A quanto sembra però una parte degli ultras scaligeri è presente. Tutte le pezze vengono attaccate nella parte alta del settore (salvo essere ritirate nella ripresa) e il tifo viene coordinato da alcuni lanciacori posti in basso. Tanti i cori scambiati con i dirimpettai ciociari e un’intensità che rimane nel limite della sufficienza per tutta la gara. Ovviamente va tenuto conto che la mancanza dei ragazzi trattenuti all’esterno è un fattore determinante, e soprattutto nel secondo tempo i cori saranno quasi esclusivamente per loro, con il classico “Butei liberi” che risuona decine di volte.
Su sponda ciociara forse la migliore prestazione della stagione. Curva determinata sin dalle prime battute e stimolata dalla presenza ospite. Manate quasi sempre compatte, incessante sventolio di bandiere nella zona di Uber Alles e Vecchio Leone, cori a rispondere ben eseguiti, un paio di sciarpate notevoli e resto dello stadio spronato in più di un’occasione. Ovvio che anche l’andamento del match aiuti. L’Hellas rimane in dieci dopo pochi minuti, a causa dell’espulsione del portiere Rafael in area e il conseguente rigore assegnato ai giallazzurri e realizzato da Ciofani. È sempre quest’ultimo a raddoppiare nel finale di secondo tempo. Nella ripresa Dionisi sembra mettere la parola fine al match, ma Viviani e Moras lo riaprono, regalando a Mandorlini le ultime speranze di rimonta, che risultano però vane. Per i ciociari vittoria fondamentale in chiave salvezza.
L’uscita dallo stadio è storia raccontata all’inizio di questo articolo. Ed è l’epilogo amaro di una giornata strana. Capisco che dovrei vivere il calcio e ciò che lo circonda in maniera più distaccata. E questo avverrebbe pure se non sapessi che quanto vedo attorno agli stadi me lo ritroverò tra poco nella vita di tutti i giorni. Anzi, in parte già accade. Quindi non posso fare altro che viverlo in maniera frustrante. E preoccupata. Perché so che è soltanto questione di tempo. Ci si abituerà anche a questo clima di eterna guerra. Un popolo con una certa coscienza dovrebbe lasciare questi signori da soli. Dalle Alpi al Mediterraneo. Tra i loro mitra, le loro minacce e il loro autoritarismo da quattro soldi. Ma è un’utopia. E le utopie nella storia non hanno mai funzionato.
Simone Meloni.