Dopo ben venticinque anni torna al Partenio il derby tra l’Avellino e la Turris. Una delle tante sfide da bollino rosso del calcio campano, contrassegnata da una vecchia rivalità e da una rinnovata voglia di confronto ai margini di due anni scanditi da restrizioni e chiusure. Per l’occasione, inoltre, tornano sugli spalti tutti i gruppi del tifo organizzato corallino, rimasti volutamente fuori a causa della riduzione della capienza. Per loro si tratta, dunque, del primo match in Serie C da quando la compagine vesuviana vi ha fatto ritorno. Non a caso i cinquecento biglietti messi a disposizione degli ospiti sono stati letteralmente polverizzati. Gli ingredienti per una sfida avvincente ci sono tutti e le attese non verranno deluse.
Il confronto tra la Campania “costiera” e quella “interna” offre sempre molteplici spunti, soprattutto per chi – come il sottoscritto – ama l’estremizzazione dello stereotipo. Il coro o la parola di scherno in cui vengono sottolineati con fare becero l’estrazione “montanara” o “pisciaiuola” dell’una e dell’altra tifoseria.
Oggigiorno va di moda additare addirittura di razzismo simili sfottò, utilizzando un termine così complesso e pesante per situazioni che di discriminatorio hanno davvero ben poco. Anzi, questa cieca e insopportabile campagna di buonismo ha finito spesso e volentieri per mettere in ombra situazioni discriminanti conclamate.
Del resto viviamo in una società talmente putrida che si indigna e chiede punizioni esemplari per un coro da stadio, ma dall’altra parte tollera e strizza l’occhio a chi ironizza su omicidi efferati, solo perché chi li ha subiti magari svolgeva una professione non convenzionale. La stessa professione con cui – questi sommi personaggi da quattro soldi – si sono fatti venire i calli alle mani, manco a dirlo! Ogni riferimento a recenti fatti di cronaca nera è puramente casuale. Ma di esempi della morale a convenienza ce ne sarebbero a bizzeffe, quindi meglio soprassedere. Per non essere accusati di demagogia e per non sviare dal focus dell’articolo.
Dunque, tornando al match, comprendo che per le Leghe questo sia anche un modo per battere cassa nei confronti dei club: non potendo più multare aspramente per torce e fumogeni si è passati alla Santa Inquisizione su ogni parola o coro proveniente dalle Curve.
L’ingresso dei corallini è di quelli scenici: diverse torce gettate in campo e immediatamente insulti contro i padroni di casa che rispondono per le rime. La voglia di confronto si palpa nell’aria e a differenza di quanto avviene in molte partite con rivalità storiche, stasera le due Curve non si limitano a qualche coretto di circostanza, ma si offendono per gran parte dell’incontro.
Ai nostalgici dei tempi che furono dico che sì, è vero, vent’anni fa tutto sarebbe stato differente: le presenze, l’approccio allo stadio, le eventuali tensioni. E persino la partita in campo. Ma dico pure che questa Serie C di tanto in tanto riesce ad offrire davvero momenti significativi, che ci restituiscono un grande pezzo della storia scritta dal movimento ultras italiano.
Non penso sia casuale che stasera – come spesso avviene girando per i campi – mi imbatta in due tedeschi partiti da casa appositamente per vedere diversi match italiani. Quella del groundhopping (come piace definirla a loro) non è certo un’arte inventata al di fuori dei nostri confini nazionali, ma il fatto che oggi venga praticata dagli stranieri nei nostri stadi la dice lunga su quanto il germoglio delle italiche curve magari sia un po’ appassito, si sia piegato, ma persista ancora preminente agli occhi del forestiero. Starebbe a noi preservare un equilibrio, comprendendo anche che il passato lucente e grandioso non può esser giocoforza replicato, ma che non siamo propriamente morti e che se le nuove generazioni hanno un’opportunità per vivere ancora l’aggregazione, questa è proprio nel mondo ultras. Poi – come detto tante volte – tutto si può criticare e tutto è migliorabile. Ma la critica, per quanto aspra, non può e non deve partire mai dalla base del conflitto generazionale e del preconcetto, sennò non solo non è costruttiva ma rischia di tramutarsi in offesa pretestuosa e distruttiva.
Dicevamo quindi del confronto in questo derby. Un “faccia a faccia” vero e divertente. Nel settore ospiti i corallini si mettono in mostra con un ampio utilizzo della pirotecnica. Un numero di torce accese che da tempo non si vedevano all’interno di uno stadio, accompagnate da un’ottima performance canora, che forse tende un po’ a calare nella ripresa. Stasera sicuramente non era facile per gli ultras di Torre del Greco: tornare dopo due anni in blocco sugli spalti, con alle spalle numeri importanti e in una trasferta delicata. Ho apprezzato la distribuzione delle pezze su tutta la balconata, in maniera da coordinare al meglio i presenti. Manate e cori a rispondere rimangono i marchi di fabbrica per una tifoseria da sempre solida e tosta, che malgrado la vicinanza di Napoli e tanti anni di anonimato calcistico ha sempre mantenuto alta la dignità. E questo posso dirlo con cognizione di causa avendoli visti svariate volte negli anni, anche quando la dea Eupalla non era propriamente dalla loro parte.
Se nell’ultima volta in cui avevo visto gli avellinesi (a Latina) ero stato critico nei loro confronti, stasera devo dire che la Sud si presenta in ottima forma. Anche gli irpini fanno sfoggio di un discreto numero di torce e flash, offrendo una bella prestazione di tifo fatta di tanta voce e molto colore. Si vede che lo stimolo offerto dal confronto con l’opposta fazione ha dato qualcosa in più agli irpini, chiamati a far primeggiare la propria voce in ausilio di una squadra che per puntare al secondo posto finale deve solo vincere.
Alla fine è un gol di Di Gaudio a far esplodere un Partenio su cui, minuto dopo minuto, cala un fastidiosissimo freddo rinvigorito dall’umidità. Al triplice fischio, quindi, festeggia il pubblico biancoverde, ma anche i ragazzi in maglia rossa vanno a prendersi gli applausi di una tifoseria che ha comunque apprezzato la prova di spirito della Turris.
Prima di uscire c’è ancora tempo per le ultime schermaglie tra le due tifoserie, stasera indiscusse protagoniste di un bel confronto. Ed è proprio di serate come queste che il nostro movimento e il nostro calcio necessitano. Sdoganata ormai da tempo l’importanza del pubblico sugli spalti (incredibile come il Paese che ha dato i natali al tifo organizzato per anni, abbia solo saputo stigmatizzare e criminalizzarlo, senza carpirne l’essenza più bella) sarebbe pure ora di favorirne il ritorno completo con una campagna nazionale che imponga alle società prezzi dei biglietti calmierati e una gestione dell’ordine pubblico che vada ad eliminare tessere, divieti e stupide restrizioni. Ma qua probabilmente siamo al limite dell’utopia, quindi bisogna accontentarsi di ciò che passa il convento. Almeno per ora.
Simone Meloni