Comincia il campionato di serie D ed ovviamente, come quasi tutte le novità, c’è entusiasmo e voglia di fare. Noi “partitellari” non siamo da meno tant’è che quando esce il calendario, andiamo a vedere quali potrebbero risultare le gare più interessanti e da non perdere. Ad una prima cernita ci si ritrova con una decina di gare in cui vorresti contemporaneamente essere, poi ci pensano le società stesse a fare un’ulteriore scrematura, anticipando al sabato, o molte volte le questure che continuano a vietare persino sfide che fino a pochi anni fa si svolgevano con entrambe le tifoserie e nella maggior parte dei casi filava tutto liscio.

Tornando all’attualità personale, dovendo per forza di cose operare una scelta, la stessa ricade sulla partita del girone D Bagnolese – Sant’Angelo Lodigiano. Determinante la voglia di vedere uno stadio nuovo (con tutto quello che ne consegue: stazione, paesino, struttura, tifo, ecc.), ma sono altresì molto curioso di vedere all’opera gli ultras ospiti del Sant’Angelo, che conosco solo di fama ma sui quali – come San Tommaso – rimando ogni giudizio aspettando di vedere per credere.

Parto il sabato notte per arrivare alle prime luci dell’alba a Reggio Emilia, dove il pullman mi lascia proprio alle spalle della stazione, così nell’ampio lasso di tempo che resta, una visita al vecchio “Mirabello” mi sembra dovuta. Ho dei ricordi sfocati di un passato lontano, quando fui presente per la prima volta, oltre vent’anni fa, e pure in quell’occasione lo vidi soltanto da fuori, ma almeno era completo. Adesso di quello storico tempio resta solo la tribuna coperta: quella scoperta e le due Curve sono state abbattute in nome della modernità e per agevolare il cittadino, dicono a migliorare la propria vita urbana. Non capisco perché gli stadi non possano entrare anch’essi nel circuito di archeologia storica o di memoria come tanti altri stabili inutilizzati; invece, si continuano a buttare giù per far spazio a case, parchi, strade o peggio ancora lasciati all’abbandono. Comunque, il vecchio “Mirabello”, anche se menomato continua ad avere il suo fascino. I murales nei pressi della tribuna ne risaltano ancora più l’importanza, segno tangibile che per molte generazioni è stato qualcosa di più di un semplice immobile, partendo dai gruppi ultras i cui nomi sono stati impressi su quel muro, legame indissolubile e lascito per le future generazioni. Infine, nei giardini adiacenti è stato apposto un monumento per le vittime dell’Heysel, intitolando inoltre una via al reggiano Claudio Zavaroni, vittima in quella spettrale sera di maggio.

Un secondo pullman mi condurrà alla mia destinazione finale di Bagnolo in Piano, a circa dieci chilometri da Reggio Emilia. Scherzi del destino, tangendo lo stadio “Città del Tricolore”, nuova casa (ormai da tanti anni) della Reggiana, evidenziando involontariamente le distanze fra vecchio e nuovo, un nuovo in cui la compagine granata s’è trovata poi ospite nel suo stesso stadio che nel frattempo è stato comprato dalla “Mapei” a beneficio della propria società controllata Sassuolo Calcio.

Arrivato nel piccolo paese di Bagnolo ho tutto il tempo per soddisfare le mie fisse, in primis le stazioni ferroviarie, che sono appunto ben due, visto che a breve distanza c’è la fermata di Bagnolo Soave. Immancabile giro nel centro storico per vedere i monumenti principali e poi prima ricognizione allo stadio in cui si disputerà la partita odierna, intitolato ai “Fratelli Campari”, generazione di calciatori che partirono giocando nella Bagnolese per arrivare fino alla nazionale maggiore. Non contento o meglio ancora con un po’ di tempo a disposizione, faccio una capatina anche negli altri due impianti cittadini, uno in cui gioca la seconda squadra locale, in Seconda Categoria e l’altro parrocchiale. Non ancora sazio chiedo informazioni pure sul vecchio “Comunale” dove giocava la Bagnolese, la risposta però mi gela perché indirizzandomi mi avvisano che è stato nel frattempo demolito per fare posto a degli appartamenti, tanto per restare in linea con il discorso iniziale.

Con l’approssimarsi delle 15, orario della contesa, mi sposto nella speranza di vedere arrivare gli ultras ospiti, che arriveranno anch’essi abbastanza presto. Lo stadio “Fratelli Campari” dispone di una tribuna coperta solo nella sua parte centrale, con i laterali esposti alle intemperie, mentre dalla parte opposta c’è una tribuna metallica destinata agli ospiti, anche se in questa occasione, gli ospiti (presenti in un centinaio di unità, di cui più della metà ultras) prenderanno posto nella stessa tribuna dei locali, nel versante scoperto, incuranti della calda giornata ancora estiva ed assolata. Espongono un semplice striscione, “BARASINI OVUNQUE”, termine con il quale vengono chiamati gli abitanti di Sant’Angelo Lodigiano (l’altro più pertinente ma meno usato è santangiolini), ripreso dall’antico cognome della famiglia Baraza o Barasa del ‘500, la più importante della loro zona a quei tempi.

Gli ultras ospiti tornano a disputare un campionato di serie D a distanza di dieci anni dall’ultima volta ed appaiono da subito molto carichi. Manca purtroppo il confronto ultras, in quanto la Bagnolese non ha gruppi organizzati tanto che ad assistere alla gara ci sono un centinaio di persone che rimangono sedute tutto il tempo ed abbastanza silenziose. Occhi puntati completamente sui rossoneri dunque: con l’entrata delle squadre in campo, non fanno nulla di eclatante se non sventolare il bandierone, alzare un paio di stendardi e sventolare tre bandierine rosso-bianco-nero. Ma a livello canoro danno il meglio di sé per quasi mezzora, aiutati con il tamburo, in cui tifano senza fermarsi mai, con il lanciacori, megafono in mano, che alza un coro, finisce, e ne alza subito un altro. Poi quando il tifo comincia a normalizzarsi, arriva il gol del vantaggio che fa letteralmente esplodere gli ultras ospiti. Il tifo prosegue dunque con più intensità di prima e sono diversi i battimani effettuati con il tamburo che scandisce sempre il tempo in maniera impeccabile.

Si va al riposo sul risultato di 0-1 e passati i canonici 15 minuti, gli ultras ospiti tornano nuovamente protagonisti facendosi sentire e ispirano i giocatori in campo che al dodicesimo raddoppiano con Zazzi e sei minuti più tardi con Pesenti fissano il risultato sul definitivo 0-3. Il tifo raggiunge l’apice dell’intensità ed uno dei cori sottolineerà che: “si gioca in casa”. Sul lungo periodo, complice il risultato ormai acquisito ed il caldo afoso, il tifo sembra rallentare ma è nuovamente bravo il lanciacori a spronare gli ultras, fra cori goliardici, a rispondere, oppure semplici ma efficaci battimani. Trascorsi tre minuti di recupero l’arbitro manda tutti negli spogliatoi aprendo le danze ai festeggiamenti degli ospiti, sia in campo che sugli spalti e poi tutti insieme sotto al settore lodigiano.

Buona la prima verrebbe da dire, sia in termini calcistici che a livello ultras, anche per il sottoscritto: è stata la mia prima volta in assoluto al cospetto della tifoseria lombarda in azione e devo confermare tutte le loro potenzialità volte e pronte a rinverdire i fasti degli ULTRAS SANT’ANGELO 1976, gruppo di cui molti ricorderanno pure un’importante libro di oltre trecento pagine sui 35 anni di storia, che per una tifoseria di una squadra minore non è davvero roba da poco. Mi piacerebbe rivederli nuovamente, magari in casa e, perché no, in un confronto ultras, magari con squadre le cui tifoserie hanno un certo blasone, che nel girone D non mancano. Prato, Pistoiese, Ravenna, Carpi, Forlì, il derby con il Fanfulla… Il campionato è lungo, le occasioni non mancheranno.

Marco Gasparri