Tanto vale dirlo subito: avrei potuto passare ore a parlare di questa semifinale di Coppa di Svizzera tra l’FC Basel e il Lausanne-Sports. Ma ne avevo in un certo senso già parlato nella mia cronaca sulla gara di Bellinzona a febbraio che aveva portato fin qui il Losanna. Al di là però del risultato, è stata una girandola di emozioni diverse ad animarmi durante questa particolare settimana. Perché sì, non capita tutti i giorni che la propria squadra del cuore raggiunga la semifinale di Coppa, nella speranza di giocare la sua prima finale di un torneo importante dal 2010!

Nonostante la vittoria dell’LS contro l’FC Lugano il lunedì di Pasqua, abbinata alla qualificazione al Gruppo Champions (ossia il girone composto dalle prime sei in classifica che assegna titolo e qualificazioni europee), avevo in mente solo una partita: quella di domenica 27 aprile a Basilea. Una certa tensione cresceva di giorno in giorno, parallelamente al numero di biglietti venduti e registrati per il treno speciale. Si parlava di 1.200, poi 1.400 e infine 1.500 tifosi del Losanna attesi allo Joggeli (soprannome del Sankt Jakob-Park), un numero monumentale per un club la cui tifoseria, a parte gli ultras, non è molto propensa a viaggiare.

Questa stessa tensione alla fine ha avuto la meglio anche sul mio corpo, che si è semplicemente arreso alle mie ansie il giorno prima della partita. Ma state tranquilli, non poteva certo un’emicrania pur lancinante impedirmi di partire e scrivere una bella pagina nella mia storia di sostenitore dell’LS.

Dopo la tensione arriva finalmente il calore. Quello del cappuccino in stazione, il calore di un dolce sole mattutino e soprattutto il calore delle strette di mano, degli abbracci e dei pugni contro pugni dei tanti fratelli degli spalti, ex compagni d’armi da tempo perduti di vista che si ritrovano per quest’occasione speciale. Un calore che contrasta con lo sguardo gelido rivolto agli arrivisti, agli opportunisti che hanno abbandonato la nave durante le retrocessioni del 2018 e del 2022 e che si pavoneggiano nascondendo il loro intento di salire sull’eventuale carro dei vincitori. La tensione e l’eccitazione sono visibili negli occhi delle migliaia di losannesi sul binario 1 della stazione cittadina, dando l’impressione di un treno di giovani combattenti in partenza per le trincee di Verdun.

Sono da poco passate le 14 quando il treno arriva alla piccola stazione di St. Jakob, che conduce direttamente al settore ospiti, verso la quale converge un vero e proprio mare blu e bianco. Il sole picchia forte in questo pomeriggio di domenica e il boato di “Aux Armes” (Alle armi) interrompe la quiete, lanciando il proprio segnale alle migliaia di tifosi Rot-Blau (Rosso-Blu) in attesa di rientrare nei loro settori. Il messaggio è dato, Losanna è qui e ci si può aspettare una vera prestazione da loro!

A Basilea fa molto caldo e l’atmosfera si fa soffocante man mano che si avvicina il calcio d’inizio. Viene srotolato il copricurva di Losanna, raffigurante un gruppo di ultras dietro uno striscione e un mare di bandiere con il logo del club. Le bandiere vengono distribuite in tutto il settore ospiti e, all’ingresso dei giocatori, viene messo in scena un enorme spettacolo pirotecnico di torce e fumogeni. I cori sulle note di “Heart of Courage” dei Two Steps from Hell conferiscono un certo tono epico, anche se la Muttenzerkurve non mi ha convinto del tutto in quanto ad originalità del tifo.

La squadra blu e bianca del Losanna attacca con il coltello tra i denti, e finisce per aprire le marcature. I 1.500 tifosi del Losanna si abbracciarono in un caos indescrivibile e vengono nuovamente accese alcune torce. Una scena che non avevo mai visto in 15 anni da tifoso attivo. L’impresa è a portata di mano, ma l’FCB è furente di rabbia e pareggia all’inizio del secondo tempo.

Un vento gelido inizia a soffiare sul settore ospiti, ma è la scusa buona per infiammare nuovamente gli animi quando Aliou Baldé spara una cannonata nella porta dei Rot-Blau di casa, scatenando il delirio fra i propri tifosi, alcuni dei quali rischiano di cadere dal balcone per la foga dell’esultanza. Il Lausanne-Sports però, rimane purtroppo fedele alla sua reputazione e ricade nelle sue cattive abitudini con uno sfortunato autogol.

L’atmosfera è così soffocante che non riesco più a stare fermo. Mi tremano le gambe, ma l’eccitazione e la speranza lasciano improvvisamente il posto al pessimismo, durante i tempi supplementari. Le brutte sensazioni si rivelano fondati quando, dieci minuti prima dei calci di rigore, il Basilea passa in vantaggio, per la prima e decisiva volta, vincendo infine e avviandosi verso una finale e un nuovo titolo pronto ad attenderli.

Frustrante.

Poi, all’improvviso, mi coglie un’altra sensazione, piuttosto inaspettata, anzi temuta: la solitudine. Le lacrime mi cadono dagli occhi e mi ritrovo impotente quando risuona il fischio finale. Solo a bordo campo, a sopportare i 31.000 tifosi del Basilea in festa, momenti in cui, nella gioia come ancor più nel dolore, trovarsi fra i propri simili aiuterebbe a lenire la delusione. “Tutto questo per il calcio”, diranno alcuni. Gli stessi che non potranno mai capire quanto vera e forte può diventare una gioia quando condivisa, come capitato oggi ai tifosi di casa, quanto taumaturgico può essere il potere di vivere e pensare ancora collettivamente in un mondo sempre più individualista. Non è mica poco e quando ci si ritrova a leccarsi le ferite, può essere davvero tanto.

Maxime Michelet