Non è una novità, da sempre la “Schickeria” Bayern Monaco è fra i gruppi più attenti alle vicende italiane. Lo è per la vicinanza geografica, ma anche ideologica. In virtù dell’amicizia con gli Ultras Samb, della fu amicizia con le BRB Civitanova. In virtù anche del modello italiano di tifo a cui, da sempre e senza misteri, si ispirano, sia loro come tutta la nuova generazione del tifo tedesco. Quella che ha contribuito alla crescita esponenziale del calcio in Germania. Perché sì, per portare un mondo così multiforme e compartecipato come quello calcistico ad un livello superiore, c’è bisogno di una programmazione ampia ed un rispetto quantomeno basilare delle esigenze di tutte le parti in causa. Se non addirittura il coinvolgimento o addirittura l’ultima parola, come ai tifosi è stata concessa nel caso della campagna “12:12”, tanto per dirne una.

Mentre in Italia ricominciava l’annuale valzer di ipocrisie e condanne moralistiche/aprioristiche al mondo ultras, usando come leva la figura di Raciti, nell’anniversario della sua scomparsa, i tifosi del Bayern hanno esposto, nella gara contro lo Schalke, l’ennesimo striscione in lingua italiana che recita testualmente :

“02.02.2007 NOI NON DIMENTICHIAMO. UNO SBIRRO UCCIDE UNO SBIRRO E A PAGARE SONO GLI ULTRAS! SPEZIALE LIBERO – ULTRAS LIBERI”. 

Questo striscione è una vergogna? Lo lasciamo decidere ad ognuno secondo la propria sensibilità personale. Giornalisticamente ci preme riportare il fatto e tanto basterebbe ad assolvere al dovere di cronaca.

Vogliamo davvero spingerci fino al punto da trarne una considerazione morale, ammesso e non concesso di poterci ergere a giudici in questo campo così insidioso come la morale? Ok, ma non dovremmo prima conoscere o contestualizzare per giudicare, a partire magari dal nesso causa-effetto? Perché quelle parole, “Uno sbirro uccide uno sbirro”? Dal nulla? A quanto pare, i nostri giornali nemmeno si sono curati di indagare sui perché, su cosa ci fosse sotto. Fosse anche puro complottismo, dal loro punto di vista, avevano l’obbligo deontologico (lasciamo perdere la morale, va…) di informare: secondo la teoria implicitamente citata, in soldoni Raciti sarebbe stato ammazzato da “fuoco amico”.

Non sarebbe nemmeno del tutto corretto usare il termine “complottismo” perché ci sono dichiarazioni registrate a verbale, poi ritirate ovviamente (cfr. “Discovery fatale”, su “L’Espresso” del 05 Aprile del 2007) in cui la teoria del fuoco amico non pare del tutto campata per aria:

In quel frangente sono stati lanciati alcuni fumogeni, uno dei quali è caduto sotto la nostra autovettura sprigionando un fumo denso che in breve tempo ha invaso l’abitacolo. Raciti ci ha invitato a scendere dall’auto per farla areare. Il primo a scendere è stato Raciti. Proprio in quel frangente ho sentito un’esplosione, e sceso anch’io dal mezzo ho chiuso gli sportelli lasciati aperti sia da Balsamo che dallo stesso Raciti ma non mi sono assolutamente avveduto dove loro si trovassero poiché vi era troppo fumo. Quindi, allo scopo di evitare che l’autovettura potesse prendere fuoco, mentre era in corso un fitto lancio di oggetti e si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli e, innescata la retromarcia, ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull’autovettura e ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra insieme a Balsamo portarsi le mani alla testa. Ho fermato il mezzo e ho visto un paio di colleghi soccorrere Raciti ed evitare che cadesse per terra.

Sulle dichiarazioni dell’agente scelto L.S. spinse moltissimo la difesa di Antonino Speziale, puntando inoltre su una perizia di parte che sosteneva “le fratture delle quattro costole dell’ispettore e le sue lesioni al fegato sono compatibili, con abbondante verosimiglianza, con il bordo dello sportello di un fuoristrada”. Corroborate da una perizia invece terza, quella del RIS di Parma, la sezione scientifica dell’Arma dei Carabinieri di cui parla l’articolo “Raciti, la pista è blu”:

Nei laboratori di Parma i misteri dello stadio Massimino si sono infittiti. I tecnici dell’Arma hanno escluso la possibilità di identificare vittima e aggressori attraverso le immagini delle telecamere. L’andamento dei tagli nella giacca di Raciti, la scarsa presenza di particelle di acciaio, l’assenza di tracce della pellicola protettiva del sottolavello e gli effetti dei test d’impatto, nessuno dei quali potenzialmente letale, inducono a ritenere che l’arma del delitto non sia quella indicata finora.

Secondo i giudici però, l’istanza difensiva non era accoglibile nemmeno in virtù di ciò, e pure la perizia del RIS fu rigettata in quanto “non priva di errori metodologici”.

Perfetto. Sia pure che la perizia di parte non basti, che quella del RIS sia considerata lacunosa nella metodologia, ma in sostanza su quale verità, oltre ogni ragionevole dubbio, si basa il verdetto di condanna nei confronti dell’accusato? Sulle prove televisive che non ci sono? L’accusato cos’è, innocente o colpevole fino a prova contraria? Perché proprio non si capisce e sembra davvero il contrario di quello che si propugna attraverso le belle parole della Costituzione. L’unico momento in cui s’è visto Speziale colpire Raciti è nel disegnino che i magistrati hanno mostrato in una conferenza stampa.

Stante così le cose è almeno lecito che più di qualcuno giudichi quel verdetto come affrettato, poggiante su basi poco solide, atto a soddisfare la pancia della nazione più che la ragione e la verità o la giustizia assoluta? Questa “percezione” delle cose è normale, fisiologica nel quadro delle cose. Giudicarla come immorale, cui prodest? Dall’alto poi di quale ruolo morale? Dispensato o richiesto da chi? Non parlare nemmeno delle retro-motivazioni dietro un tale striscione, perché? Dell’altra verità, a maggior ragione se ritenuta ridicola, perché non ne viene fatto oggetto di pubblico dominio?

Sullo striscione non c’è qualche motto vergognoso, non si fa apologia alla morte di Raciti, non se ne augurano altre 10-100-1000 come nei vecchi slogan ’70-’80 e proprio in ragione di questo che le zaffate di moralismo risultano del tutto fuoriluogo. Si chiede libertà per una persona che si ritiene innocente. È la stessa cosa che quotidianamente continua a fare l’avvocato Lipera. È lo stesso che ha fatto il giornalista Simone Nastasi con il suo libro “Il caso Speziale. Cronache di un errore giudiziario” appunto perché questo ragionevole dubbio per loro, come per tanti altri, continua ad esserci. Sono criminali ed amorali solo per coltivare un dubbio?

Al di là di tutto ciò e solo per dovere di cronaca, i citati tifosi del Borussia Dortmund, che in passato si erano sì espressi solidali alla causa Speziale, contro la Red Bull Lipsia non hanno esposto alcuno striscione analogo. Hanno esposto invece decine e decine di striscioni tutti contro la nota azienda produttrice della bevanda energetica. Alcuni dai toni molto forti, come anche forte è stato il corollario extra-stadio, con alcuni contatti fra tifosi e polizia che hanno portato i media locali a ribattezzare il già noto “Muro giallo” come “Muro della vergogna”, ma di Speziale non c’era ombra. Accostare i due casi, Bayern e Borussia, assolutamente diversi fra loro, è semplicemente forzato.