Bologna-Sampdoria-Serie-A-2015-16-07

Milano, Firenze, Pisa, Ceriano Laghetto, Gorgonzola, e si potrebbe continuare senza sosta, passando magari i confini nostrani ed arrivando a Pamplona, Lens, Siviglia.

Un elenco in continua crescita. Una serie sempre maggiore di puntini rossi sulla mappa della repressione.

Città, realtà, storie differenti che si incontrano nello stesso punto e devono, come possono, far fronte allo stesso attacco.

A Firenze ad esempio, ed è notizia fresca, sono 22, e non 12, i denunciati dopo la trasferta di Napoli per dei cori cantati al termine della partita che non sono piaciuti ai funzionari della questura fiorentina.

A Gorgonzola, pochi istanti prima dell’inizio della gara casalinga con la Reggiana, la Digos locale ha circondato, filmato e chiesto i documenti a tutti i componenti del gruppo Highlander-Quelli di sempre. Provocazione inutile in una realtà giovane e senza precedenti di violenza, al quale gli ultras della Giana hanno reagito abbandonando il settore.

A Milano, sponda hockey su ghiaccio, prima della partita con i gemellati di Pergine, controlli a tappeto e tensione agli ingressi, con alcuni membri delle forze dell’ordine locali parecchio su di giri per alcune scritte apparse sui muri del quartiere attribuite senza motivo alla CdM.

E poi le diffide di piazza di Pisa, di cui tanto si è parlato, la pioggia continua di denunce per i ragazzi del Dal Pozzo, realtà di terza categoria. E via così.

L’intento sembra chiaro ed è quello di colpire forte, fino a destabilizzare o, nel peggiore dei casi distruggere, il movimento ultras, a qualsiasi livello.

Le colpe del movimento– Se l’intento è evidente, è altrettanto evidente come la repressione diventi insostenibile quando viene meno l’unità e la coesione del gruppo e del movimento in generale. Perché, proprio la repressione, è sempre stata forte, anche negli anni ’90, gli anni d’oro per i gruppi italiani, ma mai era riuscita a pungere così nel vivo.

Zone temporaneamente autonome, T.A.Z, le definiva Hakim Bey proprio negli anni ’90. Zone che eludono temporaneamente le consuete strutture di controllo sociale. Principio sul quale è costruito gran parte del successo del movimento ultras in Italia, principio al quale si deve il declino dello stesso movimento. Già, perché queste T.A.Z. hanno dei vincoli che permettono loro di esistere e tra questi vi è la soggettività. Un T.A.Z. è tale soltanto se si basa su un’idea singola attorno alla quale ruotano tutti i componenti. È un mero fattore di coesione che, negli anni sempre più, è venuto a mancare in gran parte del panorama nostrano. Vuoi per i cambiamenti culturali, vuoi per gli interessi sempre più crescenti attorno alle curve.

Senza unità d’intenti si aprono ferite e dalle ferite entra la repressione.

Questo tipo di situazione ha aperto le porte ad una istituzionalizzazione del movimento e ad una lenta trasformazione degli ultras da Controcultura a subcultura.

Una subcultura è difatti, per definizione, una manifestazione coerente con i valori di fondo della cultura dominante e in quanto tale, nel tempo, viene inglobata e si trasforma in rappresentazione di sé stessa. In parole povere, muore.

La via d’uscita– Bergamo è tra le piazze che storicamente ha dovuto combattere in maniera continua contro la repressione. Questa lotta negli ultimi anni ha decimato numericamente lo zoccolo duro della curva e ha lentamente messo al muro una dei gruppi storici del movimento. Queste settimane sono state, e sono tutt’ora, tra le più difficili vissute dalla Curva Nord. A seguito degli incidenti nel post-partita di Atalanta-Inter sono stati dieci gli arresti (alcuni di loro ancora in carcere, altri ai domiciliari) e ancora non si è spento il focolaio repressivo portato avanti dalla questura cittadina con l’appoggio de l’Eco di Bergamo, quotidiano locale. Al centro del bombardamento è finito, come al solito, l’esponente di spicco della realtà orobica, Claudio Galimberti, conosciuto da tutti come il Bocia, su cui pende, tra le altre cose, una richiesta di sorveglianza speciale di tre anni. Ma è proprio in questo frangente che la Curva Nord ha dato l’ennesimo colpo di coda e ha dato respiro all’intero movimento.

Per giorni difatti, attraverso la pagina Facebook ufficiale “Sostieni la Curva”, gli ultras bergamaschi hanno pubblicato lettere di giornalisti, sportivi, ultras, gente comune, a sostegno del Bocia. E poi ancora fotografie di striscioni di solidarietà da ogni parte d’Italia. Il tutto concluso con una lettera scritta dallo stesso capo ultras neroazzurro.

Una campagna di difesa senza precedenti, orgogliosa e diretta.

Per giorni la Curva Nord Bergamo ha fatto controinformazione, nel vero senso della parola. Per giorni la Curva Nord Bergamo è stata capace di far tornare il movimento ultras una Controcultura, in difficoltà, sotto attacco, ma viva ed unita.

In fondo è bastato poco, sarebbe il caso di pensarci più spesso.

Gianluca Pirovano.