La finale fu dunque ripetuta, per la quarta volta, a Torino, sul campo della Juventus, il 05.07.1925: essa terminò regolarmente in parità (1-1) dopo i tempi supplementari. Avvenne però un grave fatto di cronaca nera alla stazione Porta Nuova di Torino, quando i due treni speciali – organizzati direttamente dalle Società –  s’incrociarono. Dal convoglio bolognese partirono una ventina di colpi di rivoltella contro i tifosi genoani, causando due feriti fortunatamente curati e poi dimessi dall’ospedale piemontese. Per contro, gli autori di un simile gesto non furono mai catturati nonostante il treno fosse composto di persone sostanzialmente conosciute, visto che la relativa organizzazione era a carico dello stesso Bologna.
Inizialmente gli stessi organi federali imposero alla Società emiliana di collaborare attivamente con la giustizia, multandola anche pesantemente quand’essa cercò in qualche modo di giustificare l’accaduto, argomentando inesistenti provocazioni dei tifosi genoani. Tale multa venne però inspiegabilmente annullata allorché fu imposta la pace tra le due Società, i cui rapporti si erano inevitabilmente compromessi per queste vicende. Rimaneva però sostanzialmente un fatto: gli autori di quel gravissimo atto -nonostante fosse compiuto su un convoglio controllato ed organizzato dal Bologna – non furono mai catturati, e questo non forniva le necessarie garanzie al Genoa che il confronto non fosse in qualche modo inquinato da poteri sopra gli Enti Federali.
“Il Paese Sportivo “, nel raccontare questi fatti di cronaca nera – e in un’epoca dove la libertà d’opinione e di scrittura veniva già fortemente monitorata dal regime politico – osserva fatalmente che “ …le rivoltellate sono un segno dei tempi. E’ una situazione nuova da fronteggiare. Forse la Federazione non ha mezzi sufficienti, per ora, ma occorreva provvedere, anche per non lasciare inquinare l’ambiente sportivo dalla passione politica …Quello che invece domina è l’istinto di sopraffazione. Le squadre non bastano più, ci vogliono i fiancheggiatori …”.
Che il Genoa Cricket and Football Club 1893 non fosse gradito, per le sue note origini inglesi, al regime politico del tempo –  la cui idiosincrasia ai legittimi principi di libertà e democrazia ed a tutto ciò che non fosse integralmente e fanaticamente italiano è ampiamente dimostrata dalla Storia d’Italia -, è a sua volta testimoniato dallo stato d’accusa in cui la Società più antica del nostro Paese fu messa dal potere dell’epoca per sospetti di un’attività in qualche modo contraria al fascismo.
Il 01.12.1925 il C.D. del Genoa fu costretto ad emettere un comunicato nel quale tentava di “discolparsi“ di calunnie che già da molto tempo doveva subire: “ Il Consiglio, deplorando vivamente all’unanimità i fatti svoltisi domenica scorsa sul campo tra alcuni spettatori, protesta contro le calunniose voci sparse che tra la nostra Società si faccia opera contraria al Fascismo. Afferma in modo reciso ed inequivocabile che nel nostro Sodalizio non si svolge opera politica di nessuna specie e decide di rivolgere viva preghiera alle autorità fasciste affinché sia fatta un’inchiesta esauriente allo scopo di confermare la perfetta condotta della Società che ha sempre fornito prova del più alto sentimento nazionale e della più alta e corretta esplicazione della sua condotta sportiva “.
Altro appunto da annotare dell’influenza del regime fascista sull’esito di quelle finali,
è la presenza comprovata (da “Il Calcio“) alle partite dell’On. Farinacci segretario di fiducia di Benito Mussolini -, il quale fu visto relazionare più volte sullo svolgimento delle gare ( Farinacci non era tifoso né dell’una né dell’altra squadra, e non fu mai più rivisto nelle successive partite di Genoa o Bologna).

Intanto l’ambiente bolognese, sentendosi ormai forte di un appoggio che andava ben oltre le sentenze favorevoli della Lega, cominciava ad assumere un atteggiamento spavaldo ed arrogante proprio nei confronti del Consiglio Federale, che avrebbe dovuto mantenere la serenità necessaria per poter decidere con giustizia ed equità. Tutto ciò culminò, come detto, nel tentativo di mistificare l’aggressione con armi da fuoco dei supporters felsinei, come una vendetta per inesistenti provocazioni subite dai tifosi del Genoa. Ecco la testimonianza su “ Paese Sportivo “ del 23.07.25: “Bisogna rileggere attentamente il primo comma dell’ordine del giorno, laddove il Consiglio Federale < insorge sdegnosamente contro l’inopinato tentativo esperito dal direttorio del Bologna F.C., di fare cioè apparire l’atto criminoso compiuto da alcuni suoi sostenitori quale una ritorsione a pretese provocazioni d’eguale gravità che si vorrebbero commesse dai sostenitori del  Genoa … > “. Da Bologna, verso gli esponenti delle Federazione, partirono vere e proprie minacce, come ancora “ Il  Paese Sportivo “, nello stesso articolo, testimonia chiaramente:     “ In un ordine del giorno votato da una assemblea dei soci del Bologna si lanciava il grido pieno di minaccia < La misura è ormai colma >. E’ il frasario di moda. Colma di che? Si parlava di ingiustizie perpetrate dalla Federazione a danno del Bologna. Si accennava, per esempio, alla scelta del campo neutro di Torino, allo scopo, si diceva, di favorire il Genoa e danneggiare il Bologna; si rammentava il forfait < scandalosamente perdonato > nella partita di Milano, ignorando, o fingendo di ignorare, che la Federazione fu costretta a deliberare in base al referto di Mauro; si faceva colpa alla Federazione dell’interruzione di 15 giorni per l’ultima finale, interruzione che avrebbe dovuto servire a rifare le forze del Genoa. Questi i tre formidabili capi d’accusa. E si terminava ammonendo solennemente Lega e Federazione per l’atto di < farisaica e mal celata partigianeria > commesso. L’ordine del giorno del direttorio del Bologna non era che la conseguenza di questa eccezionale montatura “.
Ed ancora lo stesso giornale torna sull’argomento il 26.07.25: “ A Bologna si fanno comizi e si inveisce contro la Federazione con un frasario che tanto per intenderci possiamo definire eccessivo …L’ordine del giorno votato nel comizio bolognese di lunedì scorso sarà certamente deplorato da quanti hanno senso di responsabilità ed equilibrio mentale. Non è con le parole grosse e offensive che si può sperare di uscire decorosamente da una situazione difficile e delicata …Quali risultati dunque si sperano dai comizi e dalle parole forti? “. Dunque, il Consiglio Federale voleva condannare l’atto di teppismo della stazione Porta Nuova di Torino, ed – in pieno accordo col Genoa – caldeggiò lo stesso Bologna a collaborare nelle indagini affinché i colpevoli fossero al più presto identificati e puniti.

“Il Paese Sportivo “ nella stessa edizione quotidiana: “ La tempesta è sorta in seguito alla deliberazione presa dal Comitato Esecutivo Federale nella seduta di Sabato 12 Luglio. Ripetiamola nel suo testo integrale: < Il Comitato Esecutivo, mentre esprime al Genoa Club il suo più profondo dolore cui i suoi sostenitori sono stati fatti  segno alla stazione di Torino, invita il Bologna ad intensificare le certamente già iniziate indagini per la ricerca dei colpevoli, riservandosi di prendere ulteriori provvedimenti qualora a questa doverosa ricerca non si provveda con la necessaria diligenza > … A questa ingiunzione il Bologna si è ribellato. Tutti gli sportivi sereni possono facilmente rilevare che si è ribellato a torto. E’ da notare che nessun provvedimento la Federazione aveva creduto di prendere a carico del Bologna. Essa esigeva unicamente la ricerca dei colpevoli ed affidava questa ricerca allo stesso Bologna. Dov’è l’offesa?…Dalla capitale emiliana si rispose con un ordine del giorno che era uno squillo di tromba. Si cominciò a parlare di provocazioni avversarie e di revolverate che sarebbero partite dal treno dei genoani. E’ da rilevare che questa accusa lanciata contro gli avversari giungeva con almeno otto giorni di ritardo. Lo stesso rappresentante del Bologna nella riunione del Comitato Esecutivo non vi aveva fatto cenno “.
E la stessa opinione pubblica sportiva italiana rimase meravigliata di come la Federazione si facesse prendere ostaggio dalle cruenti ed infondate accuse dei bolognesi. Continuiamo sempre con lo stesso articolo de “Il Paese Sportivo“: “Può una Federazione lasciarsi deplorare da una società dipendente? L’errore del Bologna è tutto in questa assoluta mancanza di forma. Il Consiglio Federale avrebbe accolta e serenamente vagliata qualunque protesta purché redatta con uno stile che rivelasse deferenza e rispetto. Si è ribellato invece, e non poteva fare diversamente di fronte alle affermazioni ingiuriose ed al tono chiaramente offensivo … noi non vediamo come il Bologna possa sperare di trarre profitto da un atteggiamento di rivolta. Di più, non si trova giustificazione di un simile atteggiamento “.
Tutto questo conferma che l’ambiente bolognese si sentiva ormai solidamente spalleggiato da poteri sopra gli Enti Federali, ed usava toni ed atteggiamenti sprezzanti per cercare di intimidire ed influenzare le decisioni della Federazione. Ricordiamo ancora che i treni speciali dei tifosi erano a quel tempo organizzati direttamente dalle società, le quali registravano le presenze partecipanti alla trasferta. Ecco perché il Genoa si rifiutò di giocare se prima non fossero catturati i colpevoli del gesto criminoso. Se ciò non fosse accaduto – come in effetti non accadde – sarebbe stato dimostrato che si stavano coprendo alcuni precisi personaggi facenti parte dello squadrismo locale dell’epoca operante a Bologna.
Tutto questo, del resto, è ampiamente dimostrato dagli avvenimenti successivi, quando, imposta la pace tra le due società, si annullarono clamorosamente tutte le sanzioni a carico del Bologna per la sua politica di ingiurie nei confronti della Federazione, mentre calò il silenzio più assoluto sulla mancata cattura dei colpevoli nella sparatoria di Torino, che così rimase inopinatamente e misteriosamente impunita.  Il Consiglio Federale così si espresse il 02.08.25: “ … preso atto con vivissimo compiacimento dell’apertura e sincera riappacificazione avvenuta tra le due nobilissime società federate entrambe degne del titolo ed entrambe benemerite dello Sport Nazionale …all’unanimità delibera …di proporre alla prossima Assemblea Federale l’abrogazione della sanzione punitiva inflitta al Bologna F.C. nella seduta del 18 Luglio 1925 per l’atto di indisciplina che provocò la sanzione stessa …”.

Tornando quindi più direttamente alle vicende delle finali, dopo gli incidenti alla stazione di Torino, la Lega non riuscì più a decretare una data per la quinta finale per i seguenti motivi:
1) Il prefetto di Torino si rifiutò di concedere l’autorizzazione per una partita così ad alto rischio d’incidenti, e poiché il capoluogo piemontese era l’unico, in quel momento, ad offrire valide garanzie, l’Ente Federale non seppe letteralmente più dove far disputare la finale.
2) Il Genoa, interpretando gli episodi di Milano e della stazione di Torino come una sottile congiura ai suoi danni, comunicò il suo rifiuto di scendere in campo se prima non fossero stati catturati i colpevoli della sparatoria.
3) La stagione agonistica – a fine Luglio – era ormai al termine.
Proprio riguardo al punto 3, il Genoa – non vedendo e non ricevendo alcuna disposizione in merito – mandò legittimamente i suoi giocatori in vacanza, che così sospesero gli allenamenti. Ma il 02.08.25 il Presidente Guido Sanguineti ed il segretario Ernesto Ghiorzi furono convocati dall’Ente Federale per mettere improvvisamente in programma la settimana successiva la quinta finale: questa si sarebbe disputata a Milano sul campo di periferia della “Forza e Coraggio“ alle sette del mattino a porte chiuse al pubblico. Inoltre si sarebbero impartite precise disposizioni ai giornali, per annunciare la partita a Torino: tutto ciò per depistare ulteriormente i tifosi. Il Genoa si oppose, ma fu letteralmente minacciato di radiazione – da un ordine che sarebbe stato appoggiato direttamente da Roma – se non avesse accettato di giocare. E’ così, coi giocatori fuori forma e sprovvisti di un’apprezzabile preparazione atletica, fu costretto a disputare la quinta ed ultima gara.