Quattro mesi dopo, ecco Bologna-Milan: la partita della discordia. In breve: siamo nell’ottobre scorso, sotto le Due Torri torna l’incubo alluvione. Il sindaco Lepore impone il rinvio, il Milan non ci sta e ricorre al TAR. Il popolo rossoblù non la prende bene. 

Alla fine per la cronaca, vince il rinvio. 

Il duello continua sui social nei mesi successivi, con i milanisti che mostrano una zona stadio per lo più “pulita”, e i rossoblù che replicano con via Andrea Costa ancora infangata. Una diatriba senza fine. Ma finalmente, dopo mesi di veleni, la parola va al campo. Che mette in palio per una notte il sesto posto.

Ergo, la partita viene attesa come una finale, nonostante si sia solo a febbraio: più di 30mila spettatori, curva ospiti piena. E qui va subito spesa una parola a favore dei milanisti: che pur in un anno storto, stortissimo per la propria squadra, non meno storto per loro nell’occhio del ciclone per le note questioni giudiziarie, stanno comunque mantenendo livelli di presenza notevoli. Si presentano tutti vestiti di nero, con un unico striscione. “Solo per la maglia”. 

A livello canoro la battaglia è tosta, e parte già nel pre-partita: le due tifoserie, pur gemellate un tempo (ma si parla di almeno trent’anni fa) sono oggi fieramente rivali, e lo dimostrano subito a suon di cori; il settore milanista è tutto coinvolto, e alterna invettive alla squadra e al pubblico di casa. Che strappa un unico momento di pace, nel ricordare con uno striscione Siniša Mihajlović: allenatore nella sua carriera anche dal Milan. E quindi ricordato con applausi commossi anche dal settore ospiti. 

L’entusiasmo segue poi, com’è ovvio che sia, l’andamento della partita: più galvanizzati i milanisti nel primo tempo, più i bolognesi nel secondo. Che alla fine, festeggiano come aver vinto una Coppa. E si capisce: il Milan al Dall’Ara non lo battevano dal lontano 2002. All’epoca il tifo rossonero uscì per protesta a partita in corso; questa volta rimane al suo posto fino all’ultimo. Invitando a fine partita i propri giocatori, a cercarsi un altro lavoro. 

Testo di Stefano Brunetti
Foto di Luigi Bisio