Le Prealpi che svettano, spesso velate di nebbia, dietro curva e gradinata; l’architettura anomala dell’impianto e i suoi gradoni che riportano indietro di qualche decade; la tanta letteratura prodotta riguardo le vicende del tifo organizzato biancoblù. Insomma, è innegabile che lo stadio Rigamonti, pure largamente rimaneggiato negli ultimi anni, emani, con i suoi sessant’anni di vita, un certo fascino, trasudi ancora di quell’atmosfera che ha fatto affezionare ai gradoni generazioni di calciofili.
Per la gara odierna, che vede le Rondinelle, quanto mai vicine al ritorno in serie A, affrontare una Salernitana che sta vivendo un periodo a dir poco travagliato, i tifosi accorsi allo stadio fanno registrare cifre vicine al sold-out. A riguardo, è bene ricordare come nel Belpaese il sold-out sia sempre teorico: abbiamo ormai fatto l’abitudine al “tutto esaurito” celebrato a gran voce dai media prima di ogni sfida rilevante, puntualmente seguito dal rammarico di vedere spalti metà vuoti grazie a leggi per la sicurezza la cui utilità si perde nel vuoto allorché, come accaduto oggi, si pretende di gestire masse numericamente rilevanti di spettatori con un solo tornello in funzione e con controlli di una minuziosità tale, anche nei riguardi di bambini e anziani, da generare rallentamenti e ingorghi. A nessuno mai, fra chi ha le redini della gestione dei nostri stadi, è venuto in mente che forse, invece di concedere meno tagliandi rispetto al numero di seggiolini presenti, situazioni di pericolo si possano evitare organizzando con un briciolo di logica in più l’afflusso dei tifosi? Tant’è, inizio a nutrire davvero poca fiducia in ottica di un miglioramento.
Come anticipato, al netto d’ogni limite di capienza il colpo d’occhio offerto oggi dal Rigamonti è gradevole. Appena metto piede nell’impianto noto gli ultras bresciani, precedentemente fuori a riservare una degna accoglienza, a suon di birre e salamelle, ai gemellati di Salerno, impegnati nell’organizzazione di una coreografia. L’ingresso in campo delle squadre è infatti salutato da un grosso copricurva che occupa la parte centrale della nord, ai cui lati si stagliano cartoncini bianchi e blu che vanno a sormontare un lungo striscione volto a spronare gli undici a campo a lottare per la città e per chi non può più frequentare gli spalti. Legato al tema delle diffide e della repressione è anche lo striscione srotolato in gradinata dai Brescia 1911, che colorano il settore con diverse bandiere.
Sul fronte opposto, i granata si presentano in terra lombarda in circa duecento unità; nel corso dei novanta minuti, canteranno soltanto per onorare il gemellaggio e per ricordare Mario, giovane tifoso venuto tragicamente a mancare pochi giorni prima dell’incontro. L’unico gruppo ad esporre il proprio vessilo, capovolto, è quello degli UMS, i quali, entrati con qualche minuto di ritardo, si posizionano poco defilati dal resto dei presenti. La situazione in riva al Tirreno è davvero complessa, ed ogni commento da fuori non può che risultare se non presuntuoso, quanto meno inappropriato e fuori luogo; d’altra parte, al netto delle sacrosante ragioni di ciascuna delle componenti del tifo organizzato, è innegabile che a trarre vantaggio da attriti interni alle tifoserie è sempre chi, con meno occhi puntati addosso, è nella facoltà di fare il bello e il cattivo tempo in barba agli interessi dei tifosi.
Tornando al pubblico di casa, la curva appare in gran forma: bandieroni spesso in movimento, zoccolo duro accompagnato per larghi tratti di tifo anche dal resto della curva, una sciarpata mozzafiato e diversi cori a ripetere che, grazie alla compattezza offerta dalla struttura in tubolare, risuonano come veri e propri boati. Da segnalare la presenza, con tanto di drappo, dei gemellati di Norimberga. Gli ultras in gradinata si fanno notare, oltre che per il colore offerto da stendardi e bandiere, anche per l’accensione di un paio di torce. Interessante sottolineare come anche la tribuna coperta accompagni spesso e volentieri i cori, battendo a tempo le mani e rumoreggiando per buona parte dell’incontro; certo, non sarà un catino ribollente di tifo, ma rispetto all’atrofizzazione dilagante per le tribune dello Stivale, vedere tifosi normali seguire la curva, roteare sciarpe, incazzarsi e inveire verso l’arbitro è un vero e proprio toccasana.
L’orario di partenza del mio treno mi costringe a lasciare il Rigamonti quando mancano ancora una decina di minuti alla fine; sul tre a zero per i padroni di casa, i gradoni sono una bolgia. Il popolo bresciano sta vedendo sempre più da vicino la serie A, tant’è che il leitmotiv della gara è stato l’ormai popolare “forse chissà, succederà, canta con noi che torniamo in serie A”; la massima serie da queste parti manca ormai da troppi anni, e con essa lo storico derby con i vicini bergamaschi.
In conclusione, la partita odierna ha visto di fronte due piazze agli antipodi come umore: se da un lato ci sono euforia e ritrovato entusiasmo per i Lombardi, dall’altro quello attuale è un momento durissimo per gli ultras campani, i quali stanno pagando un periodo di disgregazione e mancanza d’equilibri in curva e soprattutto un’annata, l’ennesima, che di emozioni ne sta riservando veramente poche.
Ivan Pezzuto