ROMA-BATE9DIC15_040Le parole del Questore di Roma D’Angelo, sono la giusta idiosincrasia (per usare un termine a lui caro) verso qualsiasi mielosità natalizia. Ce l’ho messa tutta. Ho letto il titolo e mi sono messo nei panni del lettore medio. Mi son detto: “Simone, non leggere. Domani è Natale. Siamo tutti più buoni”. No. Stop. Io sono buono, di natura. Chi mente, costruisce repressione e vessazioni su bugie e con la scusa della sicurezza no. E’ un pericolo pubblico per la società. Per tutte quelle regolette stupide e, a questo punto, finte che ci hanno insegnato in quello scarno laboratorio sociale primo che dovrebbe essere la scuola.

Dicevamo delle esternazioni del Questore che, nessuno leva il dubbio a molti di noi malpensanti, sembra essere la mente che muove le azioni del braccio (Gabrielli) per ovvi fini politici e carrieristici. Perché Roma questo è diventata. Lo è sempre stata, beninteso, ma lo è ancor di più. E’ una città triste che ha ormai detto a tutti, nello sporco vestito dei suoi governatori, di dover pensare prima a rimpinzarsi lo stomaco e poi, forse, a ricordarsi di essere un infinito patrimonio di storia, cultura e tradizioni. No. Non parlo solo della faccenda stadio Olimpico. Quella è marginale, anzi è complementare all’intero scempio di cui questa città si rende protagonista tutti i giorni. Dal disservizio alla maleducazione, passando per le mazzette, la sporcizia e il malcostume diffuso. Ma quello vero. O meglio, quello che davvero danneggia la quotidianità.

E poi c’è la menzogna. Continua, assidua, martellante e incessante. Come l’avvitarsi di un frantoio su sé stesso, schiacciando le olive senza pietà. Senza ragione. Il questore D’Angelo, parlando delle ormai celebri misure repressive adottate all’Olimpico, ci svela così che si tratta di semplice rispetto delle “norme internazionali”. Quali? Favorire documentazione che lo attesta prego. Ma prima di essa, ci porti degli esempi concreti. La vossignoria è mai entrata, realmente, in uno stadio d’Oltralpe? Ci troviamo sempre a fare gli stessi discorsi, come quando Gabrielli rilasciò quelle ludiche dichiarazioni sulla serata “passata a vedere un po’ di calcio internazionale”. E’ ovvio che costoro non sappiano neanche minimamente di cosa parlino. O meglio, lo sanno, e pure bene, ma fanno di tutto per contorcere, stritolare e annientare la realtà. Perché al di sotto vogliono e pensano di avere sudditi. Sudditi talmente stupidi che non sanno documentarsi su internet o guardando un semplice video YouTube che ti mostra la curva del Dortmund, piuttosto che del Chelsea o del Barcellona, seguire la partita in piedi?

Perché noi spesso tendiamo a dimenticare le regole, spesso non le applichiamo e molte volte ci comportiamo al contrario. Abbiamo un posto e non ci sediamo, vanifichiamo una serie di regolamenti come il biglietto nominativo associato a quel posto”. Ma che bello. L’ottemperanza delle regole, e il ricordo ossessivo delle stesse, è sempre un qualcosa che mi ha affascinato. Il problema è quando viene da un pulpito non esattamente candito. Ci viene quindi detto, dal signor Questore, che spesso dimentichiamo o eludiamo le regole. Curioso che ciò venga asserito da una delle massime figure di una città che se non è stata commissariata per Mafia lo deve soltanto al suo status di Capitale (ve la immaginate un capitale di livello mondiale tacciata senza se e senza ma di collusione mafiosa proprio nel periodo del Giubileo e in un contesto internazionale così delicato?). Ma è ovvio, in un Paese che è così ligio alle regole nella sua faccia istituzionale, e che dà quotidianamente ai suoi sudditi (osp, cittadini) dei fulgidi esempi di trasparenza e legalità, occorre intervenire sulle due curve dell’Olimpico e punirle perché i loro occupanti cambiano posto. Oh Signore Gesù, menomale che ci hanno pensato. Ci si contorceva lo stomaco e l’esofago si rompeva in mille pezzettini al solo pensiero che Mario Rossi potesse esultare a un gol di Totti e scivolare sul seggiolino 13 anziché sul 14. E poi, se avesse acceso una torcia per festeggiare? No. Non si deve fare. Le regole internazionali dicono così. Ma chi? Quando? Dove? Perché? Spiegateci. Fatece ride, si dice da queste parti.

“Si spara di tutto e di più, il bombone o il fumogeno. C’è un’idiosincrasia totale verso la regola. Credo questo fosse un malcostume romano, che è andato avanti per tantissimo tempo e credo che noi abbiamo applicato le regole previste per lo stadio, che dovevano essere applicate”. Posto che potremmo parlare fino a domani su quanto far entrare del materiale di libera vendita in uno stadio dovrebbe esser lecito, semmai regolato da una serie di prescrizioni, come non gettare torce e fumogeni in campo. Ma se un oggetto lo vendi in cartoleria, come fa a esser vietato cento metri più in là? Ma che vi dice il cervello? E poi, signor Questore, mi permetta, ma dove li ha visti tutti questi fumogeni nell’ultima stagione? Evidentemente agli accessi veniva fatto un controllo più accurato. Evidentemente lei sa bene che se vi mettete in testa di non far passare quel genere di materiale, non passa e basta, senza bisogno di divisioni e tripli prefiltraggi. Poi, la invito a seguire davvero una partita internazionale. In Germania, ma anche in Inghilterra, dove ultimamente hanno scoperto il piacere della pirotecnica. Forse la prossima volta si morderà la lingua prima di dire una falsità così grossolana. Faccia come me. Io non scrivo di economia, perché non ci capisco niente. Ma se lo facessi, quanto prima mi informerei. Ah, dimenticavo. Lei non ha nessuno pronto a contraddirlo. Lei è sempre il contraddittore, mai il contraddetto. Questione di livello sociale. Questione di casta. Del resto lei dice che il tifo in questa maniera si fa “solo a Roma”. A questo punto mi sorge il dubbio che non abbia visto mai neanche un Napoli-Fiorentina o un Milan-Inter qualsiasi.

“Noi dobbiamo riportare lo stadio al cittadino, perché lo stadio è del cittadino non dell’ultras che può fare quello che vuole in curva. Credo che noi abbiamo imposto quella regola giusta, perché negli ultimi tempi era veramente inaccettabile da certi punti di vista”. Stupendo questo passaggio. Questore, però lei dimentica che agli ultras è stata data la possibilità di parlare, lavorare, accendere mutui e persino di entrare in possesso di carte d’identità, passaporti e patenti. Direi che qua c’è un’altra idiosincrasia, stavolta verso quel barlume di civiltà che lei tanto pubblicizza. Gli ultras sono cittadini, conveniamo su questo? Cittadini come lei. Pensi. Con due mani, due braccia. Ah no, mi scusi la maleducazione, l’ho contraddetta di nuovo. Sono “mostri a tre teste”. Vabbè, è che sono “scordarello”, come si dice a Roma. E pensavo di aver lasciato gli esseri di questo genere alle superiori, quando la professoressa, parlandomi della mitologia greca, mi accennò qualcosa su una tale Idra di Lerna. Però secondo me restano cittadini. E quindi non deve restituire proprio niente a nessuno. Ripeto, se riteneva che qualcosa fosse inaccettabile nella condotta dei tifosi lei (voi) sa come intervenire. La scusa non regge. Doppi prefiltraggi, perquisizioni umilianti, controlli asfissianti, provocazioni barbare e vigliacche e barriere pericolosissime (se la immagina una situazione come quella verificatasi allo Stade de France il 13 novembre scorso? Mi dica, sinceramente, come evacuerebbero gli spettatori?). Dice che non avete ucciso il tifo? Questore: ci prende forse per i fondelli? E secondo lei io porto mio figlio in un campo di concentramento. Altro che ultras, sono proprio quei cittadini di cui lei tanto si pavoneggia a non volerci mettere più piede allo stadio.

Tutto qua signor Questore. Tutto qua. Mi è giusto andato di traverso il pranzo di Natale, ancor prima di divorarlo, quando ho letto questa caterva di eresie, inesattezze e menzogne vere e proprie. Auguro a lei, al suo entourage e ai suoi familiari buone feste. Mi prostro ai suoi piedi e a tutti quelli dei suoi accoliti.

Simone Meloni