Agosto è appena terminato e mentre la serie A italiana è solo alle prime battute il campionato ungherese è arrivato alla settima giornata. Un campionato che a livello sportivo sembra già segnato dall’impetuoso inizio del Ferencváros, la squadra ungherese più titolata, che grazie a sette vittorie su altrettante partite ha già messo l’ipoteca sul titolo, non tanto per i sette punti di vantaggio sulle seconde, quanto per la solidità dimostrata dall’undici biancoverde. Tanto più che quest’anno la liga ungherese conta solo 12 squadre rispetto le 16 degli anni passati. Una riduzione più che necessaria per un campionato che non ha molto da offrire dal punto di vista tecnico, economico e di seguito. La grandeur magiara però, per molti anni, non ha voluto fare i conti con il reale livello del calcio nel paese danubiano, continuando spesso a pensare in grande quando invece la realtà era ben diversa. La riduzione a 12 squadre non è stata quindi una mossa volontaria dei vertici della “FIGC ungherese”, ma un atto obbligato dopo che quattro club nella passata stagione non sono riusciti a rinnovare la licenza a causa della situazione economica.

Nonostante i ripetuti investimenti statali il calcio rimane così al palo, e anzi dal punto di vista economico e del seguito fa registrare passi indietro. L’anno scorso i club della Liga hanno registrato perdite per 3,9 miliardi di fiorini (12 milioni di euro), non poco per un campionato così piccolo. Ma il governo continua a ritenere il calcio un settore prioritario per gli investimenti sportivi. L’ammodernamento delle infrastrutture, la formazione sportiva e l’investimento di fondi pubblici (3-4 miliardi di fiorini l’anno arrivano dallo Stato e dagli enti locali ai club) sono stati alcuni dei tentativi, vani, di rivitalizzare il calcio magiaro.

Secondo l’economista sportivo Mihály Muszbek la serie A ungherese continua a spendere il doppio di quello che può permettersi, senza per altro che arrivino risultati incoraggianti. Questo a differenza dei paesi limitrofi (Romania, Croazia e Serbia) dove i rispettivi campionati si sono conclusi con un avanzo economico.

Altre preoccupazioni derivano dal calo costante degli spettatori: allo stadio (media stagionale 2.510 spettatori a partita) come di fronte al televisore. Questo ha portato a un allontanamento degli sponsor che ha finito per peggiorare la situazione economica dei club.

Questa situazione si riflette sulle prestazioni internazionali, in cui i team magiari risultano non competitivi, non solo con i paesi centro-europei di dimensioni simili all’Ungheria, ma anche con campionati quasi irrisori, come quello del Liechtenstein. A fine agosto infatti già tutte le squadre ungheresi sono state eliminate dalle competizioni UEFA; una situazione non nuova, ma peggiorata dalla classifica del coefficiente UEFA. Il ranking per paese mostra un’Ungheria sprofondata al 33° posto su 54 paesi, e ormai da 4 anni dietro alle squadre del Liechtenstein. Risultanti non proprio edificanti, soprattutto per chi nel governo aveva puntato molto sulla rinascita del calcio danubiano.

Le uniche soddisfazioni per gli ungheresi rimangono legate alla nazionale di calcio. Ma anche qui si può parlare più di speranze che di risultati. Nonostante questo i biglietti per la partita valida per le qualificazioni ai campionati europei, Ungheria-Romania, sono andati a ruba in poche ore e il clima che si respira a pochi giorni dalla partita è elettrizzante. Non è un caso. Ungheria-Romania è la partita più sentita fra le due tifoserie a causa di antiche rivalità storiche fra i due paesi.

Il girone di qualificazione vede l’Ungheria terza ad appena 3 punti dalla capolista, la Romania appunto. Le speranze ungheresi si concentrano quindi sul match che si giocherà il 4 settembre a Budapest. La nazionale magiara, dopo un inizio del girone deludente con una sconfitta in casa contro l’Irlanda del Nord (sorpresa del girone e momentaneamente seconda), si è ripresa grazie in particolare al cambio d’allenatore. Pál Dárdai (ex-giocatore dell’Herta Berlino), figura preminente del calcio ungherese, ha portato la squadra a inanellare cinque risultati utili consecutivi ridando speranza per una qualificazione ancora a portata di mano (si qualificano le prime due e la migliore terza). Dárdai è riuscito a tornare dalla trasferta di Bucarest imbattuto dopo 33 anni. Le nuove speranze rivolte alla nazionale di calcio hanno però subito una battuta d’arresto quando l’Hertha Berlino, squadra di cui Dárdai è allenatore, ha richiamato il tecnico. Ora a guidare l’Ungheria è il tedesco Bernd Storck, che debutterà proprio nel derby dei Carpazi.

La partita è sempre stata ricca di tensioni, provocazioni e non sono mancati neanche gli scontri negli ultimi anni. Nella gara d’andata si sono registrate violenze sia allo stadio che nella stazione dei treni di Bucarest, mentre prima della partita l’inno ungherese è stato pesantemente fischiato. Scritte e cori razzisti sono comparsi diverse volte, facendo intervenire nei giorni successivi la UEFA che ha sanzionato la Romania. Anche per la partita di Budapest il clima è teso, ma da alcune associazioni civili è partita la campagna “non fischiare l’inno romeno” (qui il video promozionale: link) che sta ricevendo ricevuto numerosi consensi. Certo convincere gli ultras sarà un’impresa, un’impresa non tanto differente da quella che spetta l’undici ungherese.