Caldo e nuvole. La contraddizione che ammanta il Catania, grande favorita e fanalino di coda del campionato, si rispecchia nel clima della città. Quarta giornata di campionato, reduce da due sconfitte consecutive contro altrettante neopromosse, il Catania ospita il Modena. Manca Pellegrino, il tecnico che ha terminato la scorsa ed iniziato la nuova stagione sulla panchina del Catania è stato sostituito in settimana da Giuseppe Sannino. La società vuol così dare una scossa alla squadra, parsa smarrita in campo, senza l’identità più adatta alla protagonista che avrebbe dovuto essere.

Il Modena, quattro punti in classifica contro uno solo dei padroni di casa, non ha alcuna ragione di nutrire timori reverenziali. Da una parte i padroni di casa con le sgargianti nuove divise rossazzurre. Dall’altra, in tenuta “canarino”, gli ospiti. Al fischio d’inizio, sugli spalti, circa 11.000 sostenitori del Catania. Circa una dozzina di tifosi del Modena sono assiepati invece nel settore ospiti. I cori, iniziati già 10’ prima che il pallone fosse messo in gioco, sono acuti e vibranti dalla curva Nord. Dalla parte opposta, la meno popolosa curva Sud non fa mancare il suo apporto. Poca vita nel settore dedicato al tifo ospite.

Le due tifoserie non si “chiamano” e non si “beccano”. I gialloblu, davvero esigui in numero (Catania, trasferta più a Sud d’Italia) esibiscono saltuariamente i propri vessilli e, per lunghissimi tratti di gara, si limitano ad assistere all’incontro. Per altro, noiosetto.

La squadra di Sannino fa la gara, ma a centrocampo perde ogni duello: orfana di incontristi puri. Il gioco pertanto è imprevedibile quanto equilibrato, ma la tensione agonista ha la meglio sulla spettacolarità. Fioccano i gialli, meno le occasioni da gol. Solo qualche protesta, accompagnata dal pubblico, per due contatti in area subiti da Calaiò.

Fischi ed applausi all’intervallo. C’è la parte di pubblico che gradisce l’impegno, l’altra che non apprezza la carenza di gioco e trame offensive: insomma, s’aspettava davvero il “miracolo” di Sannino in soli tre giorni di lavoro. Fischi accompagnano anche l’uscita dal campo di Leto e Castro, tra i giocatori meno amati dal pubblico etneo. Applausi invece quando Sannino vien spedito fuori dal campo. È il 75°. Apprezzato lo stile “vulcanico” dell’allenatore, che per tutta la gara non ha fatto altro che richiamare i suoi, sbracciarsi, far a lotta col quarto uomo per guadagnare un centimetro in più fuori dall’area tecnica.

Senza il proprio condottiero a bordocampo, i rossazzurri perdono concentrazione e cattiveria, rischiando, con la traversa di Acosty, persino la beffa finale. Ha davvero poco di cui sorridere il tifoso del Catania, ad eccezione dello scontro tra Castro e l’arbitro, al 78°: almeno da giallo, per il giudice di gara. Difficile stabilire a chi fossero diretti gli epiteti canzonatori con cui le tribune battesimano l’episodio.

All’80°, sorpresa: arrivano rinforzi nel settore ospiti. Nuovi striscioni e nuovi tifosi. Ma non sono certo questi a far venir il nervoso al pubblico etneo che, dopo 5’ ancora, inizia a contestare gioco, giocatori e società.

Dapprima, “Ma quando vinciamo?”, poi “Cosentino (a.d. del Catania, ndr) alza lavoce”, Poi “Prendili a calci, Sannino prendili a calci”. Dunque i cori trascendono in espressioni colorite, folkroristiche ma irripetibili. Mentre la gara finisce, dopo 4’ di recupero, aumenta l’insofferenza dinanzi alla vittoria che non arriva mai. I tifosi rossazzurri, zero gioie in campionato finora, sbottano. I giocatori salutano, da centrocampo, rivolgendo applausi verso tutti i settori, la risposta della curva Nord è “Se continua così, se continua così, vi faremo…”. E non serve un veterano da stadio per capire come finisca questo articolo e questa partita.

 

Giuseppe Puglisi.