In una calda domenica di maggio, lo stadio “San Sabino” ospita la semifinale d’andata degli spareggi nazionali d’Eccellenza: scendono il campo il Canosa e la Battipagliese. I rossoblù si sono classificati quinti nel loro campionato, che è stato dominato dal Barletta, mentre i bianconeri non hanno ottenuto la promozione diretta in D per soli due punti, avendo concluso la stagione regolare alle spalle dell’Heraclea Candela, un sodalizio pugliese che, per ragioni di contiguità geografica, ha militato nel raggruppamento B dell’Eccellenza campana.

Quest’oggi scendono in campo due club storici dell’Italia meridionale. Il Canosa richiama gli anni Novanta, che per i pugliesi furono una parentesi memorabile: nel lasso di tempo tra il 1990-91 e il 1995-96, militarono infatti nell’allora Campionato Nazionale Dilettanti. Riguardo a quelle sfide, ci restano preziose testimonianze fotografiche del vecchio stadio in terra battuta, che ogni domenica veniva riempito da un pubblico colorato e numeroso, con la presenza dello striscione degli “Sconvolts” in casa e in trasferta. Dall’altro lato, la Battipagliese ha collezionato 7 partecipazioni ai campionati di C e C1 (l’ultima nel 1998-1999) e 8 presenze nella vecchia C2 fino al 1999-00. Le Zebrette sono uno dei club più gloriosi della Campania e, come i canosini, desiderano riprendersi quella D che non disputano dal 2014.

Quest’oggi sono dunque attrici principali due squadre ricche di blasone. Inoltre, le partite che vedono contrapposti club pugliesi e campani si caratterizzano sempre per una certa dose di fascino. Queste considerazioni mi inducono ad affrontare le circa quattro ore di viaggio verso l’area nord-occidentale dell’antica Terra di Bari. Varcato il confine tra la Campania e la Puglia, mi inoltro tra le distese di ulivi e grano del Tavoliere, la principale pianura dell’Italia meridionale.

Canosa, ben visibile già dall’Autostrada, è posta su un colle che domina la valle dell’Ofanto. Questa cittadina, di circa 28.000 abitanti, non è soltanto un centro agricolo, ma custodisce un patrimonio artistico di assoluto valore. Nell’antichità Canusium fu famosa per la produzione di vasi geometrici e policromi. Anche le celebri tombe ipogee scavate nei banchi di tufo ci restituiscono un’idea della sua grandezza antica. Si tratta di sepolture di ricchi principi dauni del IV-III secolo a.C., note per il loro sfarzo decorativo e per i magnifici corredi, che sono visibili nel Museo archeologico nazionale. A questa esposizione si affiancano le epigrafi e gli splendidi ritratti romani in marmo che si ammirano nel Museo civico e nella piazza principale. Dopo la battaglia di Canne del 216 a.C., in cui Annibale trionfò sui Romani nel contesto della Seconda guerra punica, Canusium divenne municipium in età augustea.

Nell’Alto Medioevo vi esercitò un ruolo di primo piano la figura del vescovo Sabino, cui è dedicata la Cattedrale del 1080. Questo edificio è impreziosito da un pulpito marmoreo dell’XI secolo, da una pregevole cattedra sostenuta da elefanti e da una porta di bronzo sulla quale sono incisi i più noti esponenti della dinastia normanna. I normanni erano un popolo originario della Scandinavia, che nel 911 riuscì a ritagliarsi un proprio dominio nella Francia settentrionale (Normandia). Nel secolo successivo, a partire da quest’area, vari gruppi di guerrieri, tra cui gli Altavilla, si trasferirono nell’Italia meridionale, dove vennero impiegati come mercenari al servizio dei Longobardi e dei Bizantini. In breve tempo, i temibili guerrieri normanni posero sotto il proprio controllo tutto il Sud, compresa la Sicilia sottratta ai Saraceni. Così, nel 1130, Ruggero II, unificando i loro possedimenti, diede vita al Regno di Sicilia, che sarebbe durato, con diverse denominazioni (Regno di Napoli, Regno delle Due Sicilie) fino al 1860. Uno dei protagonisti dell’epopea normanna fu Boemondo di Taranto, che divenne principe di Antiochia dopo la conquista cristiana di Gerusalemme e della costa siro-palestinese nella prima Crociata (1097-1099). All’esterno della Cattedrale di San Sabino si può ammirare proprio uno splendido mausoleo dedicato al cavaliere crociato.

Fortunatamente ho sufficiente tempo a disposizione per esplorare il bellissimo centro storico canosino, immergendomi nel suo dedalo di edifici e strade in pietra bianca. Godendo della luce intensa e dorata che la Puglia dona ai suoi visitatori, a circa un’ora dal fischio iniziale mi incammino verso lo stadio, che è intitolato al santo patrono cittadino. Questa struttura, inaugurata nel 2007, presenta un manto in erba sintetica, una pista d’atletica, una tribuna coperta riservata ai locali e, sul lato opposto, una gradinata scoperta destinata alle tifoserie ospiti. Intorno allo stadio osservo già un certo fermento: i ragazzi del tifo organizzato sono desiderosi di entrare, mentre uno striscione trasmette a tutta la comunità locale l’importanza di questa gara.

Riesco a mettere piede sul terreno di gioco in brevissimo tempo, grazie all’ottima organizzazione della società di casa. Il settore casalingo accoglie i primi spettatori, gli ultras rossoblù eseguono già cori e battimani, mostrandosi carichi e pronti a dare il massimo. Canosa è una piazza con una sua lunga tradizione di tifo, che risale agli albori del movimento, oggi proseguita da quei ragazzi che si raccolgono dietro le pezze messe in mostra sui gradoni. Lo stadio continua a riempirsi e a ridosso del fischio iniziale giunge anche il contingente battipagliese, arrivato a Canosa a bordo di autobus, transit e auto. La presenza numerica ospite è ragguardevole, conforme al nome di una tifoseria che rientra nel novero delle piazze storiche del calcio italiano.

Finalmente l’impianto è al completo. All’ingresso in campo delle squadre, i canosini realizzano una splendida coreografia a tutto settore, accompagnata dal messaggio: “Dal 1948 a tua difesa”. Il settore ospiti, contestualmente, si trasforma in un mare di bandieroni, che lo rendono coloratissimo. Durante il minuto di silenzio, i campani alzano lo striscione “Ciao Sandrino, eterno bianconero”, poi ricomincia la gara del tifo.

I canosini, accompagnati dai ragazzi di Andria, Barletta e Corato, volano sulle ali dell’entusiasmo, aiutati anche da una squadra che in soli venti giri di lancette si porta in doppio vantaggio con le reti di Barrasso e Lamacchia. Il settore coperto si trasforma in una bolgia e un tifo assordante accompagna le vicende del campo. Dall’altro lato i battipagliesi non demordono, continuando a tifare, nonostante il passivo, con cori prolungati, battimani e bandiere al vento.

Nella ripresa l’andamento della sfida non muta: il Canosa allarga il divario portandosi sul 3-0 con Jimenez, che regala ancora più entusiasmo al pubblico casalingo. I ragazzi del blocco ultras canosino si sgolano fino all’ultimo secondo, riuscendo anche a trascinare il resto del pubblico. Sul fronte opposto, malgrado il netto svantaggio, gli ultras di Battipaglia sono davvero encomiabili nel dare continuità al loro sostegno, che diventa più intenso rispetto alla prima frazione, mentre dal punto di vista visivo offrono belle manate e tanto colore con i bandieroni che non smettono mai di sventolare.

A fine partita il settore canosino esplode di gioia, mentre tra gli ospiti si percepisce una comprensibile delusione per un risultato difficilmente pronosticabile alla vigilia. Di conseguenza è festa grande per i rossoblù, che tra sette giorni potranno affrontare il ritorno in terra campana con un buon vantaggio in tasca. Quando esco dallo stadio per rimettermi in viaggio verso casa, il sole è già al tramonto, regalando gli ultimi sprazzi di colore a questo meraviglioso territorio al confine tra la Terra di Bari e la Capitanata.

Andrea Calabrese