There’s no place like home dicevano gli Industry in “State of the nation”. Anche quando è già da un terzo della tua vita che ne sei lontano e cominci a sentirti straniero ovunque, a non capire più bene se la casa sia dove risiedono le radici o dove tendono i rami mentre crescono. Il richiamo della terra resta comunque prevalente e si finisce per subire le lune come le maree, anche quando hai sempre giocato a snobbare gli astri. Puoi anche dire di fregartene, ma a Manfredonia il Carnevale è una delle istituzioni tradizionali fondative e fondamentali. Un po’ di coriandoli scorrono sempre nelle vene di ogni nativo sipontino.

Non è il Carnevale il motivo principale per cui scendo in Puglia, ma è la scusa buona. Al Carnevale passa in subordine anche la partita fra Manfredonia e Agropoli che viene anticipata al sabato pomeriggio: nemmeno la partita è il motivo principale, tanto che parto dalla Romagna con un certo ritardo sulla tabella di marcia e temo di doverci rinunciare, ma alla fine è comunque un buon motivo ed appena scaricate le valigie, riesco ad arrivare al “Miramare” anche in tempo per prendere un caffè con qualche vecchio reduce della Curva Sud della mia era geologica.

Il meteo non è invece per nulla incline ad assecondare l’allegria carnevalesca: una pioggia non scrosciante ma comunque molto insistente cade da subito e si protrarrà fino a fine gara, per cui mi è facile immaginare qualche defezione numerica nel settore del tifo. Come poi constaterò.

Ad oggi, il tifo organizzato sipontino s’è spostato nella gradinata Est e si compatta alla sinistra del boccaporto d’ingresso del settore. Siamo alla terza generazione di ultras in città e seppur resista qualche elemento che ne ha attraversato le precedenti, questa nuova aggregazione di tifosi presenta una certa discontinuità con le sue radici storiche e il suo passato, cosa che in realtà può costituire un pregio, un valore aggiunto. Tutti i precedenti gruppi sono morti, si ricomincia lontano dalla primigenia Curva Sud, si ricomincia da zero e ogni passo oltre questo punto zero è una conquista.

Onestamente credevo che in città dovesse ormai morire tutto e vedere che c’è ancora brace ardente che cova sotto la cenere mi fa piacere, mi dà la sensazione che non tutto sia andato perduto e che qualcosa per cui valeva la pena battersi in fondo c’era.

Torno in questo stadio praticamente a un girone di distanza: ero stato qui durante Manfredonia – Bisceglie che s’è giocato a campi invertiti proprio la settimana scorsa; all’epoca avevo visto solo qualche immagine della realtà manfredoniana, ma non avevo ancora toccato con mano. Ne rimasi molto stupito, la loro prestazione fu leggermente inferiore a quella biscegliese, per esperienza soprattutto, ma considerata la giovane formazione del gruppo, era da ritenersi una sorta di vittoria morale.

In questo sabato che di carnevale non è la migliore delle vigilie, l’effetto sorpresa è però ormai evaporato. So cosa aspettarmi e so cosa cerco: conferme soprattutto. Invece non le avrò, registrerò diversi passi indietro, ma ci sono anche tante attenuanti. Il numero innanzitutto è di gran lunga inferiore, ma la pioggia infausta ha avuto un suo enorme peso in questo. Di conseguenza anche la potenza del tifo è regredita, ma sinceramente non mi sento di buttar loro la croce addosso perché hanno cantato praticamente per tutta la gara. Fra alti e bassi ma sempre. Non era facile anche perché la squadra in campo ha fatto davvero pietà, di fronte ad un avversario teoricamente abbordabile che nella pratica l’ha schiaffeggiato con un parziale di due reti. Questo fino a quando i giocatori non si sono resi conto che era ora di cominciare a rendere almeno parte dei soldi del biglietto agli spettatori: dopo una rete provvidenziale di La Porta, che qualche appassionato di calcio ricorderà per i suoi trascorsi nel Foggia, la partita si riapre e viene poi impattata sul 2 – 2, con un galvanizzato Manfredonia che rischia più volte di vincerla, senza riuscirci.

Questa seconda parte di gara, com’è facile immaginare, è un crescendo di emozioni e tifo anche sugli spalti. Immancabile la voce, diversi i battimani, poco il colore se si eccettua un due aste “1932” e “Farrate e Borghetti” che allude ad un tortino rustico tipico manfredoniano proprio dei giorni di Carnevale. Ad inizio gara si vede anche un fumogeno che nel suo piccolo fa figura, in tempi in cui la pirotecnica è criminalizzata più dei reati finanziari dei colletti bianchi. Del tutto assenti invece “colori” simbolici o distintivi quali striscioni, pezze o altro che possano identificarli: un dato che forse è più frutto del caso e del momento che della volontà, e che probabilmente verrà invertito a stretto giro, ma che personalmente apprezzo. Sono figlio dell’era degli striscioni e non sono un ravveduto sulla via di Damasco, ma ogni scelta in tal senso credo che ognuno debba farla in rapporto alla propria realtà territoriale, ai suoi problemi interni e a quelli che vengono dall’esterno, da chi in città non ha mai visto di buon occhio gli ultras. O più che altro li considera, come i ragazzini che si fumano gli spinelli, la via migliore per ostentare efficienza a fronte di una città in balia di problemi e personaggi ben più pericolosi. Ma d’altro canto si capisce bene che sarebbero più pericolosi anche per lor signori.

Il settore ospiti si presenta desolatamente vuoto. Non ho idea delle motivazioni o di contestazioni in atto. Non ho in verità nemmeno idea dello spessore attuale della loro realtà ultras. Molto alla lontana mi è noto giusto qualcosa del passato e ricevo notizie a sprazzi per cui posso solo dire che, in questo periodo storico, nell’epoca della repressione e dei divieti selvaggi, quando c’è una trasferta aperta ed il settore ospiti resta vuoto, mi monta sinceramente rabbia per chi vorrebbe esserci sui gradoni di un settore ospiti, ma non può.

Finisce sotto la pioggia, che non vuol saperne di finire, una partita emozionante sul rettangolo verde, meno sugli spalti. Servono altri indizi per fare una prova, per farsi delle idee più precise. Contestualizzando nell’infame giornata atmosferica, considerata come attenuante la indiscutibile continuità dimostrata, questa tifoseria merita di essere seguita ancora con attenzione (e mi riprometto di farlo), per capirne le evoluzioni e se davvero riuscirà a sfruttare tutto il potenziale insito in questa piazza. Difficile da gestire e motivare, ma indubbiamente esistente.

Matteo Falcone.