“Come ti chiami? Giuseppe Rossi!”. Il coro si alza cielo dallo stadio Pinto. L’hanno voluto ricordare così. Con un pizzico di goliardia e quel sorriso che non mancava mai sul suo volto, nonostante la vita non fosse stata sempre gentile con lui. Mario Cavallo non ce l’ha fatta. Dopo un mese di battaglia in un letto d’ospedale, il noto volto della curva Casertana è andato a rinfoltire le fila degli Angeli rossoblu. Ed oggi quella risposta data a un tentativo di identificazione, in una della tante trasferte al seguito della Casertana, ha un sapore diverso. Una sorta di manifesto del Mario Cavallo che tutti hanno incontrato almeno una volta dalle parti del Pinto. Berrettino d’ordinanza, battuta sempre pronta, aspetto rude, ma il giusto rispetto per chiunque incrociasse il suo sguardo. Su quei gradoni, poi, sempre pronto a garantire il suo sostegno e a difendere a spada tratta i suoi colori, la sua città.

Oltre seicento persone hanno voluto salutare ‘o Cavall. Una folla commossa e silenziosa ha accolto il feretro nella chiesa poco distante dal suo stadio. “Cavallo vive”: lo striscione è posto lì in alto. Un grido che si alza al cielo con tanta rabbia. Un’ingiustizia troppo grande da poter essere compresa, accettata, metabolizzata così. Sulla bara c’è lei: la maglia rossoblu. C’è la sciarpa dei Fedayn Bronx ed altri drappi recanti gli stessi colori. Il via vai di amici e parenti non si ferma neppure durante il rito religioso. Arrivano rappresentanti di tifoserie da tutta Italia. Rapidamente il legno marrone lascia spazio ai mille colori degli amici di sempre.

“Cavallo sempre con noi”, si legge sopra una maglia della Ternana. I gemellati storici ci sono. Si fanno largo anche i colori di Cosenza, Cassino ed Avellino. Amici nella buona e nella cattiva sorte. E’ il momento di salutare un ultras. E, così, vengono accantonate anche le rivalità. C’è anche Benevento. Nella folla si intravedono anche i colori di Avezzano, Lanciano, Marcianise e Gladiator. Senza dimenticare l’abbraccio giunto dalla lontana Marsala.

L’ultimo saluto va dato lì. In quel luogo dove Mario si sentiva a casa. Il feretro viene trasportato allo stadio ‘Pinto’, accompagnato da un lungo corteo. Bandiere rossoblu al vento e cori interminabili. “Alè Cavallo alè”, il nome della Casertana lascia spazio a quello di un amico. I cori sono tutti per lui. Rapidamente i gradoni del settore Distinti del ‘Pinto’ si riempiono. Ai suoi piedi viene posta la bara, adagiata sul grande bandierone rossoblu dei Fedayn Bronx. Le mani al cielo, le torce che colorano il cielo di rosso e blu, i petardi. Tutto come avrebbe voluto lui. Così come sulla vetrata quel “Bombe, catene e molotov”. Attimi di profonda commozione. Ancor di più quando proprio sulla vetrata c’è il figliolo di Mario a lanciare un coro a scandire il nome del caro papà. Emblematiche le parole di don Stefano, sacerdote fuori da ogni schema e sempre lontano da inutili formalismi. “Un Ultras non muore mai. Le vere battaglie in difesa della propria terra le fanno gli Ultras, non certa gente che dovrebbe rappresentarci!”.

Ciao Mario!

Giuseppe Frondella.

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