Allo stadio “Pinto” di Caserta si ripropone un vecchio classico della Serie C. Scontro fra i Falchetti di casa e il Monopoli. Anche se, restando in cielo come termine metaforico, quest’anno vola alto solo il Gabbiano biancoverde, visto che la squadra campana, pur partita con tutte le migliori intenzioni, sta giocando una prima parte di campionato ben al di sotto delle aspettative, per usare un eufemismo. Oltretutto, proprio questa crisi tecnica è alla base di un serpeggiante malumore della tifoseria nei confronti della propria compagine, alla quale già nelle precedenti occasioni è stato chiesto impegno e rispetto.

Venendo a quest’oggi, la trasferta risulta libera, nel pieno rispetto delle linee guida del protocollo del 4 agosto. I monopolitani perciò raggiungono Caserta in un’ottantina circa di unità, che sarebbe anche un buon numero e risultano persino molto colorati e belli da un punto di vista visivo, peccato soltanto che persiste la divisione fra gruppi che condiziona pesantemente un potenziale che la storia ha dimostrato essere davvero ottimo.

Anche in quest’occasione infatti, come a Catania, il contingente pugliese si presenta diviso in tre gruppi: quello centrale presumibilmente composto da semplici tifosi che non cantano o partecipano mai al tifo, formando una sorta di curioso spartiacque tra le due fazioni interne in cui s’è spezzettata la tifoseria. Da una parte ci sono Army Korps e Ultras e dall’altra Bad Boys e CSM, che compongono lo zoccolo più folto e attivo nonché colorato.

La divisione si manifesta sia in senso fisico, nella diversa e distinta collocazione di un settore comunque piccolo e che in un certo senso li obbliga ad un minimo di convivenza; e sia da un punto di vista canoro, con i due gruppi che cantano ognuno per conto proprio, spesso senza nemmeno aspettare che l’altro finisca il proprio coro, ma accavallandosi e creando un effetto acustico davvero sgradevole. Per questi motivi il tifo è finito per risultare davvero poco efficace, sentendosi poco e male, sperperando un patrimonio qualitativo di valore assoluto. Ed è un vero peccato, anche se ovviamente si capisce bene che se si è arrivati a questo punto è proprio perché le rispettive posizioni non sono più conciliabili e non si può far altro che proseguire ognuno per la propria strada. Per cui è più che lecito che ognuno in casa propria faccia quel che meglio crede, anche se a noi amanti del mondo del tifo resta un po’ d’amaro in bocca.

Venendo ai Casertani, numeri e colore sono nei loro soliti standard, seppur ci sia da dire che – parlando più in generale – sarebbe lecito attendersi qualcosa in più in termini numerici da una piazza del genere, anche se forse sono speranze condizionate da chi è ancora condizionato dal calcio declinato al passato. Ci sono le pezze, ci sono un paio di bandiere e c’è perfino il sostegno alla squadra per lunga parte della gara, ma dopo il 3-0 la tifoseria perde definitivamente le staffe, ammaina le bandiere e dà il via in maniera compatta alla prima vera contestazione della stagione, dopo i cori allusivi delle scorse giornate.

Una contestazione che ha riguardato nello specifico proprio gli atleti in campo, il loro atteggiamento giudicato abulico ed indisponente che, a maggior ragione dopo il recente esonero dell’allenatore Scazzola a cui è subentrato D’Angelo, non ha davvero più alcuna scusante. Seppur sia logicamente più semplice cambiare un tecnico che un’intera rosa, i risultati hanno dato ragione all’idea dei tifosi che i vizi di forma siano da ricercarsi più in profondità.

Indifferenza fra le parti se non verso la fine della partita quando c’è un fugace scambio di cori contro.

Testo di Matteo Falcone.
Foto di Giuseppe Scialla.