La prima di campionato, solitamente, non regala grandi sorprese, sia sugli spalti che in campo: secondo gli addetti ai lavori la Cavese è la squadra favorita per la vittoria finale, mentre i pugliesi dell’Altamura, grazie all’allargamento della base societaria, si candidano sì a recitare un ruolo da protagonisti nel girone H ma partendo da un ruolo comunque subalterno rispetto ai più accreditati avversari.

Il sabato precedente al match le big del calcio italiano erano già scese tutte in campo: il Milan aveva conquistato in rimonta la vittoria contro i cugini nerazzurri, mentre il rinnovato Napoli di Spalletti aveva sbancato l’Olimpico di Roma battendo la Lazio dell’ex Sarri e, infine, la Juve di Allegri aveva portato a casa un prezioso e sofferto pareggio. Aprendo una parentesi ultras, i tifosi bianconeri, inoltre, nella trasferta di Firenze avevano ricordato il numero 6 juventino Gaetano Scirea, prematuramente scomparso il 3 settembre del 1989, in un incidente d’auto.

La Cavese Calcio per quest’occasione ha proposto prezzi popolari: 5 euro per le curve, 8 per i distinti. Le premesse per aspettarsi uno stadio gremito c’erano tutte ma le attese andranno parzialmente deluse: sono circa mille gli spettatori presenti, non male per una misera serie D, intendiamoci, ma forse pochi se rapportati al potenziale che una piazza come Cava può esprimere. L’addebito comunque più che agli ultras lo si può in questo caso muovere al tifoso, visto che al netto di uno stadio non proprio gremito, la Curva Sud era invece piena come suo solito. E soprattutto, esulando da mere questioni numeriche e parlando di qualità, il tifo che ha offerto s’è dimostrato degno di ben altre categorie: gli ultras di casa, infatti, hanno riempito i cari “9 gradini” in ogni ordine di posto, sostenendo gli aquilotti dal primo all’ultimo minuto.

La partita però è inizia ben prima del fischio d’inizio dell’arbitro: la dirigenza della Cavese Calcio, come da tradizione, ha voluto ricordare Catello Mari, consegnando la maglia numero 6 al padre del compianto calciatore, morto all’alba del 16 aprile 2006 anche lui – per una triste coincidenza – in un incidente d’auto. Un calciatore Catello Mari, che come il citato Gaetano Scirea, s’è guadagnato l’affetto dei suoi tifosi innanzitutto come uomo, prima ancora che come atleta, per l’attaccamento alla maglia con cui ha superato la semplice professionalità con cui qualsiasi altro giocatore moderno rispetta i contratti firmati. Ecco, si tratta di rispettare i tifosi, altre persone, altri esseri umani, che verso quell’oggetto inanimato che è una maglia nutrono comunque dei sentimenti. Per quanto nell’epoca del calcio sempre più inteso come prodotto possa sembrare anacronistico fare certi discorsi. I due calciatori, in dimensioni, periodi e contesti calcistici diversi, hanno saputo insomma lasciare nelle rispettive tifoserie un segno indelebile. Se è vero che la Juventus aveva intitolato la vecchia Curva Sud dello stadio Delle Alpi al proprio capitano (scelta che tra l’altro non è stata confermata per l’attuale Juventus Stadium, cosa che potrebbe aprire altre lunghe parentesi su questioni valoriali…) altrettanto ha fatto la Cavese con la Curva Sud Catello Mari.

Tornando alla cronaca del tifo, i padroni di casa hanno organizzato anche una riuscitissima coreografia: copricurva al centro e sciarpe e bandiere ai lati. I cavesi li riconosci subito, un’identità forte e precisa che resiste al tempo, restia ai cambiamenti e alle mode, ma modellata su una tradizione che si tramanda nel tempo. Non mi stupisco, quindi, se vedo ancora esposti striscioni che inneggiano alla libertà per gli ultras o vessilli contro il calcio moderno; battaglie che tante Curve, forse troppe, probabilmente hanno affrontato più per moda che non per reale convinzione, lasciando l’onere di portarle avanti a quei pochi che ancora ci credono e che sempre ci hanno creduto. Nel corso del secondo tempo danno spazio anche a uno striscione di solidarietà rivolto agli storici amici Leccesi. 

La partita è stata emozionante e dopo un inizio di marca cavese gli ospiti hanno preso coraggio sfiorando a più riprese il gol del vantaggio e sbagliando un rigore, tra l’altro, sul risultato ancora fermo sullo 0-0. Quando ormai il pareggio sembrava essere il risultato finale, l’Altamura si è portato in vantaggio, ma dopo due minuti l’arbitro ha annullato il gol che solo pochi istanti prima aveva convalidato, per un presunto fuorigioco che comunque non era stato segnalato dal guardalinee. La dura legge del gol cambia forma ma non sostanza: rete annullata gol subito, così a tre minuti dallo scadere del tempo regolamentare, la Cavese è passata in vantaggio conquistando i primi tre punti della stagione.

Capitolo tifoseria ospite, si parte dalla premessa. Lo stadio di Cava è posizionato a poche centinaia di metri dall’uscita autostradale e proprio in prossimità del casello dove, solitamente, il servizio d’ordine attende le tifoserie ospiti; gli altamurani sono arrivati poco dopo le 14:10, con largo anticipo rispetto all’orario d’inizio e dopo i soliti controlli, spesso inutilmente lunghi, sono stati accompagnati nel settore a loro dedicato arrivandoci pochi istanti prima del fischio d’inizio. Accade spesso che le tifoserie ospiti facciano il loro ingresso in prossimità del fischio d’inizio: vuoi per una strana coincidenza, vuoi per scelta delle forze dell’ordine, non è sempre dato saperlo. I pugliesi al seguito sono comunque poco meno di un centinaio, anche se solo una parte, quella posta nella parte centrale del settore, ha partecipato al tifo. I murgiani si sono contraddistinti per lo sventolio continuo dei loro vessilli, bandierine e due aste sempre alte, con drappi attaccati in basso. Tra le opposte tifoserie non si sono registrati cori di scherno; una partita, quindi, che anche per quanto riguarda l’ordine pubblico non ha regalato particolari emozioni, confermando le aspettative della vigilia.

Termina così la prima giornata di campionato, avara di sorprese o in vena di conferme se vogliamo usare la prospettiva opposta. Unica nota stonata, su entrambi i fronti, l’assenza dei tifosi, quelli che fino a tutti gli anni ’90 riempivano gli stadi. Probabilmente il calcio, almeno a queste latitudini, sta vivendo un periodo di crisi e i club non rappresentano più il vanto della propria comunità, che oggi cerca sfogo altrove, ignorando il piacere che i gradoni dello stadio della propria città possono regalare. Gaetano Scirea e Catello Mari hanno rappresentato, in modi diversi, due identici modi di vivere il calcio e soprattutto di indossare la maglia, regalando dignità alle proprie tifoserie, serie A o serie D che sia, ma questo forse ai tifosi non è più sufficiente. I tifosi ora sono per lo più consumatori e cercano nella maggior parte dei casi preferiscono la star e l’evento alle bandiere e ai rituali. Fortuna che almeno c’è qualche testardo che resiste.

Michele D’Urso