Quando si vivono determinate partite, soprattutto se sentite, non è mai facile dare un giudizio oggettivo a caldo. La sfida Cavese-Catania rientra in quei match da analizzare e raccontare solo dopo alcuni giorni, nel tentativo di essere più fedele possibile a quanto accaduto in campo e soprattutto sugli spalti.

Iniziamo col dire che tale incontro è da me atteso con trepidazione da diverso tempo, sia perché mi rendo conto della possibilità di vedere calpestare il manto del Lamberti da una squadra blasonata dopo i lunghi anni di Serie D, sia perché, al netto delle differenze abissali nei bacini d’utenza, le tifoserie di Cava e Catania sono divise da una rivalità risalente a diversi decenni fa, spesso ravvivata sebbene le due compagini non si incrocino dall’ormai lontana annata 1998/99. Ci sono, pertanto, tutti gli ingredienti per una partita memorabile soprattutto se si tiene conto della classifica (la Cavese non deve perdere per poter aspirare ai play off) e del glorioso traguardo che la squadra biancoblu si appresta a festeggiare: i suoi 100 anni dalla fondazione avvenuta nel maggio del 1919.

Come però spesso accade, le aspettative di una mente entusiasta finiscono per sgretolarsi contro la dura realtà: la prima batosta arriva quando, in settimana, viene annunciata la vendita dei tagliandi per i tifosi ospiti riservata ai soli possessori dell’ormai nota fidelity card, precludendomi così la possibilità di osservare l’intera tifoseria catanese.

A questa decisione però si aggiunge, a poche ore dall’inizio della partita, la voce ancora più dolorosa, purtroppo poi rivelatasi fondata, dell’assenza della coreografia iniziale in onore del centenario a cui i ragazzi della curva hanno lavorato per tutta la settimana. Il motivo? L’obbligo di autorizzarla presso le autorità, opzione che gli ultras biancoblu non hanno mai considerato per una bandiera o uno striscione, figuriamoci per un’intera coreografia.

Tuttavia, nonostante queste tristi notizie, fin dal giorno antecedente la partita si percepisce un’aria comunque positiva e in città sembra essere ritornata quella voglia di voler parlare di Cavese anche tra chi ultimamente, per varie circostanze susseguitesi nel corso degli anni, si era allontanato dalla casacca biancoblu.

Giunta finalmente domenica, giorno per me sacro e non certo per motivi religiosi, mi appresto a raggiungere prima del solito l’impianto di Corso Mazzini e alle 14.00 in punto sono già sulla pista del Lamberti. La situazione appare molto tranquilla tant’è che solamente mezz’ora dopo lo stadio inizia ad animarsi e a riempirsi.

La curva di casa ha polverizzato i soli 700 biglietti disponibili per il proprio settore che, come da inizio anno, è in parte chiuso per dei lavori fantasma in vista delle Universiadi. In ogni caso, già durante il riscaldamento iniziano a rimbombare cori d’incitamento e poco prima delle 15 fanno il loro ingresso in curva nord anche i circa 20 catanesi che, con alcune pezze ed un bandierone, provano a farsi sentire anche pizzicando in più occasioni i locali. Il loro incitamento sarà piuttosto costante durante l’intero arco dei 90 minuti.

All’entrata in campo dei calciatori delle due compagini, gli spettatori appaiono più numerosi del solito e in effetti vengono registrate quasi tremila presenze ed anche la tribuna si mostra particolarmente accesa.

La Curva Sud, come preannunciato, è completamente spoglia: né una bandiera né uno striscione ma un’unica pezza al centro contro le forze dell’ordine, mentre dietro viene realizzato un grande muro attraverso una stupenda sciarpata. Da questo momento in poi il tifo risulta davvero incessante, nonostante la Cavese vada doppiamente in svantaggio.

La squadra ospite, pur senza strafare, riesce a siglare due gol che fanno esplodere di gioia i propri sostenitori e pregustare loro tre punti importanti. La Cavese però continua a macinare gioco e azioni da gol e sospinta senza tregua dai suoi tifosi riesce a siglare, venti minuti prima della fine, il gol del 2 a 1.

Quello che prima era un ambiente carico si trasforma in un vero e proprio inferno, con gli undici aquilotti che provano a scardinare ancora una volta la forte difesa etnea e gli ospiti che invece vacillano di fronte a tali sortite. Così accade che nel secondo minuto di recupero, il giovane centrocampista della Cavese Nunziante viene atterrato in area di rigore: per l’arbitro non ci sono dubbi, è penalty. Urla di gioia e timori si susseguono fino a quando l’intramontabile capitano Claudio De Rosa, con i suoi 37 anni di età, spiazza il portiere siciliano facendo venir giù letteralmente lo stadio. L’intera squadra, panchina compresa, si reca sotto la Sud ad abbracciare i propri sostenitori che, aggrappandosi in decine sulle reti di recinzione, esprimono tutta la loro felicità e poco dopo si immedesimano in un “Dale Cavese” davvero da brividi.

La partita termina così, con un punto che sa di vittoria per gli aquilotti e di beffa per il Catania ma anche con la consapevolezza, da parte del popolo biancoblu, di poter ancora acciuffare i play off nell’ultima trasferta stagionale in quel di Bisceglie.

Vincenzo Amore