Quando circa quindici anni fa mi appropinquavo al mondo del tifo organizzato, nonché a vivere lo stadio in un certo modo e con “altri” occhi, mi rimase impressa una frase che tutt’ora, di rado, riaffiora nella mia mente. Era la stagione 2009/2010 e a pochi minuti dall’inizio del match tra Cavese e Real Marcianise dell’allora Prima Divisione, fece capolino in Curva Sud uno striscione, per il me al tempo, abbastanza enigmatico: “tra fumo, boati e colori… clandestinamente ultras!” Ricordo, infatti, che più volte mi interrogai sul significato dell’avverbio “clandestinamente” perché, se è pur vero che molto spesso le curve tendono ad adoperare slogan semplici, ridondanti e poco originali, ero convinto che quel pezzo di carta alzato al cielo volesse alludere a qualcosa di ben più profondo e significativo. Erano quelli gli anni della neo-tessera del tifoso e dei primi “esperimenti” di settori chiusi sulla base di distinzioni territoriali e, ormai, si aveva già la certezza che da lì in avanti l’industria sempre più redditizia e “sporca” del calcio professionistico, si sarebbe evoluta (o se preferite involuta) in quel sistema che costituisce l’arida normalità attuale: partite giocate a qualsiasi orario e giorno, società italiane in mano a fondi e/o proprietari internazionali, aumento vertiginoso del mercato dei calciatori e dei rispettivi ingaggi, fino ad arrivare alla novità delle squadra B e allo spettro, per quanto sottaciuto, del calcioscommesse. Eppure, sebbene ne sia passata di acqua sotto i ponti, dinanzi a questo repentino ed inesorabile cambiamento permangono tifoserie che, al netto della rassegnazione che alberga nei cuori e nella mente dei normali tifosi e fruitori degli stadi italiani, continuano ad essere ancorate a certe tradizioni, a certi ideali e a quella clandestinità di cui parlava lo striscione succitato. Cava de’ Tirreni è, certamente, una di queste. Ho appreso, infatti, che la clandestinità a cui si alludeva, si concretizza nella ferma volontà di non chinare la testa dinanzi a determinate imposizioni, nel far sventolare senza alcun permesso una semplice bandiera e nell’andare in trasferta, ove possibile, sprovvisti di una triste card plastificata recitante i propri dati anagrafici. Certo, qualcuno potrebbe asserire che tutto ciò, nel 2024, altro non è che una incessante quanto anacronistica battaglia contro i mulini a vento, ma chi siamo noi per dire se valga o meno la pena opporsi? Ma soprattutto perché mai mettere in discussione chi, nonostante tutto, è ancora disposto a lottare contro un sistema sempre più distante dalla gente e dalla passione popolare, principi un tempo cardini attorno a cui ruotava lo sport del calcio?

È evidente allora, sulla base di questa lunga premessa, come la partita di quest’oggi costituisca una sorta di summa di quanto detto fino ad adesso, anzi un vero e proprio scherzo del destino giacché la Cavese sfida la Juventus Next Gen, emblema della rivoluzione del calcio moderno ormai concretizzatasi negli ultimi anni. La gara in programma, tra l’altro, è prevista per le ore 15, orario che ad oggi, anche in terza serie, sembra sempre di più una rarità considerando i numerosi anticipi e postici che settimanalmente si susseguono.

La partita è ovviamente inusuale, sebbene non sia la prima volta che i metelliani affrontano i bianconeri in termini assoluti: nel remoto 1980, infatti, la Cavese ospitò nell’allora “Santa Colomba” di Benevento la stessa Juventus in una sfida di Coppa Italia. Altro calcio, altri tempi e altre storie. Oggi, invece, la realtà e la classifica dicono tutt’altro: a dispetto di quanto si potesse pronosticare, la seconda compagine della “Vecchia Signora” staziona nelle ultime posizioni, mentre la neopromossa Cavese è alla ricerca di punti preziosi per scongiurare eventuali play-out e blindare, quanto prima, una preziosissima salvezza.

Alle ore 14.30, quando giungo sul prato dello stadio “Simonetta Lamberti”, l’atmosfera non si presenta di certo elettrizzante; la forte pioggia che si è abbattuta sulla valle metelliana ha inevitabilmente condizionato l’affluenza, cosicché il numero degli spettatori, se confrontato con le gare precedenti, è sicuramente più basso. Volgendo lo sguardo verso la curva sud, inoltre, si ha un’ulteriore conferma di come l’incontro di questo pomeriggio abbia un sapore o meglio un senso particolare. Già fuori dall’impianto di Via Mazzini, infatti, mi accorgo della presenza di decine di manifesti volti a sensibilizzare anche i meno esperti sulla completa inutilità delle squadre B e a denunciare i mali che, da tempo immemore, affliggono il calcio italiano. Per questo motivo, all’ingresso dei ventidue sull’inzuppato terreno di gioco del “Lamberti”, la “Curva Sud Catello Mari”, privata volontariamente delle consuete bandiere, alza una serie di striscioni in segno di protesta. La lista è lunga: società straniere, carta del tifoso, pay-tv, caro-biglietti, ingaggi milionari, plusvalenze, calcio scommesse, squadre B… Il tutto è poi incorniciato da una frase a dir poco significativa: “Il calcio della gente e delle emozioni cancellato dalla vostra pioggia di milioni, via i mercanti dal calcio!”. Da questo momento, dopo aver sventolato e poi lanciato ironicamente in aria bigliettoni da 500 euro, il settore caldo si cimenta in un tifo e in una contestazione continua. Non a caso, infatti, vengono gettate decine di torce sulla pista di atletica e in campo e, soprattutto, si invoca a gran voce la libertà delle trasferte. Questo perché i tifosi cavesi, su ben nove partite disputate lontane dal proprio stadio, solo in un’unica occasione hanno avuto la possibilità di essere presenti. Una situazione paradossale che oramai va avanti dalla fine di agosto e che costituisce, a tutti gli effetti, un unicum in Italia e non solo. Dinanzi a queste costanti imposizioni, inoltre, la stessa società metelliana è apparsa un po’ troppo silente tant’è che non c’è mai stata una convinta presa di posizione contro tali divieti e la medesima cosa vale per la dormiente amministrazione comunale. Fatto sta che gli unici a essere penalizzati sono tutti coloro che vorrebbero fare qualcosa di così semplice, eppure attualmente così utopistico: viaggiare e seguire la propria squadra del cuore.

Volgendo gli occhi al prato, invece, il match si rivela particolarmente combattuto ma privo di grandi emozioni; la Cavese arrembante che solo una settimana fa aveva tenuto testa al Catania, si presenta alquanto remissiva e viene schiacciata dalla manovra torinese. Nel secondo tempo così è proprio la Juventus a passare in vantaggio e a nulla varranno i numerosi tentativi dei biancoblu i quali, complici gli errori grossolani sotto porta, subiscono una cocente sconfitta. La pessima prestazione aquilotta, condita dalle solite difficoltà a trovare la rete, determina, al triplice fischio, dei sonori fischi da parte di tutto il pubblico. Nel frattempo la pioggia aumenta di intensità, il cielo diventa sempre più cupo e, tra lampi e tuoni, la squadra di casa si reca sotto la sud a porgere le proprie scuse. Risultato? Invitati “gentilmente” ad andare via e, dulcis in fundo, un colorito coro contro la Lega.

Si chiude in questo modo una domenica sicuramente particolare dove, tra le tante incertezze che attanagliano il calcio italiano futuro, rimane, almeno dentro di me, una sola grande convinzione: la Cava de’ Tirreni ultras continuerà imperterrita ad andare avanti nella sua battaglia, “tra fumo, boati e colori” e sotto qualsiasi temporale, reale o metaforico che sia…

Vincenzo Amore