Cava de’ Tirreni è uno di quei posti che, quando si parla di tifo organizzato, per forza di cose balza quasi sempre agli onori della cronaca. Per la sua fedele appartenenza, per un modo di concepire la curva e l’ultras che da sempre “spacca” all’interno del movimento – tra critici e innamorati – e per il connubio indissolubile creato tra l’immagine iconica della squadra e la sua gente.

Cava, dopo vari tentativi, sta vivendo un’annata importante. Il primo posto in campionato fa sognare il popolo blufoncé, che dopo tempo immemore spera di festeggiare la vittoria di un torneo e riassaporare il professionismo. Ciononostante gli aquilotti non sono finora riusciti a dare una spallata decisiva alle altre sfidanti e, di conseguenza, il girone H si è delineato come uno dei più combattuti e avvincenti di tutta la Serie D. Una contesa che si svolge sulla direttrice Puglia/Campania, portandosi dietro una serie infinita di rivalità storiche, polemiche e gare giocate al cardiopalma.

Al Simonetta Lamberti arriva il Nardò, altra compagine che ha scritto varie pagine memorabili del calcio “minore” e che ha disputato l’ultima stagione in C nel 2001/2002, retrocedendo in seguito ai playout persi proprio contro i metelliani. Anche i granata si ritrovano dopo tantissimi anni impegnati in una lotta per un traguardo importante. E l’aver mangiato fango stagione dopo stagione, l’aver affrontato trasferte in numero risicato pur di onorare il nome dell’antica Neretum ovunque, e l’esser comunque rimasti una tifoseria dai numeri importanti tra le mura amiche, ha fatto sì che l’interesse attorno al Toro non si affievolisse mai. Non è una sorpresa, quindi, apprendere che in fase di prevendita fossero stati staccati tutti i 250 biglietti disponibili.

Nota a margine: siccome le autorità competenti (sic!) non debbono mai far mancare il loro malefico zampino, persino in questa gara dallo storico del tutto nullo fra le tifoserie, ha conosciuto la mannaia repressiva: in settimana si è ben pensato di stoppare la fase di prevendita per diminuire i tagliandi a disposizione dei salentini e limitarli, per l’appunto, a 250. Inutile commentare scelte costruite sul nulla e dettate dalla sola voglia di scoraggiare i tifosi a viaggiare, prendendosi meno responsabilità possibili anziché garantire regolare servizio d’ordine e gestire con professionalità un evento pubblico. Parole al vento!

Volendo arrivare a Cava non a ridosso del match e dovendo districarmi tra gli orari festivi dei treni, da Roma sono costretto ad “allungare” per poi tornare indietro. Vale a dire Intercity fino a Salerno e poi Metropolitano per Napoli che, lasciandosi dietro la visione del Golfo e di Vietri, mi porta a destinazione in breve tempo. La giornata non è fredda e il cielo sembra tutto sommato tenere. Il corso è così preso d’assalto dalla più classica delle passeggiate italiane della domenica, con famiglie che si apprestano a festeggiare l’imminente carnevale e bambini imprigionati in maschere dal sapore regionalistico o che richiamano ad eroi moderni. Mentre qualche manciata di coriandoli vola all’impazzata. Qualcosa di dolcemente invariato anche rispetto alla mia infanzia!

Ma oggi, per l’appunto, è anche e soprattutto il giorno del big-match. E oltre al clima carnascialesco qua e là spuntano maglie e sciarpe della Cavese, segno evidentemente che gli spalti del Lamberti registreranno un’ottima affluenza. Manco a dirlo, l’impianto metelliano deve fare i conti con le carenze strutturali che ormai da diversi anni gli costano un’importante riduzione della capienza, in linea con quanto succede praticamente nella maggioranza degli stadi italiani. Se da una parte c’è ovviamente logica nel considerare vetusti e potenzialmente pericolanti moltissime arene del football nostrano, dall’altra spesso e volentieri sembra celarsi dietro queste restrizioni la volontà di scoraggiare il pubblico di cui sopra, oltre a una sorta di ipocondria da sicurezza che ha ormai fagocitato tanti aspetti e tante funzioni di questo Paese.

Alla fine saranno circa 3.000 gli spettatori presenti, un numero di tutto rispetto sia chiaro. Appropinquandosi allo stadio si ha sempre la netta percezione di quanto l’idea di comunità legata alla squadra di calcio sia importante e sentita a queste latitudini. Una serie di murales fanno da contorno al vecchio e sempre affascinante Lamberti, mentre i ragazzi della Sud sono intenti a guadagnare gli ingressi per sistemare tutto il proprio materiale e preparare le proprio ugole al tifo.

Va ricordato – tanto per contestualizzare – che qua siamo a pochi chilometri dall’odiata Salerno, che vive probabilmente il suo miglior momento calcistico della storia, e a poco meno di un’ora da Napoli. Colosso che non avrebbe neanche bisogno di approfondimenti, ma che ovviamente quest’anno più che mai è in grado di conquistare cuori e simpatie di grandi e soprattutto bambini, appassionati di calcio. Quindi neanche se ti chiami Cavese, hai un passato glorioso e una storia di curva tra le più importanti d’Europa, puoi ignorare questi aspetti e non concentrarti sui risultati del campo che – piaccia o meno – sono fondamentali anche per la vita e la sopravvivenza degli ultras. I ragazzi della Sud lo sanno e mai come oggi spingono affinché gli uomini di mister Troise spicchino definitivamente il volo verso quella Serie C persa due anni fa.

Guadagnata la pista d’atletica rivolgo il mio primo sguardo alle due tifoserie, presenti al gran completo nei rispettivi settori. I neretini sono già impegnati a far sentire la propria voce, per quella che dopo tanti anni torna a essere una trasferta partecipata e piena d’orgoglio. Mentre gli ultras campani si stanno preparando per l’ingresso in campo, che vedrà scendere un telone raffigurante un aquilotto e “piovere” sul tartan migliaia di quadratini bianchi, per comporre la classica cartata, colorata ovviamente anche da diverse torce. Muro di sciarpe biancogranata, invece, nel settore opposto: i neretini danno così il benvenuto alla propria squadra. Nel complesso due grandi classici del repertorio italiano che fanno sempre la loro gran figura!

Ora, atteso che la partita finirà 0-0 e a livello di spettacolo sarà a dir poco soporifera e deludente (se un ragazzino dovesse appassionarsi al calcio dopo questo genere di partite, probabilmente si darebbe a qualsiasi altro sport), veniamo al confronto curvaiolo. Faccio questa premessa: dai cavesi uno si aspetta sempre il 150%, perché ne conosce le infinite capacità e perché sa quanto siano capaci di dar spettacolo al netto di tutte le loro potenzialità. Ecco, oggi forse quel 150% non è quasi mai venuto fuori, ma la loro resta comunque una performance di alto livello. Parliamo di una curva che si produce in manate granitiche, in cori tenuti a lungo e con una discreta intensità, in pirotecnica mostrata sempre con una certa costanza e in una sciarpata finale che sulle note della colonna sonora de “L’ultimo dei Mohicani” lascia sempre incantati.

E poi c’è il pensiero, l’idea. Il modus vivendi che riscontri negli striscioni esposti, in quello – ad esempio – che ricorda a tutti la vergognosa invenzione della rivalità con i materani per vietare la trasferta, una settimana prima. Io credo che sia sempre troppo facile vedere una curva, giudicare bene o male la sua prova canora e chiudere là il discorso. Dietro un settore, dietro i suoi striscioni, c’è sempre un mondo che va quantomeno intuito, se non proprio conosciuto, per poi avere un giudizio più completo e veritiero.

E i neretini? Beh, su di loro cosa dire? Oltre a confermare quanto di buono visto nel match interno contro il Barletta, posso solo fare i complimenti per la presenza e per la prova di tifo. Novanta minuti con due bandieroni sapientemente piazzati ai due estremi del contingente, lanciacori in zona centrale a coordinare il gruppone, due sciarpate, manate poderose e tanta voce. La provincia italiana merita solo rispetto e si conferma la base imprescindibile del nostro movimento. Guardo i ragazzi di Nardò e vedo una giornata che in parte premia il sacrificio di chi in questi anni ha macinato chilometri appresso al Toro. Ma soprattutto vedo un’impronta davvero importante in chiave ultras. In una città che conta circa trentamila abitanti non è per nulla scontato mantenere viva la fiamma curvaiola malgrado delusioni e anonimato sportivo perdurino da anni. Per farla breve: quella dei salentini non è stata la classica trasferta “occasionale” in cui viene tanta gente giusto per l’evento importante, semmai è stata la testimonianza di quanto la tradizione ultras sia radicata in città e di quanto all’evenienza Nardò sia in grado di dimostrarsi sempre all’altezza.

Quando l’arbitro sancisce la fine delle ostilità gli altri risultati del girone fanno sì che tutte le distanze in classifica restino invariate. Le due squadre si portano sotto i rispettivi settori a ricevere il calore del proprio pubblico. La Sud, come sempre, mette in scena un degno spettacolo per il “terzo tempo”, con cori goliardici e di sostegno ai propri calciatori. Poi lo stadio si va man mano svuotando. Tutto tranne lo zoccolo centrale del settore metelliano, dove si continua a rumoreggiare. Lascio così il Lamberti, con l’immagine dei cavesi sovrastati da Monte Castello e dalla sua imperiosa fortificazione. Un binomio che idealmente ci ricorda come la retorica cavalleresca voglia, fra i propri obiettivi, sorvegliare e difendere la città e tutte le sue più antiche tradizioni.

Un’immagine che si spegne solo lentamente, con il passare dei chilometri e l’incedere del treno verso nord. Riportandomi a casa dall’ennesima giornata di stadio che ha lasciato nel mio corpo e nella mia mente il classico profumo di questo mondo che, con tutte le sue contraddizioni, sa andare oltre i confini e le differenze per arrivare dritto al cuore e raccontarci sempre una storia nuova.

Simone Meloni