Nel bello (ma impossibile, causa divieti) scenario del Girone C va in scena l’interessantissimo posticipo del venerdì tra Cerignola e Altamura. Una sfida inedita per la terza serie professionistica, che tuttavia mette al confronto due società sane e ambiziose, nonché due tifoserie divise storicamente da una marcata antipatia. La lingua di autostrada che sormonta la dorsale appenninica, scavallando dal Tirreno all’Adriatico, è per lunghi tratti segnata da una pioggia battente. Acqua che fortunatamente va scemando appena il paesaggio digrada verso la Daunia, col cielo che mostra persino qualche stella. Dopo Candela è veramente poca la strada per arrivare a destinazione e il discreto anticipo sul fischio d’inizio fa sì che i cancelli del Monterisi siano ancora chiusi. Malgrado un fastidioso vento decido di ingannare il tempo con un giretto nel centro cittadino, dove il “classico” stuolo di vecchietti è impegnato a giocare a carte e lanciare improperi in dialetto nei vari bar dislocati tra il duomo e lo stadio. Cerignola con i suoi sessantamila abitanti è uno dei centri più grandi della provincia di Foggia, sebbene stia conoscendo la sua gloria calcistica solo negli ultimi anni, grazie all’avvento della famiglia Grieco al timone della società e alla relativa scalata in C, con campionati sempre competitivi e di livello. Un sodalizio fortemente legato al territorio, che alla guida dei gialloblù ha creato un importante equilibrio, restituendo alla città sia un’importante stabilità sportiva che strutturale, basti pensare al rifacimento dello stadio, attualmente davvero a misura d’uomo e ben fatto per il calcio.
Al cospetto dei padroni di casa si presenta quell’Altamura anch’essa espressione dell’economia e dell’imprenditoria locale, grazie all’impegno di numerosi soci che negli ultimi anni ne hanno costruito le fortune fino allo storico salto in terza divisione. Questo confronto – al di là del discorso sul tifo – ribadisce ancora una volta come investire sulla propria terra e sulle proprie eccellenze, non sia per forza di cose una perdita di tempo e denaro, ma finisca – talvolta – per creare un piccolo e medio indotto, facendo anche avvicinare nuove e vecchie generazioni a qualcosa di più identitario rispetto al classico, unico e “grigio” sostegno delle grandi squadre di Serie A. Lo “Gnola” occupa le prime posizioni del campionato, forte di una rosa competitiva e in lizza tra le aspiranti alla vittoria finale. La prima – e ultima – volta che ho messo piede al Monterisi, i locali erano impegnati contro la Nocerina in Serie D, in un match disputato in infrasettimanale, con lo stadio quasi pieno e gli ofantini a un passo dalla promozione, che sarebbe poi arrivata qualche giornata dopo. Stasera il numero dei presenti è nettamente inferiore (circa 2.000), un po’ per la “minore importanza” dell’evento, un po’ per la gara disputata in notturna e di venerdì, ma un po’ anche perché le scalate producono entusiasmo inevitabile, gli “assestamenti” tendono, di contro, a scremare quella fetta di gente che viene richiamata dalla collettività e dalla sua euforia. Non è un caso, ad esempio, che negli ultimi anni spesso capita di vedere realtà di provincia riempire le gradinate in maniera incredibile quando la squadra riparte dai bassifondi regionali, salvo poi diminuire quando arrivano prestigiose promozioni in C o addirittura in B. Ma è un discorso che si potrebbe estendere anche a quelle realtà che arrivano in massima divisione per la prima volta nella loro storia e, non riuscendo a gestire e incanalare l’entusiasmo, finiscono per dimezzarsi dopo un paio di anni. Sicuramente è anche il frutto dei tempi che viviamo, dove la passione fa fatica a trasmettersi e per molti si tramuta in moda. Non per tutti, per fortuna.
Venendo alla sfida di questa sera: sono duecentocinquanta i tagliandi staccati nel centro murgiano, a testimonianza dell’ottima stagione di cui la tifoseria biancorossa è stata finora protagonista. Malgrado l’impianto cerignolano sia costruito praticamente in centro, la gestione dell’ordine pubblico sembra essere abbastanza capillare. I supporter ospiti, infatti, sono obbligati a lasciare i propri mezzi in un parcheggio posto vicino all’uscita autostradale, venendo scortati da lì fino allo stadio, rendendo veramente difficile (se non impossibile) qualsiasi contatto. Ed evidenziando, ancora una volta, come se si vuol gestire un evento sportivo con le due fazioni, si può fare senza troppi fronzoli, basta puntare su una basilare organizzazione. Sta di fatto che quando manca una mezz’ora al fischio d’inizio, dal muro di cinta del settore ospiti si intravedono gli autobus di linea da cui scendono gli altamurani, entrando alla spicciolata nel loro settore, compattandosi poco dopo i cancelli ed entrando in blocco tra cori e torce. Qualche minuto dopo è il turno anche dei padroni di casa, con la sfida che si accende ancor prima del fischio d’inizio, vedendo come protagonisti i rispettivi gemellati: la Sud, infatti, dedica diversi cori di insulto ai potentini, trovando la risposta dei biancorossi che se la prendono con i barlettani. Dietro di me la tribuna di casa si conferma “grezza” al punto giusto, come avevo già notato un paio di anni fa contro la Nocerina: molti signori attempati dedicano gesti eloquenti agli ospiti e si lasciano andare a vari insulti nel vernacolo locale. Insomma: tutto quello che in uno stadio di calcio vorremmo vedere. Giusto per parafrasare – ma al contrario – i Caressa della situazione!
La musica spacca timpani è ormai una routine consolidata anche in queste categorie e smorza mestamente molti cori delle tifoserie, dando così priorità alle becere hit di “affermati e raffinati compositori” quali Tony Effe, Angelina Mango e tutto lo stuolo di tamarri di cui francamente non conosco il nome e mi auguro in un pronto divieto di esibizione in stile Stato fondamentalista islamico (si scherza… ma manco troppo per chi ama vietare, visto che al Tony di cui sopra è toccata la censura per il concerto di Capodanno).
Poco prima delle 20:30 Cerignola e Altamura fanno il loro ingresso sul manto verde, indossando stranamente divise che hanno, più o meno, i colori sociali dei due club. Cosa sempre più rara nel calcio delle divise dagli abbinamenti cromatici tanto strampalati quanto inguardabili. Gli ultras cerignolani salutano i propri giocatori con una piccola torciata e diversi fuochi d’artificio sparati tra la curva e la tribuna, mentre su fronte murgiano, i presenti alzano come di consueto tutte le sciarpe a disposizione, colorando il settore in maniera impeccabile, anche grazie a qualche flash e qualche torcia. Considerata la penuria folkloristica cui siamo abituati da qualche anno nei nostri stadi, tutto ciò va preso come oro colato. Il confronto tra le due curve è anche l’opportunità di vedere all’opera due modi diversi di intendere il tifo e lo stadio: sicuramente più retrò e tipicamente italiano quello di casa, più di marca “british” quello ospite. Aggiungo che la diversità, in tempi appiattiti e monocorde come questi, è sempre un valore aggiunto.
I supporter dell’Audace si mettono in mostra con cori prolungati e ritmati da un paio di tamburi, colorando spesso il settore con torce e fumogeni e offrendo, complessivamente, una buona prova di tifo. Con picchi che arrivano in concomitanza agli attacchi più decisi della squadra e dopo il gol del provvisorio vantaggio. Quella del Cerignola è una tifoseria che, senza dubbi, in questi anni ha dimostrato una rispettabile e importante costanza, magari spesso non portando numeri elevati, ma presenziando sempre e comunque malgrado i giorni e gli orari davvero impossibili imposti dalla categoria. Queste stagioni positive e di crescita sportiva, saranno fondamentali per la creazione di una base duratura di seguaci e militanti in ambito curvaiolo. Pertanto fa piacere vedere molti ragazzi, a suffragio di come anche a queste latitudini ci sia stato un importante avvicinamento delle nuove generazioni: coraggiose nel tuffarsi in un mondo ultras quest’oggi reso quasi clandestino ma anche desiderose di mettersi in mostra e non vivere solo di storia riflessa. Per quanto riguarda i biancorossi, si esibiscono spesso in battimani e cori a rispondere, avvolgendosi in un paio di occasioni in una coltre rossa creata dai fumogeni e scatenandosi in una bella esultanza al momento del pareggio, che sarà poi il risultato finale. La serata è di quelle che meritano, di quelle che tra tutta la pochezza, i divieti e la noia che imperano nel nostro pallone, ti fanno vivere – almeno per novanta minuti – un po’ di profumo dei tempi passati, dove certi atteggiamenti e certi cori non solo erano la normalità, ma nessuno si offendeva nel sentirli. Come già detto, in diverse occasioni vengono chiamati in causa i rispettivi gemellati e dopo il fischio finale va in scena il consueto terzo tempo, con le tifoserie che restano all’interno dello stadio a offendersi e cantare gli ultimi cori.
Rimango sul terreno di gioco a godermi i titoli di coda dello spettacolo, in un’atmosfera che stranamente non è funestata dagli steward che ti si avvicinano invitandoti a lasciare il campo “perché dobbiamo chiudere”… manco avessero una festa in maschera! Un freddo pungente e fastidioso è calato quando metto via l’attrezzatura e guadagno la via dell’uscita. Vedo gli ospiti fare altrettanto, con la polizia che li invita a risalire sugli autobus, in maniera da riprendere macchine o pullman e tornare verso casa. Un viaggio che, per quanto non impossibile, è più lungo di quanto si possa pensare. Tra le due città, infatti, intercorrono ben centotrenta chilometri. Una distanza che ancora una volta mi ricorda quanto la Puglia si sviluppi in lunghezza. Per gli altamurani, tra l’altro, questa sera è iniziato ufficialmente il conto alla rovescia per il ritorno nel loro stadio: dopo circa tre mesi di gare “casalinghe” disputate al San Nicola di Bari, infatti, la gara con l’Avellino sarà giocata al Tonino D’Angelo, che riaprirà i battenti avendo quasi, incredibilmente, rispettato i tempi di consegna. Per il Cerignola, invece, trasferta a Latina, dove i gialloblù cercheranno di tornare con i tre punti per mantenere il contatto con la vetta e continuare a nutrire il malcelato sogno cadetto.
Simone Meloni