Sono sempre curioso quando in uno stadio che giudico fra i templi del calcio italiano, si approssima una di quelle tifoserie che ho avuto modo di conoscere nella mia precedente vita di militante e che per familiarità sono portato a considerare “umana”; un’entità umana che entra nell’Olimpo dove hanno sfilato gli dei, tutti i mostri sacri di questo sport e tante tifoserie entrate nel mito del movimento ultras italiano. Che poi, parliamoci chiaro, c’è una componente di casualità in tutto ciò, in cui incide sia la città in cui nasci (e le tifoserie metropolitane sono sicuramente avvantaggiate in questo) e sia le fortune della tua compagine. Perché hai voglia a dire, ma se la tua squadra si barcamena nel nulla e il massimo con cui puoi confrontarti è il Pimonte o il Roncofreddo, diventa anche faticoso, se non impossibile crescere adeguatamente. E se Cesena ha accresciuto il suo lignaggio fra gli anni ’70 e ’80 al rango di nobiltà di provincia, raggiungendo persino una qualificazione europea e confermandosi successivamente e più volte in massima serie, anche la presenza in cadetteria della Juve Stabia non è più una novità. Castellammare di Stabia comunque è una città di poco più di 60.000 abitanti, schiacciata fra due ingombranti mostri sacri come Napoli e Salernitana, quindi meriti e demeriti vanno proporzionati anche in base a questo. A differenza di Cesena che può considerarsi una sorta di Nazionale della Romagna e tolta qualche orgogliosa sacca di resistenza, raccolgono proseliti ovunque, sconfinando fin nella provincia bolognese e scendendo giù nell’alto pesarese, accattivandosi simpatie nell’appenino tosco-emiliano e qua e là, anche nel resto dello Stivale.

Ma vogliamo parlare dell’elefante nella stanza? Chiaramente mi incuriosisce anche vedere come gli ultras stabiesi abbiano reagito all’ultimo terremoto che ha portato allo scioglimento degli UJS e a un ampio rimpasto nella “squadra di governo”, per usare un termine politico. Per contestualizzare, alcuni soggetti in vista del vecchio gruppo, avevano impropriamente usato il nome collettivo per far personalmente gli auguri (con un mazzo di fiori e una targa) a un’ispettrice della locale questura promossa ad altri uffici. In quel gioco di ruolo che è il tifo, ci sta che le tifoserie rivali ci abbiano sguazzato, facendosi pesantemente beffe degli avversari. Però da un punto di vista terzo, sarebbe ingiusto far di tutta la curva un fascio e giudicare il valore di un’intera tifoseria solo dalle azioni di qualche suo singolo. Per cui eccoci qua nel tentativo di capire lo stato dell’arte oltre gli steccati del luogo comune.

Pomeriggio tipicamente primaverile e molto piacevole a Cesena dove 12.110 spettatori offrono un colpo d’occhio molto positivo. Incredibilmente carichi fin da subito gli stabiesi, a volergli applicare la chiave di lettura di cui sopra, sembra che covino rabbia e la riversino tutta subito in campo per lavare la recente onta. Sono 825 secondo le stime ufficiali, raccolti dietro una serie di piccole pezze fra le quali si riconoscono quelle degli UCA (Ultras Centro Antico), gruppo preesistente a cui è toccato l’onere del traghettamento in questa nuova fase e le stilosissime produzioni dei DFlaks dedicate alla memoria di Danilo Argine, per tutti DFlaks appunto, deejay, grafico e ultras stabiese di cui tra l’altro, proprio in questi giorni ricorre il triste giorno della scomparsa, occorsa nel 2021. Quello dei DFlaks, per inciso, non è nemmeno un vero e proprio gruppo nel senso stretto del termine, ma una compagnia di amici uniti in un fortissimo ricordo e accomunati dall’amore per le Vespe. Alla sinistra degli UCA anche i gemellati parigini del gruppo K-Soce, presenti sia con una pezza che con un bandierone. Al margine estremo del settore infine, tante altre pezze e striscioni recanti i nomi di città del Centro-Nord che riconfermano una peculiarità delle tifoserie meridionali, irrobustite nei numeri dai loro tantissimi emigrati per questioni lavorative o di studio. Fra le tante, colpisce il particolare dello striscione Swarm Stabia Toscana, caso più unico che raro di una sezione che sopravvive con lo stesso nome anche al suo gruppo di riferimento, in questo caso gli Swarm Supporters, che invero hanno ammainato lo striscione da tempo ma non si sono mai ufficialmente sciolti del tutto.

Passando alla parte opposta, in Curva Mare campeggia l’enorme striscione: “TU, DAL MARE ALLA MONTAGNA, SIMBOLO DI UNA TERRA, ORGOGLIO DELLA ROMAGNA” dietro il quale, la solita sciarpata sulle note di “Romagna Capitale” colora di bianconero lo stadio, in anticipo di qualche minuto sul calcio d’inizio. In realtà il grosso striscione annuncia una coreografia che verrà solo dopo, messa in scena quando effettivamente i ventidue scendono in campo, grazie a un mare di cartoncini bianchi recanti il cavalluccio all’interno di uno scudo. Copertura abbastanza uniforme sia sopra che, tutto sommato, anche nel settore sottostante e ottima la riuscita. Quella cesenate è una tifoseria molto tradizionalista, improntata sul classico tifo all’italiana fatto di bandiere e fumogeni, senza stupire con effetti speciali che potrebbero sfuggire di mano, ma se è vero che “less is more”, tante volte si rischia di semplificare troppo. Non questa volta, non in questo caso. Bravi, nulla da dire e una nota di encomio la meritano anche i distinti per il solito bandierone copricurva, che riaprono per festeggiare l’anniversario della promozione in Serie B, avvenuta l’anno scorso proprio in questo periodo, augurandosi al contempo di poter prima o poi festeggiare il tanto agognato ritorno in Serie A.

Quando giunge il fischio dell’arbitro Marcenaro di Genova, gli stabiesi fermano i motori fin qui ruggenti. In un silenzio protratto per tutti i primi minuti, in segno di cordoglio e rispetto, alzano uno striscione per il piccolo Diego, 14enne tragicamente scomparso per un malore, figlio di un noto ultras della Curva B napoletana, tifoseria con cui sono legati da un rapporto di amicizia. Ammainato lo striscione, si alza un bel tappeto di sciarpe gialloblù al coro “Ricordo quand’ero bambino…”. Mi impressiona molto la forza dei cori ospiti, davvero notevoli, ma questa volta è bello, rispetto ad altre in cui soffriva molto avversari particolarmente veementi, che i cesenati tengano molto bene, soprattutto con “Romagna e Sangiovese”, ribadendo il positivo trend di forma dell’ultimo periodo, forse non con gli stessi picchi raggiunti contro lo Spezia ma due spanne sopra rispetto alla parte centrale di campionato, dove faticavano non poco a imporsi.

Il tipico abbrivio dei primi dieci-quindici minuti di gara viene prolungato positivamente da entrambe le tifoserie. Folti, partecipati e molto belli i battimani dei padroni di casa fra i quali, deposto il grosso striscione nero usato per la coreografia, si vede lo striscione che annuncia al loro fianco la presenza dei fratelli mantovani, che avevano già giocato e vinto il giorno prima in casa l’importante sfida salvezza contro il Südtirol. Superlativa la risposta campana che alimenta un confronto veramente molto interessante. Intorno al ventesimo, nella parte destra del settore, in virtù della summenzionata ricorrenza, viene aperto uno striscione per ricordare Danilo ed è bello pensare che dall’alto ci abbia voluto mettere una mano, visto che dopo pochissimo la Juve Stabia trova la via della rete grazie a un’improvvida deviazione di Mangraviti nella propria porta.

Il ripetuto “Mi sono innamorato del magico Cesena” è la chiave che i coristi usano per tenere tutti uniti e non sfilacciarsi troppo, dopo questo colpo basso al proprio entusiasmo. Il vantaggio però fa propendere la bilancia verso gli stabiesi i quali, dopo lo sfrenato boato di esultanza, fanno vedere un po’ di pirotecnica oltre ai tantissimi bandieroni che, come da inizio partita, continuano a sventolare letteralmente sempre, chiudendo il cerchio di una prova importante anche in termini di colore.

Verso la mezz’ora buon break dei bianconeri (“E facci un goal e dai Cesena facci un goal”) che sembra quasi contagiare tutto il resto dello stadio, anche se di lì a poco si capisce che la gente che si sbracciava in maniera forsennata nei distinti, stava solo cercando di richiamare l’attenzione per un tifoso colpito da un malore. Si fermano tutti in silenzio e con molta maturità per facilitare i soccorsi, poi per fortuna tutto rientra con gran sollievo e grandi applausi dei presenti tutti, indistintamente.

La fase finale della prima frazione è appannaggio dei romagnoli (“Quando al ciel s’alzeranno le bandiere” e la loro personale cover de “La Colejala” sono i loro pezzi migliore) mentre gli ultras della Juve Stabia sbagliano forse a insistere troppo a lungo con lo stesso coro, cosa che porta a perdere un po’ di amalgama, anche se verso gli ultimi minuti risalgono parecchio di tono e fanno vedere un altro po’ di pirotecnica sparsa.

Se la prima frazione si era chiusa con l’omaggio ai gemellati mantovani presenti quest’oggi, la ripresa comincia invece con quello ai diffidati. Viene invece messo per iscritto l’invito a non mollare per Mika, evidentemente un gemellato di Stoccarda, considerando che lo striscione è scritto in tedesco. Inizio di secondo tempo complessivamente tutt’alto che roboante (anche gli ospiti partono al piccolo trotto con ritornelli ritmati dal tamburo), ma positivamente in controtendenza rispetto al solito, allorquando i più si attardano al bar e ci vogliono sempre una buona decina di minuti per vedere le due tifoserie di nuovo a pieni ranghi e cantare a pieni polmoni.

Intorno al 52′ in zona Gioventù Bellariese appare uno striscione per il compianto ex Mad Men Daniele Magnani, per tutti Gagio che, come quello in memoria di Dflaks nel primo tempo, annuncia un goal ma purtroppo per loro funziona in maniera inversa, visto che è di nuovo la Juve Stabia con Adorante a trovare il raddoppio. Se ovvia è l’esultanza ospite, i cesenati pur tramortiti trovano le forze per riaversi e alzare un coro per lo stesso Gagio. Anche capitan Prestia e compagni non perdono tempo a commiserarsi e grazie al subentrato Tavsan in gran spolvero, cercano di rimettere in discussione la partita. Ci riescono a stretto giro con il tanto atteso ritorno al goal di Shpendi che, oltre a riaprire la contesa, aggiunge forza alle corde vocali della propria tifoseria.

Il Cesena decide finalmente di esercitare la legittima superiorità territoriale che competerebbe ai padroni di casa, ne guadagna anche la Curva Mare talvolta appoggiata da qualche battimano d’accompagnamento del resto dello stadio. Nel mentre gli stabiesi sembrano quasi soffrire per la squadra e con la squadra, che comunque si difende con abbastanza ordine: puntano più su cori ritmati ma perdono qualcosa in partecipazione e irrimediabilmente anche in potenza. I cesenati parallelamente all’atteggiamento positivo del proprio undici, alternano una serie di buoni cori secchi e anche più melodici di buona fattura, allietati a loro volta da un po’ di pirotecnica, sempre clandestina e circoscritta, che di questi tempi, a momenti si rischia quasi più per un fumogeno che per una rapina.

Bisogna arrivare fino al 77′ per sentire UCA e soci rialzare la voce in tono perentorio, prendendo forse per la prima volta nella ripresa il dominio totale della scena. In un momento delicato, hanno l’intelligenza e la capacità di stringersi ai propri ragazzi in campo e dar loro forza per non cedere spazi agli avversari. Mettono a segno una serie di cori veramente potenti e ben eseguiti, fra bei battimani e bandiere sempre al vento, che li riportano sugli stessi standard degli inizi pur senza mai raggiungerli del tutto. Se ci fossero riusciti, sarebbero entrati di diritto fra le migliori tifoserie viste al “Manuzzi” negli ultimi anni, ma nonostante tutto sono di sicuro la migliore vista in questo 2024-25. “Cesena mio unico amore…” è il modo con cui i cesenati tamponano con successo, avrebbero forse bisogno di un sussulto da parte della squadra per sopravanzare di nuovo i dirimpettai, ma di minuto in minuto la gara scivola via stancamente e senza novità.

Nel confronto fra le due matricole terribili di questo campionato, la spunta di misura la Juve Stabia che vede sempre più concretamente il sogno proibito della Serie A, da giocarsi in quella assurda lotteria che sono i playoff. Non è ancora tagliato fuori da questa prospettiva nemmeno il Cesena, seppur da una posizione molto meno vantaggiosa, e per quanto volare in alto con la fantasia sia più bello, non bisogna nemmeno dimenticare da dove si partiva, da quel bruciante fallimento, e dove finalmente si è ritornati, imponendo la propria presenza con una salvezza raggiunta in scioltezza e a cui manca solo la benedizione della matematica. Tutto quel che viene di più è solo guadagnato e il meglio, per una compagine di tale tradizione, deve ancora venire se si ha pazienza di aspettarlo.

Matteo Falcone