Sono particolarmente soddisfatto quando, come non sempre mi capita, ho modo di accomodarmi in tribuna stampa con una postazione computer a mia disposizione e prendendo appunti già durante la partita, su cori e momenti salienti, mi ritrovo con lo scheletro dell’articolo già pronto, a cui mancherebbe solo un po’ di amalgama prima di una veloce pubblicazione. Questo fino a quando non mi va in crash il programma di videoscrittura e io che ho la memoria più volatile del benzene, non mi preoccupo di ripristinare alla successiva riapertura perché: “tanto salvo sempre tutto”. Certo, come no!
Pagato dazio per l’ennesima volta alla mia leggerezza, provo a ripartire dall’inizio di questo Cesena-Spezia, senza più tutta la precisa scaletta cronologica degli eventi e dovendomi basare per forza di cose solo sulle sensazioni. Arrivando un po’ trafelato al “Manuzzi” (giocare alle 15 di sabato, che è comunque un giorno lavorativo per tanti, non è sempre comodissimo), mi colpisce subito la presenza del servizio d’ordine che giudico sproporzionata rispetto all’evento, ma d’altro canto dopo la figuraccia fatta in occasione di Cesena-Padova di coppa Italia quest’estate, evidentemente la locale questura preferisce abbondare pur di non farsi trovare più impreparata.
Dall’interno gli spezzini già rumoreggiano e ben udibili sono le prime schermaglie fra le parti. A occhio avrei detto meno, ma per non soccombere ancora una volta alle mie lacune, mi affido alle cronache che parlano di 515 tifosi liguri al seguito, nonostante sulla trasferta in Romagna gravasse l’obbligo della tessera del tifoso, limite forse ininfluente per una tifoseria che ha scelto la via della fidelizzazione, ferma restando la lotta all’articolo 9. Sicuramente più preoccupante era l’allerta meteo, per fortuna attestatasi al livello arancione nella città dei tre papi. Nonostante il cielo incomba minaccioso alle spalle del settore ospiti, c’è un piacevole sole primaverile, mitigato da un fresco venticello che aiuta anche a spiegare le bandiere al vento. Guadagnato l’ingresso mi sorprende trovare già le due tifoserie in gran forze numeriche e in forma partita, quando manca ancora quasi mezz’ora all’inizio. Tra i primi buoni cori che si levano, non mancano nuovamente le vicendevoli offese.
Gli spettatori totali sono quasi dodicimila (11.927 per la precisione) e a proposito di cose che saltano subito all’occhio, spicca il rosso dello striscione del Commando Cannstatt 97 dei gemellati di Stoccarda (che hanno anche una pezza nera in ricordo del loro amico Zolli: Du bist immer bei uns! cioè Sarai sempre con noi) e si vede inoltre il famoso teschio con il cappello Panama verde dei Magic Fans di Saint Etienne. Prima che le squadre scendano in campo, si leva come al solito dagli altoparlanti dello stadio l’inno non ufficiale “Romagna Capitale” che, come un riflesso pavloviano, porta tutta la curva a sfilarsi la sciarpa e alzarla al cielo, unendosi alle parole del celebre brano di Raoul Casadei. È un po’ come il “Roma Roma Roma” all’Olimpico e di fronte a uno spettacolo simile non puoi che levarti il cappello e tributar loro un sincero applauso. Specie in un periodo storico in cui tutti gli altri quasi si vergognano a portar le sciarpe, preferendo giocare a imitare gli inglesi in stato comatoso da decenni. A posteriori però mi resta sempre quel retrogusto amaro da un lato per il volume troppo aggressivo, che schiaccia la voce dei tifosi che non riescono a sentirsi se non nelle note più alte della canzone; dall’altro perché sembra sempre una sorta di “estorsione” dall’alto e non qualcosa che parte dal basso, spontaneamente e in autonomia come l’altra classica sciarpata sulle note di “Romagna mia”. Me ne rendo conto, sembrano paranoie complottiste le mie, che basterebbe spegnere (o almeno abbassare) quei dannati altoparlanti per ridimensionare l’americanata e restituire tutto alla dimensione popolare, e mi auguro che prima o poi succeda.
Quando effettivamente le squadre scendono in campo, giusto qualche minuto più tardi, l’impatto visivo scende di un gradino ma l’effetto cromatico complessivo resta molto positivo grazie ai tanti bandieroni di WSB, Sconvolts, Menti Perdute, Gioventù Bellariese, Santarcanzal e tutti gli altri, oltre alle tante altre bandiere di minore dimensione, le bandiere a due aste, le bandierine, ecc. Dalla parte opposta sono solo tre i bandieroni accompagnati da qualche due aste ma ugualmente buono è il colpo d’occhio, favorito dalla pari costanza con cui vengono tenuti su per tutto l’arco della gara. Un altro comune denominatore fra le due fazioni sono i tanti, folti battimani che si susseguono a sostegno di bei cori potenti. La prima parte di gara è la piacevole conferma che cercavo dopo aver assistito a Cesena-Pisa, frangente in cui per la prima volta in stagione avevo trovato davvero convincenti i padroni di casa, davvero meritevoli della categoria nei fatti e nel tifo espresso, e non solo per storia e tradizione che spesso sono un alloro su cui evitare di sedersi. Il dubbio residuo riguardava l’assenza di una tifoseria avversaria con cui misurarsi, visto che in quell’occasione i gruppi ultras pisani avevano disertato di fronte alla pari richiesta della tessera. Questa volta un degno rivale c’è ma la cosa, lungi dallo sminuire la performance cesenate, finisce anzi per esaltarla. La schiera di mani alzate prima che parta un coro è di gran lunga maggiore alle precedenti occasioni, il volume proporzionalmente molto più importante e nondimeno lineare: questo è il minimo che mi aspetto da una tifoseria di questo spessore, questo è ciò che la rende degna di star nel novero delle grandi del nostro movimento nazionale e di sognare con fiducia il giorno in cui potrà di nuovo misurarsi con le grandi piazze d’Italia in Serie A, a maggior ragione che i margini di crescita ci sono ancora e il potenziale umano da sfruttare e coinvolgere non è affatto esaurito.
A rendermi complessivamente soddisfatto del primo scorcio è anche la controparte spezzina che, tolto un centinaio di presenze più marginali e meno interessate al sostegno, si compatta molto bene attorno a una serie di pezze di piccola metratura e dà vita a un’ottima prova corale, incoraggiati dalla loro squadra, terza in classifica, tra le più accreditate alla promozione e che sembra tenere meglio il campo. Rispondono colpo su colpo ai padroni di casa rendendo davvero vivaci i quarantacinque minuti iniziali. Puntano un po’ di più sui cori offensivi rispetto agli avversari ma per quanto non sia un amante del genere, posso dire che non superano il limite dello stucchevole, pensando anzitutto e con impegno allo Spezia. Ho visto altre tifoserie di gran lunga superiori a loro in termini numerici e che anche in termini di potenza erano riuscite ad alzare di più l’asticella, però se hai mille o più persone al seguito è anche più facile, ma se di quelle alla fine sono meno della metà a cantare, è lecito non ritenersi del tutto soddisfatti. Tutto va sempre un po’ considerato in proporzioni.
Fra le note di cronaca del primo tempo va sicuramente segnalato uno striscione a firma congiunta di WSB, Sconvolts e CC’97 Stoccarda con cui si esprime solidarietà ai Magic Fans di Sant Etienne. La Commissione Consultiva Nazionale per la Prevenzione della Violenza negli Eventi Sportivi del Ministero dell’Interno francese li avrebbe convocati assieme all’altro gruppo locale, i Green Angels, intenzionato a scioglierli in maniera coatta come fece anni addietro con i Boulogne Boys del Paris St. Germain e la Brigade Sud del Nizza, possibilità favorita anche dal fatto che i gruppi francesi hanno costituzione formale in associazione, non sono solo delle unioni spontanee e informali come in Italia.
Necessario un ulteriore passo temporale indietro per citare uno striscione dedicato al grande telecronista Bruno Pizzul, voce dei ricordi più belli del calcio italiano scomparso il 5 marzo scorso. Messo per iscritto, l’affetto popolare dei tifosi cesenati ha fatto da rappresentanza di un sentimento diffuso di gratitudine. Paradossale anzichenò che chi si erge a moralizzatore della “feccia delle curve”, non abbia a sua differenza speso nemmeno un minuto di raccoglimento per questo grande protagonista della nostra storia televisiva e calcistica. E fa riflettere, ma anche amaramente sorridere, che prima del calcio d’inizio di questa gara si sia osservato l’ennesimo abusato minuto questa volta dedicato a tale Agabio, presidente della Federginnastica. Che sarà stato probabilmente un gigante nel suo settore ma in quanti conoscevano fra i tifosi di calcio? Azzarderei nessuno se si eccettua chi ha praticato ginnastica. Di fronte a questa ondivaga e ambigua elaborazione del lutto che puzza tanto di esercizio del potere, nei suoi strani equilibri, non me la sento di biasimare chi, come i tifosi del Foggia, ha preso a fischiarli indistintamente tutti dopo che era stato negato loro, allorquando i tre (poi quattro) giovanissimi tifosi rossoneri morirono di ritorno dalla trasferta di Potenza. È invece ancora più forte il segnale dato da cesenati e spezzini che, in quest’occasione, si fermano in un rispettoso e totale silenzio: se chi giudica i tifosi come dei trogloditi si comporta a sua volta da verme spregevole, non è che comportarsi tutti da vermi spregevoli renda migliori di loro. È una trappola mentale difficile da disinnescare e ripeto, non me la sento di biasimare chi risponde fuoco al fuoco, ma di certo l’umanità in risposta alla loro miseria morale li lascia inermi e nudi, senza più alibi per la loro bassezza.
Dopo un primo tempo in cui il confronto è davvero molto interessante, il secondo comincia con toni quanto meno dimessi nel settore ospiti. Un po’ meglio, seppur sempre in calo anche nella curva di casa, che però segna qualche acuto in più e pian piano si stabilizza su un tifo costante e degnamente potente. Il Manuzzi che in altre circostanze sembrava inspiegabilmente deprimersi di fronte alle difficoltà di una squadra comunque neopromossa, questa volta si carica sulle spalle i propri ragazzi in campo, soffiando il pallone verso i loro piedi con la voce dei propri cori. Lo Spezia della promessa Pio Esposito e dell’esperto Lapadula ha visibilmente un altro passo, eppure il Cesena di Mignani capisce che può far male e al 52′ arriva addirittura a bucare la rete avversaria con Calò in mischia. L’esultanza è un liberatorio ruggito di gioia e consapevolezza: squadra e ultras stanno prendendo coscienza che in questa categoria ci possono stare con merito e possono dire la loro con autorità. Peccato che dopo una lunga pausa che è una coltellata al cuore del pathos, la marcatura viene annullata al VAR con l’esultanza che cambia versante, fra gestacci e susseguente ondata di sfottò. Si vede sugli scudi, in questo secondo tempo, anche il gruppo casual dei distinti, come sempre molto motivato quando c’è da stuzzicare avversari, ma che si fa vedere anche in un paio di battimani e cori a supporto del Cavalluccio. Si sentono poco ma ci sono. Il tifo canoro non è la loro prerogativa eppure è evidente che qualsiasi altro confronto li troverebbe ancora più reattivi e pronti. Il messaggio che lanciano fra le righe è immancabilmente questo.
Una buona decina di minuti dopo è ancora il VAR a influire sulla gara, questa volta assegnando un rigore allo Spezia, del quale si incarica proprio Lapadula che se l’era procurato. Due settimane prima era stato Klinsmann junior a neutralizzarne uno alla Salernitana, dando il la alla vittoria bianconera. Dato l’infortunio alla mano del portiere tedesco, tocca a Matteo Pisseri ergersi a stretto giro a eroe per un giorno, respingendo il tiro dagli undici metri dell’attaccante avversario e persino la successiva ribattuta. Un’altra esultanza convinta e poderosa come se si fosse appena segnato un goal. Serpeggia alla stessa maniera la convinzione se non di vincere, sicuramente di giocarsela fino in fondo. Mi piace molto il modo in cui la tifoseria prende per mano la squadra dando vita a una seconda parte di questa frazione decisamente positiva, forse non proprio di pari livello con il primo tempo ma sicuramente sempre continua, caratterizzata dall’eterno sventolio dei bandieroni, da tantissimi cori, con qualche ottimo acuto, battimani fitti e ben ritmati dai tamburi. Sono questi ultimi il segreto delle ultime buone prove? Una ritrovata verve dei lanciacori? Non saprei dirlo con esattezza ma è pacifico che il passo avanti è stato indubbiamente mosso e si spera ne seguano altri. A proposito di lanciacori, confesso con sincerità un’altra sensazione maturata in precedenza: spesso in passato, a rendere meno efficaci le loro pur sufficienti prove canore, c’era quella sorta di “effetto scaletta”, come se venisse seguito un canovaccio di canzoni sempre uguali di partita in partita e a prescindere dai momenti in campo. Questa volta invece ritengo azzeccatissima la lettura della partita da parte dei coristi e la cosa ha influito pesantemente nel dare slancio e concretezza alla Mare. Resta sempre un po’ di rammarico per lo scarso seguito nella parte bassa, esclusi i noti e agguerritissimi gruppi di paese, ma vale anche qui il discorso sul materiale umano da valorizzare e su cui costruire la ulteriore crescita futura.
In questo secondo tempo c’è ancora spazio per un nuovo striscione, sempre a firma congiunta con Stoccarda ma scritto questa volta direttamente in francese, per condannare la “dissolution” intimata dalla politica transalpina verso i gruppi ultras del Saint Etienne. Un successivo messaggio su carta è indirizzato a Palermo, per salutare il ritorno di alcuni UCS dalla diffida e ricordare il compleanno di uno di loro, il compianto Tommaso. E gli spezzini? A differenza dei locali fanno molta più fatica a bissare il buon primo tempo, dopo una lunga fase di carburazione seguita all’intervallo, si fanno vedere con diversi battimani, le bandiere che sventolano sempre e qualche volta riescono anche a farsi sentire bene, trascinati dall’entusiasmo di particolari momenti della gara. Avrebbero potuto fare meglio, chiudendo alla grande i novanta minuti, ma quanto visto è sicuramente positivo e restituisce l’istantanea di una tifoseria in salute. Bene così, d’altro canto non siamo i polacchi e inevitabilmente il tifo italiano è condizionato anche dal punto di vista emotivo, non è solo un meccanico quanto pur potente rosario di cori.
Matteo Falcone



























































