Nutro una certa ammirazione per tutte quelle tifoserie che la geografia della loro esistenza obbliga a salti mortali carpiati ad ogni trasferta. Diventa una sorta di attenuante che mentalmente concedo di fronte a prove non proprio esaltanti sotto il profilo numerico o qualitativo del tifo. Però ad onor del vero, tante volte recito a me stesso questa sorta di preghiera per trovare un minimo di consolazione di fronte a spettacoli di tifo desolanti. Per dirla in tutta onestà, ho visto già altre volte i triestini e non mi hanno mai esaltato o convinto appieno, ragion per cui non ho raccolto con il massimo dell’entusiasmo la prospettiva di andarli a vedere di nuovo in quel di Cesena, per colmare l’assenza del nostro abituale corrispondente dal “Manuzzi”, ma questa volta verrò piacevolmente smentito.

Già dal primo impatto visivo, i triestini mi colpiscono subito: finalmente una bella presenza numerica (163 secondo i dati ufficiali), forse incentivata dalla platea illustre e dal confronto con una tifoseria di tradizione, o forse sono davvero in un momento di buona salute, ma questo lo scopriremo col tempo. Altrettanto positivo è il modo in cui fanno quadrato dietro i loro vessilli, colpo d’occhio poi ulteriormente rinforzato quando decidono di tenere a mano lo striscione “Avanguardia”, che di star sulla vetrata proprio non ne vuol sapere. In seconda battuta, quello stesso striscione viene portato qualche gradino più in alto, per avere la meglio sui cartelloni pubblicitari che ne limitavano la visibilità. L’effetto collaterale è che il gruppo raccolto dietro di esso, finisce in certa misura nascosto sotto l’anello superiore, perdendo in effetto scenico.

A quanto pare, “Avanguardia” va a prendere la rappresentatività e il nome comune che furono di “Curva Furlan”, forse più per scelta estetica e/o unitaria che non per scossoni nelle gerarchie interne, tanto che il riferimento alla curva permane nei loghi laterali dello striscione. Assieme alle pezze, il colore è garantito da una manciata di bandierine, qualche due aste e da una bandiera di misura maggiore, sfoggiate ad inizio partita unitamente a varie sciarpe tese.

Fa capolino anche qualche tricolore, d’altro canto la venatura politica di questa tifoseria, di questa particolare parte d’Italia, nei secoli al centro di varie contese nazionalistiche, non è certo cosa nuova. In linea con l’attuale tendenza generale del movimento, c’è stato un momento in cui il discorso politico sembrava essere stato accantonato per privilegiare quello ultras; al contrario da qualche tempo, si ha la percezione di un ritorno al passato, viste alcune prese di posizione che lasciano poco spazio alle interpretazioni, a cominciare dalle foibe finendo alla promessa di cancellare il 25 aprile dai calendari.

Se proprio nell’ottica della particolarità storico-territoriale di Trieste si può arrivare a capire il punto di vista sulle foibe pur senza necessariamente condividerlo, quello sul 25 aprile non si presta a tante sottilizzazioni. Tale uscita va ascritta alla logica del “difendere il compagno di banco”, nella fattispecie gli “Irriducibili” Lazio che il 24 aprile scorso, alla vigilia della trasferta di Coppa Italia in casa dell’Inter, si presentarono in Corso Buenos Aires a Milano, nei pressi di Piazzale Loreto, con lo striscione “Onore a Benito Mussolini”, sottolineato da saluti romani e dal coretto a ripetere “Camerata Benito Mussolini – Presente!”. I triestini avrebbero potuto, come spesso capita in situazioni analoghe, invocare libertà di pensiero per i propri amici, ma ad una generica rivendicazione “civica”, se possiamo così definirla, hanno preferito farne una sfacciatamente politica, schierandosi senza mezzi termini con i laziali e rincarando addirittura la dose.

Il tifo propriamente detto è positivo. Non ottimo, con diverse pause ma comunque presente e vivo dall’inizio alla fine. In tutte le volte che li ho visti in azione negli stadi della Romagna, è in assoluto la loro miglior performance di sempre. Ad un discreto primo tempo, in cui riescono a tenere degnamente botta nonostante la loro compagine passi in svantaggio praticamente subito, fanno seguire un secondo tempo in cui vanno eclissandosi quasi totalmente, annichiliti poi del tutto dal raddoppio bianconero al 66′ a firma di Borrello che, assieme ad un espulsione di un giocatore giuliano avvenuta tre minuti prima, sembra apporre la definitiva pietra tombale sul match.

Il Cesena però decide di suicidarsi sedendosi sugli allori, e nonostante il doppio vantaggio e la superiorità numerica, riesce in due minuti, fra il 71′ e il 73′ a farsi rimontare da una Triestina che, fermo restando la sua indubbia qualità, aveva faticato alquanto ad imporla fino a quel momento, subendo fortemente la verve romagnola.

Dal gol che accorcia le distanze in poi, il tifo alabardato riacquista forza e continuità, ritagliandosi qualche buon picco di udibilità fra le pause fisiologiche del resto dello stadio, pizzicandosi di tanto in tanto con il gruppo dei Distinti, mentre più neutri saranno i rapporti con la curva di fronte. Un secondo tempo che valorizza la loro prova e il cui entusiasmo non verrà scalfito dal rigore del definitivo 3-2 per i padroni di casa, giunto comunque allo scadere.

Su Cesena c’è poco da dire che i numeri non dicano già in maniera lapalissiana da sé: 8.715 abbonati, nessuno in terza serie, a parte la Ternana con una politica di prezzi ultra-popolari (5 € per l’intera stagione!!!), riesce a mettere insieme questi numeri e nemmeno in tutta la Serie B, Frosinone a parte, c’è una sola compagine che ha superato i numeri della campagna abbonamenti cesenate.

Il colpo d’occhio del Manuzzi è per forza di cose molto positivo, quasi impressionante se ci si ferma a pensare che siamo pur sempre in Serie C e nondimeno colorata e piena si presenta la Curva Mare. Weisschwarz Brigaden e Sconvolts al secondo anello, Viking al primo, unitamente a tutte le altre sigle minori, comprese quelle di quartiere e di paese, tutti contribuiscono ad un tifo che rispetto alle ultime volte in cui ero stato alla Fiorita trovo senza dubbio migliorato, forse anche beneficiando della fine degli antichi veleni con Lugaresi che si trascinavano da un po’ e intossicavano e condizionavano inevitabilmente l’ambiente.

Ad inizio partita ognuna delle varie entità offre il proprio apporto ad una semplice ma piacevole sbandierata, che poi si prolunga anche per il resto della gara, seppur ovviamente la partecipazione non sempre risulta così diffusa. Il colore tocca l’apice in occasione della sciarpata sulle note di “Romagna e Sangiovese”, mentre in diverse occasioni, e sempre nella semi-clandestinità, viene rinforzato da qualche torcia che si accende qua e là nel settore.

Copiose le manate e abbastanza tradizionale il repertorio dei cori che, con il supporto di un tamburo in certi frangenti troppo invadente, si distribuisce in maniera molto continua per tutto l’arco della gara, esercitando quel minimo di supremazia territoriale che si richiede ad una tifoseria che si esibisce fra le mura domestiche.

A parte qualche ripetuto, non ci sono tantissimi acuti dal punto di vista della potenza: se proprio devo trovare un neo, potrei dire che con l’altissimo potenziale numerico a disposizione si potrebbe spingere un po’ di più sull’acceleratore, magari trovando il modo di coinvolgere maggiormente le parti laterali della curva. Questo proprio a voler trovare il pelo nell’uovo, ma tornando al discorso iniziale, ovvero ricordando che siamo pur sempre in Serie C, non si può che levarsi il cappello di fronte a questa signora piazza.

Matteo Falcone