Ormai i tifosi di Roma sono tristemente abituati ai colpi di scena con cadenza semestrale: la discesa negli inferi dell’A2 proprio negli ultimi giorni che dovevano segnare l’iscrizione all’A1 e che invece determinarono il ripescaggio delle rivale di sempre Caserta, il campionato dello scorso anno tutt’altro che edificante, l’onta degli spareggi per non retrocedere persi nel primo turno con Recanati e riacciuffati per i capelli contro Omegna, le controverse legali con il nuovo main sponsor Unicusano (che attualmente ancora non ha sborsato un solo centesimo, con l’ultima sentenza prevista a dicembre), il serio rischio di non iscriversi all’attuale campionato a causa di un ritardo nella presentazione della documentazione, i numerosi infortuni che possono rovinare una stagione sin qui decente a livello sportivo, la possibilità che venga bloccato il mercato per l’affaire Triche (giocatore americano che ha vinto la causa intentata contro la Virtus, “rea” di averlo licenziato per non esser rientrato dopo le festività natalizie qualche stagione fa) mettendo a repentaglio persino l’iscrizione al prossimo campionato (tanto per fare una cosa nuova) e infine l’annuncio del presidente Toti di puntare al ritorno in A1 dalla stagione 2018/2019, quando teoricamente il regolamento dovrebbe cambiare inserendo due o tre promozioni in massima serie rispetto all’unica in palio attualmente.

Ergo: minimo altre due stagioni di purgatorio senza un orizzonte ben delineato. Un limbo pericoloso e avvilente.

Un quadro che attualmente lascia poco respiro futuro e futuribile a buona parte dell’ambiente, il quale giocoforza non può accontentarsi di una qualificazione alla Coppa Italia di A2, che pur rappresentando il giusto premio a un roster che sin dalla prima giornata ha dimostrato di mettere in campo anima e cuore, è pur sempre una competizione secondaria e non minimamente paragonabile alla “sorella maggiore” di A1. Qualcosa di scontato, si potrà dire. Ma è comunque un aspetto sintomatico di tutta la vicenda: l’abituarsi alla mediocrità non può e non deve pervadere il tifoso romano. Un pubblico infarcito di difetti, certamente, ma che in queste due stagioni si è stretto attorno alla squadra senza se e senza ma.

Sebbene il Presidente Claudio Toti nella roboante conferenza di qualche settimana fa non sembra aver carpito questo segnale: “Mi dispiace che il pubblico non superi le 2.000 persone a partita, si potrebbe fare di più con una squadra divertente come quella di quest’anno”. Una frase che punta per l’ennesima volta il dito contro dei tifosi già umiliati da quanto scritto sopra. Un dito che era già stato puntato al momento dell’autoretrocessione: i supporter capitolini, infatti, erano stati inseriti tra le cause di questa scelta. Per la loro propensione al facile borbottio e una freddezza che, per carità, si è spesso palesemente manifestata. Ma diciamo che in questi ultimi 18 mesi hanno pagato fin troppo il loro peccato originale.

E resta tuttavia troppo facile prendersela con loro per una scelta (per delle scelte) che hanno subito passivamente e che non possono assolutamente esser giustificate con i dislivelli umorali della piazza. La politica dello “scarica barile” è stata per troppo tempo alla base di qualsiasi posizione e azione nella Capitale.

Certo, nessuno nega che chi oggi si fa carica della gestione di una società cestistica o comunque non legata al calcio e a tutti i suoi milionari introiti, soprattutto in una città profondamente calciofila come Roma, si trovi a sbattere su un muro non indifferente. Nessuno nega la carenza degli impianti e la scarsa attenzione che tutto l’ambiente romano desta nei confronti degli sport cosiddetti “minori” (anche se la pallacanestro non si può propriamente annoverare tra gli stessi) e nessuno nega, infine, che qualora Toti lasciasse la presidenza sarebbe forse difficile trovare un personaggio in grado di prenderne il posto invertendo la rotta a questa situazione.

Ma tutto ciò non diventi l’eterna scusa per lasciare nella melma la Virtus Roma. Non lo merita la sua storia e non lo meritano i suoi bistrattati tifosi.

Simone Meloni