Lo spazio di fronte Palazzo Santa Chiara, in pieno Centro Storico, è già occupato da due cellulari della Polizia. Una cinquantina di ragazzi, appartenenti a diverse tifoserie, occupano il piazzale chiacchierando e bevendo amabilmente, senza alcun tipo di attrito. Da lì a poco faranno il loro ingresso all’interno della sala dove sta per cominciare il dibattito per la revisione e conseguente modifica degli articoli 8-9 del Decreto Amato. Ci sono diverse sigle dei gruppi organizzati italiani: Brescia, Bergamo, Padova, Varese, Bergamo, Bologna (sponda Fortitudo), Reggio Emilia,  Roseto, Ancona, Benevento, Castellammare di Stabia, Torre Annunziata, Avezzano, Arezzo, Milano, Cava de’ Tirreni, Ascoli, San Dona’di Piave, Genoa, Sampdoria, Venezia, Napoli e tanti altri che forse dimentichiamo.

Sono molti a seguire l’avvenimento in piedi, a causa della ristrettezza della sala. Sul palco apre le danze Claudio Galimberti, al secolo Bocia, storico leader della Nord Bergamasca. Attraverso le sue parole viene ricordato che la tappa di oggi è solamente una delle fermate intermedie che, alcune tifoserie, hanno voluto intraprendere per riuscire a cambiare l’attuale situazione tornando a fare degli stadi un luogo genuino e passionale, come prima degli innumerevoli decreti d’urgenza. Attraverso un comunicato diramato in settimana, si invitava a partecipare, pertanto, tutte quelle rappresentanze che anche nelle precedenti occasioni avevano marcato la propria presenza. A condurre il dibattito è la bresciana Milva Cerveni assieme agli avvocati Lorenzo Contucci di Roma e Giovanni Adami di Udine.

Il primo ad intervenire è Xavier Jacobelli, ex direttore di Gazzetta, Corriere dello Sport e Tuttosport, ed attualmente  a capo di Calciomercato.com, uno dei siti più visitati nel settore. “Ho voluto avvicinarmi ed indagare sul mondo degli ultras – esordisce Jacobelli – semplicemente per svolgere il mio lavoro in maniera obiettiva e consapevole. Ero curioso di capire il perché in una città come Bergamo, dove la maggior parte dei centri di aggregazione sono stati spazzati via, resistesse quello della curva. Un mondo troppo spesso dipinto in maniera negativa dalla mia categoria”. Una specifica a cui segue una considerazione suIl’attuale gestione dei tifosi:  “Il sistema con il quale si gestisce l’ordine pubblico – esordisce Jacobelli –  in Italia, assume sempre più i contorni di una dittatura. E questo non giova assolutamente al nostro calcio. Basta prendere i dati relativi all’affluenza di tifosi negli stadi, negli ultimi anni c’è stato un calo clamoroso. La conseguenza di un determinato modus operandi e di molte scelte scellerate. Dalla tessera a questa ridicola figura della discriminazione territoriale. In Italia abbiamo perso una grande occasione quando ci vennero assegnati i mondiali nel 1990 – continua – invece di utilizzare i fondi in maniera oculata, la maggior parte di questi vennero sperperati e ad oggi ci ritroviamo degli stadi vetusti ed invivibili”. Un duro attacco poi al comunicato diramato in settimana dalla Lega Calcio contro i tifosi che non condividono la politica delle proprie società:  “Siamo arrivati al punto che si emettono comunicati nei quali si stigmatizza chi contesta la dirigenza perché non contento dei risultati sportivi. Un qualcosa di allucinante, degno del miglior bavaglio nei confronti della libertà d’espressione, quando i nostri tifosi avrebbero tutto il diritto di protestare. E non solo per ragioni prettamente legate al campo. Possibile che in Italia non si sia liberi di acquistare un biglietto online o il giorno della partita o far entrare negli stadi striscioni, tamburi e bandiere usati esclusivamente per portare colore e folklore? Ma a che punto siamo arrivati? Le istituzioni sono troppo impegnate a spartirsi la torta dei diritti televisivi per voler cambiare davvero l’attuale situazione”.

A intervenire poi è l’avvocato Contucci, con un racconto alquanto esemplificativo anche per chi è a totale digiuno in tema di ordine pubblico durante la manifestazioni sportive:  “Qualche settimana fa mia moglie, tifosa dell’Udinese, mi ha chiesto di portarla allo Stadio Olimpico in occasione della sfida tra giallorossi e friulani. Non essendo in possesso di tessera del tifoso le ho consigliato di acquistare un biglietto di Curva Nord. Ci siamo poi presentati nella zona del settore ospiti, io con la sciarpa della Roma, lei con quella dell’Udinese. Gli steward – continua Contucci – sono andati in tilt, non capendo quale pericolosa azione volessimo compiere. Solo dopo aver capito il problema ci hanno chiesto se mia moglie avesse con se qualcosa dell’Udinese, ed una volta notata la sciarpetta l’hanno fatta entrare. Questa è la gestione dell’ordine pubblico in Italia nel 2014. Con tessere, biglietti nominali e daspo per ogni minima cosa. Per far saltare una disposizione basta avere una determinata sciarpa”. Un’analisi poi dell’attuale situazione:  “Oggi siamo qua per spiegare il perché del nostro ‘no’ all’articolo nove. Innanzi tutto sono contento che in settimana sia uscita finalmente un’inchiesta, ben fatta e super partes, come quella di Specchia della Gazzetta. E’ importante il confronto con le altre realtà europee dove non esiste nessuna tessera del tifoso e dove non ci sono limitazioni per le trasferte. Si parla tanto del calcio tedesco e di quanto siano belli i loro stadi pieni e colorati. Questo in Italia ce lo avevamo dal 1898, ma dal 2007 si è deciso che doveva finire. La tessera del tifoso, oltre a tutti i suoi difetti legislativi, è palesemente inutile solamente se si pensa che in Italia ci sono 4/5000 soggetti sottoposti a Daspo su oltre 20 milioni di tifosi. E’ dunque ovvio che non fosse nata come deterrente nei confronti di questa netta minoranza (il 75% di cui peraltro è obbligata a firmare durante le partite, pena sanzioni severissime che vanno dalla reclusione ad ammende più che salate) o della violenza vera e propria ai margini delle partite di calcio, ma più che altro come operazione commerciale dalla quale trarre benefici attraverso l’emissione di carte di credito. Il nostro compito oggi è, non tanto quello di eliminare una tessera che negli anni ha già subito dei sostanziali cambiamenti (per quanto riguarda la privacy ed il suo aspetto commerciale) quanto quello di far sì che l’articolo 9 sia modificato dalla sua attuale stesura. Il decreto Amato, emanato in un momento di emergenza sull’onda emotiva dei fatti di Catania, non aveva tenuto conto che in base a quanto scritto un tifoso sottoposto a diffida, anche nel 1990, non avrebbe mai più potuto acquistare un titolo valido per un incontro di calcio. Così, confrontandoci anche con l’Osservatorio, si è arrivati al punto che più che abrogarlo (il che avrebbe necessitato di un iter lungo e laborioso), l’articolo si può modificare. Ma per fare ciò c’è bisogno della seria volontà di chi siede in parlamento”.

A prendere la parola, sulla scia di quanto detto da Contucci è l’avvocato Giovanni Adami, altra importante figura che da anni si batte legalmente al fianco di numerose curve italiane: “Ciò che si legge spesso sui giornali – esordisce Adami – è a dir poco fantasioso e fuorviante. Si parla di calcio ostaggio degli ultras, o degli stessi che vorrebbero tornare alla situazione precedente al 2007 per fare i propri comodi. Dimentichiamoci tutte queste eresie per un attimo e ragioniamo sul fatto che gli ultras vogliono semplicemente tornare allo stadio in maniera vivibile. Magari dopo aver scontato una pena. Ma senza rimanerne marchiati a vita. Nessuno di noi vuole l’impunità, ma non è neanche possibile che se un reato è commesso nei pressi di uno stadio rischi di pregiudicare tutta la nostra esistenza, mentre se è commesso poche centinaia di metri più in là venga ignorato o tutto al più lievemente condannato. Il clima di caccia alle streghe che si è sviluppato in Italia negli ultimi anni sapete a cosa ha portato? Rispetto alla stagione prima della morte dell’Ispettore Raciti, le denunce sono aumentate. Ciò dimostra la totale inutilità della Tessera del Tifoso”.

E’ il turno poi dei politici presenti. In prima fila siedono diversi esponenti in rappresentanza di quasi tutte le sigle parlamentari e non, ai quali prima dell’inizio è stata consegnata una brouchure informativa sugli argomenti trattati dal convegno. Il primo a prendere la parola è Vito Crimi del Movimento 5 Stelle: “Premetto che non sono un appassionato di calcio, pertanto mi sono avvicinato a questo argomento davvero con poche conoscenza in mano. Ho notato che c’erano molte affinità con un altro movimento per il quale l’M5S si è sempre schierato a favore, quello dei No Tav. Tanto è vero che in più di un’occasione si è parlato di estendere le norme utilizzate in materia di ordine pubblico durante le manifestazioni sportive, anche durante le dimostrazioni di piazza. I decreti d’urgenza, utilizzati nei confronti degli ultras, ci hanno insegnato, sin dagli anni ’70, che sono pressoché inutili ed emanati più che altro per accontentare le esigenze momentanee dell’opinione pubblica. Questo – termina Crimi – è il momento giusto per cambiare le carte in tavola ed ottenere dei risultati. Ed una cosa che tengo a specificare è che, qualora venissero ottenuti dei risultati, nessun gruppo o partito si prenderà la paternità della vittoria”.

A salire sul parco è poi Mario Tullo, esponente genovese del Partito Democratico: “Tempo fa – esordisce Tullo – mio figlio voleva andare a vedere il Genoa a Parma. Nel settore ospiti. Non essendo in possesso della tessera del tifoso abbiamo dovuto ovviamente rinunciare, nonostante volendo avrei potuto contattare la società ducale ed accedere tranquillamente allo stadio, ma ci sarebbe però stata un’incoerenza di fondo. Questo esempio è per dire che l’emergenza, come già detto in precedenza dai colleghi, non è servita a nulla. Se non a peggiorare l’esistenza di chi frequenta gli stadi. Detto ciò, devo forse essere un po’ impopolare e dire tutto ciò che penso. Ho frequentato il mondo delle curve da ragazzo e so che all’interno di esso ci sono molte contraddizioni. Quelle mani, da cui nascono magnifiche coreografie e spettacoli di colore e passione, spesso purtroppo si rendono anche protagoniste di episodi incresciosi. Ecco secondo me dobbiamo partire da questo e, se già durante la fine di questo campionato, non si sentisse mai parlare di incidenti, sarebbe ancora più facile aprire un dialogo tra calcio e politica”.

“La proposta di modifica esiste dal 2009 e non deve rimanere insabbiata. Dobbiamo poi porre l’accento su tutto quello che non va attorno al mondo del tifo, cominciando dagli abusi, dalle ingiustizie e dai pestaggi”, afferma Paola Frassinetti di Fratelli d’Italia. Mentre per Paolo Cento: “La discriminazione territoriale è un qualcosa di vergognoso che fa perdere l’importanza alla vera discriminazione, quella razziale, oltre ad far passare in secondo piano i reali problemi del calcio italiano”.

A 360° invece l’intervento di Carlo Fidanza, altro esponente di Fratelli d’Italia: “A mio modo di vedere bisogna andare persino oltre l’articolo 9. Allo stato attuale il calcio va verso una lenta ed inesorabile distruzione. Occorre avere obiettivi più ambiziosi ed intervenire per arginare l’attuale esasperazione con la quale vengono trattati i tifosi. L’importante è aprire un dibattito sano e non che si unisca alla massa. Porto l’esempio di quando assieme al collega Scurria ci siamo presentati a Varsavia in soccorso dei tifosi laziali detenuti. In quell’occasione – sottolinea Fidanza – oltre ad essere gli unici politici che si interessarono attivamente a dei propri connazionali indebitamente tenuti prigionieri, subimmo forti critiche da tutto l’arco costituzionale. Io lo rifarei altre cento volte, perché occorre scardinare questa mentalità che criminalizza tout court gli ultras. I cittadini vogliono rispettare delle leggi giuste, eque. E non essere trattati semplicemente come sudditi”.

In ultima battuta tocca a Staderini dei Radicali esprimere la propria opinione: “Il fatto che oggi, all’ingresso di Palazzo Santa Chiara, siano presenti dei cellulari della polizia, dà esattamente la misura di come vengano considerati i tifosi nel nostro paese. Ci sono delle categorie, per le quali noi ci siamo sempre battuti, che sono da sempre oggetto di bieca discriminazione. Vedansi appunto gli ultras e i detenuti. Essi sono visti solo ed esclusivamente come pericoli da combattere, attraverso leggi speciali che incentivano un laboratorio sociale dispendioso e poco utile alla collettività. Questa lotta – continua Staderini – è un qualcosa di politicamente importante nel paese dell’antipolitica e delle battaglie lasciate a metà. Voi rappresentate una continuità ed una caparbietà difficile da riscontrare in altri settori. Adesso è la politica a dover avere un’apertura nei vostri confronti”.

Infine, l’ultima ed interessante domanda, è quella posta dall’avvocato Adami a Giovanni Spitaleri, coordinatore nazionale Figc per la sicurezza, e Antonio Talarico, coordinatore progetto supporter-Figc: “Avete capito di cosa stiamo parlando?”. Un quesito che non vuole schernire gli interlocutori ma tastare veramente il polso di un’entità, quella federale, che ha da anni perso la cognizione di causa in merito agli stadi ed al pubblico che li affolla. “Ne abbiamo preso atto”, è la risposta degli interessati.

Speriamo che a prenderne atto siano stati un po’ tutti e che, nel prossimo futuro, si possa tornare allo stadio con più gioia e serenità senza dover passare forzatamente attraverso le Forche Caudine che un sistema cervellotico e burocratico ha lentamente creato con il passare degli anni. Ciò che sembra certo, è che questa non è l’ultima puntata di una battaglia ormai aperta su tutti i fronti.

Simone Meloni.