Dopo aver perso il titolo da favorito la scorsa stagione, il Lugano ritenta la sua scalata da outsider, finora con successo. Dopo l’avvincente serie contro Zurigo, che ha permesso l’accesso in semifinale, ora i ticinesi affrontano Berna in un revival dell’amaro epilogo di ormai un anno fa.

Gara 1 ha clamorosamente confermato il buon trend del collettivo bianconero: di fronte ad oltre 17.000 spettatori, gli ospiti hanno vinto la prima delle quattro gare necessarie per passare in finale col punteggio di 2-4.

La Resega, in questo Giovedì sera, si appresta a vivere un altro match di alta caratura. I 7.200 biglietti staccati sono già un ottimo termometro.

Arrivato molto a ridosso del match, soffro tutto il traffico dell’evento già a partire dall’uscita autostradale di Lugano Nord. Giungo alla pista comunque prima dell’ingresso delle squadre per i 20 minuti di riscaldamento. La Curva Nord è quasi piena, la Lago ha già una discreta affluenza mentre, come sempre, le tribune andranno a riempirsi all’ultimo.

Il fattore più “preoccupante” arriva dal settore ospiti. Ad entrare anzitempo con lo striscione rappresentativo del tifo bernese (“Szene Bern”) sono 2-3 ragazzi che faranno non poca fatica ad appendere il drappo.

Avevo già visto la tifoseria capitolina ad Ambrì qualche stagione fa, senza ricavarne una grande impressione. Oggi, con un pubblico che non ha niente da invidiare al calcio, con alle spalle una città numerosa e di prim’ordine, nell’ottica di una semifinale play-off, è lecito avere qualche minima aspettativa.

Senza passare ai raggi x la curva giallo-rosso-nera, mi limito ad anticipare che la prova ospite sarà molto deludente.

Berna, infatti, passa in vantaggio per prima (Rüfenacht segna la prima rete in powerplay dopo 9 minuti) e da quel momento tiene sempre la testa avanti, nonostante una prova d’orgoglio e a tratti sfortunata dei sottocenerini.

Con tutte le condizioni favorevoli possibili, i bernesi ce l’hanno messa tutta per dimostrare di essere un gruppo in salsa teutonica ma col silenziatore di serie e poca voglia di tifare.

Già il numero dei presenti, un’ottantina circa, parla da solo (per una tifoseria dai numeri così importanti regge poco la scusa del giorno lavorativo). Aggiungiamoci che a tifare, quando tifa, è sì e no una ventina di ragazzi.

Qualcosa di pregevole si vede pure (come la cura degli stendardi, più alcuni momenti di tifo coordinato), ma l’idea è che i più siano giunti in Ticino come spettatori passivi.

Da apprezzare senza dubbio la sciarpata finale, che anticipa i festeggiamenti della squadra sotto il settore per una vittoria di fondamentale importanza: la serie è alla pari e sabato si ricomincia da capo nella capitale.

Di contro, l’atmosfera alla Resega è veramente calda. L’ambiente, già carico di per sé, si surriscalda con la coreografia iniziale della Nord (palloncini bianchi e neri, con lo striscione “Pazzi di te” in vetrata).

I primi minuti si giocano in un’autentica bolgia: non è solo la curva intera a dare una mano al roster impegnato sul ghiaccio, ma la pista tutta.

Anche dopo lo svantaggio iniziale, a parte qualche leggero calo fisiologico, non manca la continuità nel tifo, con picchi d’intensità spesso molto notevoli. Il momento clou del sostegno viene raggiunto tra la fine e del secondo periodo e l’inizio del terzo, coincidente con la rete dell’1-2 momentaneo firmata Hofmann.

Dopo l’1-3 bernese e il conseguente 1-4 segnato a fine partita a porta vuota, alla tifoseria di casa resta la consapevolezza di una partita persa in campo ma assolutamente non sugli spalti.

Un fatto particolare lo vorrei menzionare. Dopo l’1-3 nel terzo periodo, ma anche dopo la rete finale degli ospiti negli ultimi frangenti, il pubblico che ha abbandonato gli spalti è stato veramente poco. La maggior parte dei convenuti, in tutti i settori, ha assistito al postpartita. Particolarmente emozionante è stato il “Non mollare mai” cantato da tutta la pista mentre la squadra ringraziava uno ad uno i vari settori per l’ottimo sostegno.

Si ricomincia da capo, quindi, e non sarà facile per i ticinesi. Ma come già detto in altri articoli, i playoff sono una questione di dettagli e di tenuta mentale. E su questo, almeno finora, l’incertezza resta totale.

Stefano Severi.