chietiCorreva l’anno 2012. A seguito di una relazione dei Vigili del Fuoco dopo un sopralluogo allo stadio “Angelini” di Chieti, venne aperto un procedimento a carico del sindaco teatino Umberto di Primio in qualità di “proprietario” della struttura al quale si contestava la mancanza delle certificazioni antincendio richieste a norma di legge, del dl 139/2006 per la precisione.

Secondo la tesi della difesa, in virtù della riduzione della capienza dello stadio, non era necessario richiedere il certificato di prevenzione ma bastava semplicemente, come fatto, produrre il certificato di inizio attività.

La diatriba burocratica si era lungamente protratta: nel particolare le autorità competenti lamentavano soprattutto una carenza di illuminazione delle vie di fuga, obiezione che il primo cittadino aveva respinto affermando che la declassificazione dello stadio, oltre che dal vincolo dei tornelli e del prefiltraggio, divincolava la “proprietà” da tale obbligo: non potendo giocare in notturna in uno stadio “declassificato”, secondo il Sindaco non era nemmeno richiesta illuminazione notturna delle vie di fuga.

Al di là della lunga polemica, in barba al Pm che aveva chiesto l’assoluzione perché “il fatto non sussiste”, il giudice del Tribunale di Chieti ha invece condannato il Sindaco a pagare un’ammenda di 1.000 euro, il quale però beneficerà della “non menzione”, ossia ne uscirà con il casellario giudiziale immacolato. Alla fin fine gli è andata molto meglio di un ragazzo pescato ad accendere una torcia…

Matteo Falcone.