Cittadella dista una trentina di chilometri dal capoluogo. Per arrivarci si possono percorrere tranquillissime e sgombere strade di campagna, perdendosi nella mite mattinata veneta che ancora sa di estate malgrado le piogge settembrine che il giorno prima hanno travolto la regione.

Questo piccolo centro di ventimila anime – che affonda le sue radici storiche dapprima per discendenza da Padova e successivamente per modellamento e indirizzo veneziano – negli ultimi trent’anni ha sicuramente rappresentato uno dei maggiori esempi di imprenditoria locale abile nell’investire nel calcio di senza creare mostri o entità totalmente snaturate e scollegate dal territorio di appartenenza.

La storia calcistica della famiglia Gabrielli – impegnata nel settore siderurgico – parte da lontano, più precisamente dall’Anno Domini 1973, quando il capostipite Angelo, presidente dell’Olympia Cittadella (fondata nel 1948 con colori bianco e verde), si adoperò alla fusione con l’US Cittadellese (fondata nel 1920 con colori bianco e azzurro). In maniera da sopperire ai debiti che entrambi i sodalizi avevano accumulato. Una fusione tutt’altro che semplice in virtù di ragioni che sono da ricercare nell’effervescente Italia degli anni ’70. L’Olympia era allora la squadra seguita dal ceto cattolico, mentre la Cittadellese rappresentava militanti e simpatizzanti comunisti. Questa contrapposizione sfocerà in violenti scontri a inizio anni ’50, con le due squadre militanti in sesta serie. Incidenti che ovviamente passeranno alla storia nel calcio locale e che ci restituiscono un’immagine caratteristica della provincia italiana del tempo.

L’unione fra le due società avviene quindi per mano di quello che fino al 2009 – anno della sua morte – sarà il Presidentissimo. La squadra viene iscritta al campionato di Promozione, disputando le sue partite al Comunale D’Alvise con la nuova maglia granata, colore sociale che sostituisce il biancoverde dell’Olympia e il biancoceleste della Cittadellese. La maglia granata, d’altronde, era la maglia che entrambe le formazioni avevano utilizzato, seppur per brevi periodi.

Il resto è storia che arriva ai giorni nostri. Un club che pazientemente con il lavoro è riuscito a scalare la piramide calcistica italiana conquistando la cadetteria nel 2000 (battendo il Brescello nel celebre spareggio di Verona), per mano dello storico tecnico Ezio Glerean: il condottiero dal gioco spumeggiante che all’ombra delle mura cittadine è riuscito a portare i granata dalla C2 alla B, conquistando la salvezza il primo anno e retrocedendo la stagione successiva.

Se proprio si vuol muovere una critica al sodalizio veneto è forse da ricercare nei primi due anni di B, quando anche a causa della non omologazione dello Stadio Piercesare Tombolato si trasferì all’Euganeo cambiando il nome in Cittadella Padova. Scelta revocata con il ritorno in C e successivamente rafforzata dai lavori di riammodernamento del Tombolato (nome dedicato all’omonimo giovane portiere cittadellese scomparso in uno scontro di gioco nel 1957) che si farà quindi trovare pronto al ritorno in seconda serie avvenuto nel 2008 per mano del tecnico Claudio Foscarini. In totale sono attualmente sedici gli anni disputati dal Citta in B.

Un club che negli ultimi anni è andato a un passo dalla Serie A (perdendo la finale playoff col Verona in maniera rocambolesca: dopo il 2-0 in casa, infatti, i granata hanno ceduto di schianto proprio in quel Bentegodi che nel 2000 fu teatro della prima promozione in B, perdendo 3-0 con gli scaligeri) e che della massima categoria ha sentito il profumo sfidando Lazio e Inter in Coppa Italia.

Ammetto una mia certa ignoranza, invece, in fatto di ultras. Non conosco la genesi del tifo organizzato locale ma vedo che da qualche anno dei ragazzi seguono in maniera alquanto costante. Uno stuolo di volenterosi che oggi si identifica dietro il nome di Rabaltai. Apprezzabile la dicitura dialettale, così come la grande pezza esposta nella loro tribuna che riporta il nome veneto della loro città: Sitadea.

La volontà di vedere un nuovo campo, trovandomi a pochi chilometri di distanza, mi conduce pertanto da queste parti. E dopo essermi concesso un giro obbligatorio sulle bellissime mura del 1200 che cingono per intero la città, posso avviarmi lentamente allo stadio. Cittadella ha tutta l’aria di essere il tipico centro di provincia dove si vive bene, senza stress da metropoli, e dove la gente ancora si diverte nei bar e nelle enoteche con il bicchiere in mano prima di andare a vedere la partita.

Il Tombolato si assesta poco fuori dal centro. La partita di oggi non è certamente di cartello e i circa tremila spettatori presenti sono comunque un’onesta cifra se commisurata al minuto bacino d’utenza locale.

Quando il match sta per iniziare le due tifoserie prendono parte sulle gradinate. Come detto i padroni di casa si radunano dietro le loro pezze e aiutati da un tamburo e da diverse bandiere offrono una bella prova di tifo, non smettendo mai di cantare. Devo dire che rimango positivamente impressionato da loro; evidentemente negli anni si sono prodigati in un non facile lavoro per costruire qualcosa di duraturo e solido sugli spalti. Le gesta calcistiche del Citta hanno certamente aiutato ma da quanto visto, mi sembra di intuire che dietro agli striscioni ci siano anche delle teste pensanti. Tra l’altro faccio i complimenti per il materiale: davvero ben realizzato e originale.

Su fronte ospite sono una cinquantina i sostenitori giunti dalla Ciociaria dietro lo striscione Nessuna Resa. Il loro tifo sarà altalenante, avvicendando manate e cori lunghi a momenti di stanca. Da menzionare la presenza dei messinesi, storici gemellati dei giallazzurri.

In campo è il Cittadella a portare a casa i tre punti grazie al gol di Beretta realizzato a tempo ormai scaduto.

Il pubblico di casa fa festa, con i Rabaltai che rimangono ben oltre il triplice fischio a cantare ed esultare. Per me è invece giunta l’ora di avviarmi verso la stazione. Lascio lo stadio con la certezza di aver imparato ancora qualcosa di nuovo sul calcio e sulla società italiana, almeno su quella di provincia. In un periodo storico in cui difficilmente mi sorprendo o mi compiaccio per qualcosa, sento di essere soddisfatto nell’aver scelto Cittadella per questo sabato pomeriggio. A prescindere dalla partita è stata un’esperienza. E fondamentalmente si vive per questo!

Simone Meloni