Prima volta negli stadi marchigiani, ma non nelle Marche per entrambi. Nel nostro secondo giorno in trasferta dopo Fano-Samb, accompagno Davide in un tour di ricordi da bambino in questi luoghi e, dopo un panino sulla bellissima spiaggia di Porto Sant’Elpidio, ci dirigiamo verso Civitanova Marche, lasciando alle spalle la nostalgia e concentrandoci sul derby del giorno, quello fra Civitanovese e Maceratese che notiamo molto sentito fin dal mattino per le strade della città.

Lo stadio di Civitanova, Polisportivo Comunale, è stato costruito negli anni ’60 e dispone di 6.000 posti a sedere e di una pista di atletica. Guardandolo dall’esterno ha un’aria positivamente vissuta, un sapore di calcio dei tempi che furono, con tutto il suo bagaglio di storia sportiva e sociale. Gli ampissimi parcheggi antistanti sono vuoti perché chiusi da un serratissimo ordine pubblico. L’impianto è situato sul lungomare Sergio Piermanni e ci chiediamo quanto sarebbe bello osservare le gradinate piene, le tifoserie compatte dall’alto e a pochi passi dal mare.

Sono previsti oltre 4.000 spettatori quest’oggi, di cui 700 da Macerata. Un numero che sembra surreale per una partita d’Eccellenza. Nonostante il grande numero di appassionati tifosi che effettivamente convergerà verso lo stadio, va segnalato che tutto si è svolto poi regolarmente, senza i famosi e tanto decantati episodi di violenza che spesso, e talvolta a sproposito, vengono riportati con tanto clamore dai media.

Mare contro terra, Civitanovese-Maceratese è un derby sentito già dagli anni addietro: i dirigenti locali che ci accolgono al nostro arrivo, ci fanno ripercorrere un po’ di storia di questo particolare incontro, attraverso i racconti che risalgono agli anni in Serie C2 e alla stagione 1980-1981, quando la Civitanovese arrivò seconda, dietro al Padova e davanti alla Maceratese. Degno di nota anche il derby disputato a Civitanova nella stagione 2012-2013, quando i rossoblù padroni di casa si aggiudicarono l’incontro, con la vittoria per una rete a zero.

Ma torniamo in campo e ai giorni nostri, quando riusciamo ad incontrare Andrea appena in tempo per goderci l’ingresso degli spettatori e successivamente delle squadre. Le tifoserie sono disposte distanti e in maniera opposta tra loro, facendo costantemente a gara per farsi sentire più forte rispetto agli avversari e divertendosi con l’esposizione di diversi striscioni ironici durante i novanta e più minuti di gioco, che prendono ovviamente e reciprocicamente di mira gli avversari di sempre.

I locali arrivano in un corteo partendo da Piazza Conchiglia fin dentro al settore, intonando cori a sostegno dei propri colori. I maceratesi non mancano nel farsi sentire all’ingresso, grazie ad alcuni petardi. Saranno ovviamente i cori di sfottò, cantati a gran voce, a precedere il fischio di inizio.

A partita iniziata i maceratesi esprimono il loro amore in maniera tangibile con un bella coreografia con palloncini bianchi, dietro la pezza “SOLO PER NOI”, mentre i Civitanovesi danno vita ad una sbandierata rossoblù compatta. Da non dimenticare la presenza riminese e quella sambenedettese coi padroni di casa, mentre con quelli di Macerata sono presenti i fratelli mestrini. 

Molto belle le sciarpate di entrambe le tifoserie, eseguite nello stesso momento. La giornata è caratterizzata dalla feroce rivalità tra le due squadre insomma, e viene espressa totalmente dalle loro devote tifoserie. Partite di questo genere, nel bel mezzo della stagione e ben lungi dall’essere decisive, possono assumere contorni epici solo grazie ai sentimenti, anche aspramente contrapposti, dei tifosi.

In campo, il fischio finale decreta la vittoria della Maceratese per 1 a 0. Sconfitta che pesa non poco in casa Civitanova viste le vittorie delle inseguitrici. Finisce così un weekend lungo e intenso; ci rimettiamo in auto provando un po’ di tristezza tipica del viaggio di ritorno a casa, quella che pervade ogni volta che si è stati bene in un posto nuovo. Sentimento che non sarà sicuramente tale per i Maceratesi che tornano a casa gonfi di felicità per il risultato.

Testo di Imma Borrelli
Foto di Imma Borrelli e Davide Gallo