Chi l’avrebbe mai detto: pensavo che il regionale in overbooking fosse una vergogna in esclusiva della tratta Bologna-Rimini d’estate. E invece, Milano-Como a metà settembre, mi ha costretto a ricredermi: il treno che va in Svizzera è pieno fino all’inverosimile. E tutti, in pratica, devono scendere sul Lago: forse per andare alla ricerca di George Clooney. O forse per la partita.
Per la cronaca, è il giorno di Como-Bologna: i padroni di casa tornano a giocare nel proprio stadio dopo più di vent’anni dall’ultima volta in serie A, i rossoblù hanno nell’anticipo del Sinigaglia l’ultimo antipasto prima della Champions. Lo stadio è di fianco alla stazione, neanche dieci minuti a piedi, quindi arrivando in buon anticipo decido di fare un giretto in centro: Como (ma con la “o” chiusa come dicono loro) è una cittadina che sa già tanto di Svizzera; del resto il confine è a pochi chilometri.
Però il tocco di italianità c’è, e si vede nel bel Duomo locale, preso d’assalto da una serie di seminaristi (con relativi parenti) pronti a diventare preti. Dialogo realmente sentito: un futuro sacerdote, attorniato da alcune mamme, propone a tutti uno spritz per alcolizzare l’attesa. Del resto vino e similari, sono una parte integrante della religione cattolica. L’unico scontro di civiltà con l’Islam sta tutto qui.
Ma tornando a noi: la giornata più che di metà settembre pare da novembre inoltrato. Al sole si sta anche bene, sul lago però il gelo è notevole. C’è tempo per la visita esterna ad una casa che forse è quella di George Nostro, e poi anche ad un pub comasco, con tutti gli adesivi attaccati: alcuni sono geniali, specie quelli diretti ai cugini varesini e lecchesi, altri ancora, che trasudano una certa appartenenza politica (viva la libertà).
E arriviamo dunque allo stadio: proprio sul Lago, vicino ad un Tempietto di matrice pagana, e una serie di architetture di carattere razionalista. Ma tolte le belle o brutte premesse, ecco per stare in tema, tutto il brutto e il bello del Sinigaglia: da una parte il fascino di un campo davvero vecchio stampo, col pubblico attaccato al terreno di gioco, le panchine a pochi centimetri dalla linea laterale, tutto piccolo, compatto, come nelle migliori tradizioni paesane.
Dall’altro, la domanda che sorge lecita: in Inghilterra lo United of Manchester, squadra di dissidenti dello United, si è fatto nella loro Eccellenza/Promozione lo stadio di proprietà in pochi anni, ultramoderno e pieno di comfort. Qui (ma Como è solo uno dei mille esempi) gli stadi sono rimasti letteralmente ad un secolo fa. Quando cioè furono costruiti. Se poi qualcosa da qualche parte s’è mossa, raramente ciò è avvenuto a misura di tifoso e invocare cambiamenti sembra come pregare una divinità crudele. Uno stallo imbarazzante.
Sugli spalti è ovviamente tutto esaurito, si parla di circa 10mila spettatori, con 700 biglietti destinati ai bolognesi anche se, di fatto, la loro partecipazione risulta minore: il pubblico di casa realizza una bella coreografia, salutando il ritorno del calcio che conta al Sinigaglia. Il colpo d’occhio è notevole, c’è un gruppo addirittura nei distinti (Pesi Massimi), ma forse una curva unita che dia direttamente sul campo, sarebbe più d’impatto. Va bè, una cosa alla volta. Ma coi soldi che hanno, i nuovi proprietari del Como dovranno subito pensare alla modernizzazione dell’impianto (facile a dirsi in Italia).
Capitolo ospiti: il settore è quello che è, sono praticamente tutti ultras. E come annunciato quest’estate, i bolognesi si radunano dietro due pezze principali: Ultras e Bologna. Le stesse che, stando sempre al comunicato, porteranno in giro per l’Europa. Durante la partita c’è il ricordo di Kerso, icona della cultura casual, membro della famosa firm Motherwell Saturday Service. Il tifo nel complesso risulta altalenante, risentendo molto della depressione mista ad euforia che emerge dal campo. La realtà è che tutta l’energia e l’attenzione dei bolognesi, pare già rivolta verso la Champions.
L’andamento sul campo galvanizza ovviamente di più i comaschi (almeno fino a un certo punto…), e le due tifoserie per larga parte del pomeriggio pensano solo a sostenere i propri colori; poi ci pensano i bolognesi, di punto in bianco (forse per la frustrazione di una partita che sta andando sempre peggio) a rompere la tregua e dare il via alle ostilità canore. Nella curva di casa la risposta parte solo dopo il pareggio ospite, con prevalenza però per i cori contro le rivali storiche, più Bergamo (prossima trasferta). Perché tra le due realtà, ha regnato per lo più l’indifferenza.
E alla fine, ecco il pubblico comasco leccarsi le ferite, mentre quello rossoblù esulta per un pareggio insperato; sulle note di Rino Gaetano, e di Madonnina dei Riccioli d’Oro sulle quali hanno reinventato il loro storico “Comasco dal cuore ubriaco” si chiude un bel pomeriggio di calcio, dal sapore antico, ma con sguardo proiettato verso il futuro. Perché il Como, è di nuovo in serie A: e a giudicare dalle intenzioni dei proprietari, non ci arriva da turista. Ma per rimanerci.
Testo di Stefano Brunetti
Foto di Luigi Bisio