È un po’ più di vent’anni che manco da Como per una partita. All’inizio del XXI° secolo, in un caldissima giornata non solo meteorologicamente parlando, fui presente per Como-Livorno, esattamente il 17 giugno 2001 per la gara di play-off che valeva la serie B. Potrei scrivere un articolo solo su questa partita, sulla trasferta assurda che mi feci all’epoca, sui quasi 40 gradi ed il caldo tropicale. Ma anche sulla scorta della polizia che aspettava in stazione a Como San Giovanni, sul tifo sia dei Lariani che dei Labronici e sulla partita che vide il Como promosso in serie B mentre allo stesso tempo, a 600 kilometri a sud-est la Roma diventava Campione d’Italia allo stadio Olimpico.

Era un altro secolo? No, era l’inizio del XXI, quando il movimento ultras italiano era al suo apice ma allo stesso tempo, ai suoi piedi, si apriva una discesa che pochi potevano prevedere così brutale. Una caduta accelerata dalla repressione, dai cambiamenti sociali, dal caro-biglietti, dalla trasformazione del calcio-industria, dagli stadi con norme comportamentali sempre più rigide, dalle televisioni che hanno completamente colonizzato questo sport alle sue esigenze di palinsesto. Eravamo in pieno clima pre-G8 di Genova quando cominciavano a vacillare le convinzioni della massa che la polizia fosse a difesa del cittadino. Un clima pre-11 settembre dove la cosiddetta “guerra al terrore” non era ancora iniziata e con essa nemmeno la delega totale delle libertà in nome di una presunta sicurezza. Ero ingenuo? Sicuramente. Ero senza soldi? Chiaramente. Ero totalmente affascinato dal mondo ultras italiano? Ovviamente. Ma ventun’anni dopo cos’è successo? È veramente tutto cambiato? O sono io ad essere ancora ingenuo, senza soldi e in totale e acritica ammirazione di fronte al mondo ultras italiano? Qualcosa a dire il vero è cambiata: un buon lavoro ce l’ho, la mia ingenuità ha lasciato spazio su tante cose al cinismo su tante cose, ma uno rimane il punto fermo, cioè che sono ancora qui a guardare sempre con interesse all’Italia ultras. La prova? La ventina di partite in tutto lo Stivale già viste dall’inizio della stagione nonostante viva a 650 kilometri a nord della Lombardia.

Arrivo a Como con grande piacere. La città mi mancava. Il Bel paese rimane sempre tale per i turisti del mondo intero. Anche se mancavo allo stadio Sinagallia da 21 anni ero già tornato a Como, sia per una gita romantica che per un bagno nel lago negli ultimi anni. La città lariana mi ha sempre affascinato. Non per la villa di George Clooney e delle altre star o per i selfie ridicoli da mettere su Instagram con il lago come sfondo ma proprio per questa terra di confine così particolare. A due passi della Svizzera, è la prima grande città italiana che si incontra venendo dal Nord Europa. Anche se in Ticino si parla già italiano, qua siamo in un altro paese e si capisce bene. La sua bellezza, il suo lago, il suo duomo, le sue mure sono qualcosa da vedere assolutamente almeno una volta nella vita. Purtroppo, oggi come oggi, la città mi appare cambiata. Dieci anni fa c’era molto meno turismo e la cosa ha inevitabilmente pesato in queste trasformazioni.

Oggi, in barba al Covid che sembra comunque stia per finire, il ritorno invadente dei turisti è già evidente, nonostante sia un venerdì lavorativo. Anch’io son un turista alla fine. Voglio fare l’alternativo ma forse son come loro. Anche se provo a vedere le cose in maniera diversa. Per capire un luogo ed una città bisogna trovare tempo. Non si può andare in un posto per un paio d’ore, fare le foto, andare con la guida turistica e rimanere arroccati in sé stessi e sulle proprie convinzioni. Il viaggio necessita tempo e questo purtroppo, oggi come oggi, è un lusso per pochi. Il viaggio necessita apertura mentale e non tutti ce l’hanno. Bisogna buttare nel primo cestino le guide, incontrare i locali e mangiare specialità del posto. Questo sarebbe già il primo passo da fare. Ma posso capire la gente che mi dice: «Amico mio, non ho il tuo tempo e la tua disponibilità». La mia risposta a tali obiezioni? Facile, andate allo stadio! Quale miglior posto per capire una città, le sue dinamiche, incontrare i suoi abitanti, i più giovani e gli anziani? Se lo fate, provate ad intavolare qualche discussione con loro e lì, forse, vi si aprirà un mondo.

Il venerdì della partita, in questo bel mese di maggio in cui in tutto il Nord Europa c’è sole e aria d’estate, in Italia il clima non è dei migliori. Nuvole grigie su Como non impediscono il flusso turistico attorno al lago. Mentre scendo dal treno Ferrovie Nord a Como Nord, mi dirigo verso la funivia per Brunate, tappa obbligatoria per i turisti e anche per me. La ragione è semplice, ho trovato un albergo lì ed è il più economico della zona. Idea perfetta, perché dall’alto di Brunate c’è una visuale spettacolare sul lago ma soprattutto sul monumento per eccellenza, lo stadio Giuseppe Sinigaglia. In ventun’anni anche lui è cambiato. Mi ricordo nella già menzionata Como-Livorno, la Curva Como, cioè la casa dei tifosi locali era proprio diversa. La doppia promozione del Como che lo ha portato dalla C1 alla serie A in 13 mesi, ha anche portato ad un cambiamento architettonico a questa struttura così venerata dai suoi tifosi. La Curva Lariana è stata così demolita per edificare due gradinate mostruose. L’idea ovviamente era di ampliare la capienza dello stadio per il ritorno in Serie A ma dal mio punto di osservazione, si vede bene la sproporzione della “doppia Curva”.

Costruito nel 1927 come velodromo, lo stadio fu inaugurato con la disputa della Coppa Alessandro Volta organizzata dalla città per onorare il suo illustre concittadino, inventore della pila, nel centenario della sua morte. Il cui volto, tra l’altro, sventola da anni su un bandierone in Curva Ovest. Ma non fu la prima gara in assoluto ad essere disputata nel nuovo stadio, che ebbe infatti luogo la settimana prima con un’insolito incontro Vienna-Lombardia. Nella sua storia lo stadio Sinigaglia è stato modificato diverse volte, con l’aggiunta nel 1936 di imponenti portali in marmo sulla facciata, che si possono vedere ancora oggi. Nel 1974, con l’approdo in serie A del Como, altri lavori furono necessari per incrementare la capienza di 3.000 posti, a danno del velodromo che fu in parte smembrato. 35 anni dopo altri lavoro per il ritorno del Como in serie A, con la Curva Azzurra rasa al suolo in luogo di due settori metallici, la Curva Como, che potevano ospitare 5.000 persone. Fino al 2002 la sua capienza era di 18.000 spettatori, poi ridotta a 13.602 spettatori mentre oggi, per via delle norme attuali, può ospitare solo 4.999 spettatori. Difatti i Distinti son veramente messi male sotto questo punto di vista e possono ricevere solo qualche centinaio di tifosi nella parte bassa. Nella parta alta invece, si può intravedere la bellissima scritta “Como”.

Scendo a Como con la funavia due ore prima della partita e intorno allo stadio si nota già uno strano clima. La tensione è palpabile. La rivalità tra la due tifoserie è nota, ma il servizio d’ordine sembra organizzato male e prenderla alla leggera. Ci sono già alcuni tifosi della Cremonese nei pressi del settore ospite ma non gli ultras, che viaggiano su una carovana di pullman. A questo incrocio presidia un bel numero di forze dell’ordine ma che a un occhio esperto, il dispiegamento appare evidentemente lacunoso e con numerosi buchi. Non è un caso se, un’ora dopo, quando arriva il convoglio della tifoseria organizzata, i comaschi faranno un tentativo di “salutare” i propri rivali con qualche torcia che finisce sull’asfalto verso i pullman degli ospiti.

Entro allo stadio quando mancano 15 minuti al calcio d’inizio. Sono in tribuna, posto perfetto per giudicare le due tifoserie, ma capisco subito che oggi il clima sarà diverso. Metà della tribuna è occupata da sostenitori grigiorossi che hanno comprato i biglietti on line. È la partita dell’anno per la Cremonese, forse anche del decennio. La squadra grigiorossa può tornare in serie A, categoria in cui manca da ventisette anni. Era normale che una parte della tifoseria le avrebbe provate tutte pur di non mancare a questo appuntamento. Poi parliamo pur sempre di una trasferta abbastanza agevole, ci sono solo 150 kilometri tra le due città. Il dispositivo per separare i cremonesi dai tifosi locali non è un granché, consiste cioè in una linea di poliziotti in basso. Per fortuna, i locali che frequentano la tribuna sono tranquilli, nonostante in questa sorta di settore ospiti bis, si notino chiaramente due megafoni e alcuni ultras a coordinare il tifo.

Quando le squadre entrano in campo, il clima diventa veramente inglese con nuvole inquietanti che minacciano male e con quattro settori diversi su cui concentrarmi. Onore della precedenza ai padroni di casa: nella curva locale vengono sventolati alcuni bandieroni seguiti da tantissime torce lampeggianti. Nonostante la Curva Como non sia piena, l’effetto è molto bello. Il settore è guidato dai Como 1907, progetto abbastanza nuovo – nato nel 2019 – sotto il cui nome generico si radunano diverse sigle che seguono i biancoblù con l’idea, ovviamente, di anteporre il bene della tifoseria lariana ai personalismi. Al suo interno, per chi ha l’occhio un po’ più curioso, si possono notare diverse “compagnie” o crew, chiamatele come volete. Ci sono I Fo da Co, il Tugurio, Maledetta gioventù, Solo Cylom, Brusa, Como Sconvolta, Como supporter 1907 ed Upper Stand. Devo anche menzionare i Panthers 1975 che sono pochi ma… vecchi! Non me ne vogliono i diretti interessati perché lo dico davvero con rispetto ed è bello vedere questa quindicina di signori con le loro pezze in alto nella curva locale o nei settori ospiti, come mi è capitato di vederli a Monza due anni fa. Tanti alla loro età avrebbero mollato e sarebbero andati nei distinti per godersi la partita seduti, loro invece son sempre lì in Curva, in piedi e a cantare a squarciagola. Tanto di cappello!

Nei distinti a Como da un po’ di tempo c’è anche il gruppo dei Pesi Massimi. Non sono ultras ma l’atteggiamento fa capire le loro passate frequentazioni in Curva. Non sono nemmeno un semplice Como Club, come dimostra lo sforzo che fanno per colorare una parte del loro settore: bandierone, due aste, bandiere ed anche uno striscione per ricordare Mario, un pioniere del movimento ultras locale che se n’è andato troppo presto, purtroppo.

Nel settore ospite ci sono una parte degli ultras cremonesi. Al centro c’è lo striscione degli Underfives accanto agli Assenti presenti. Un’altra sigla che si può notare è quella degli Ingestibili ultras, un gruppo nuovo, nato quest’anno per seguire le sorti della Cremonese. Poi ci sono diverse pezze, che non sono gruppi ultras veri e propri ma identificative di piccole compagnie come Oriundi Grigiorossi, Gruppo Storico, Monza Crew e Nostalgia e Passione. Al fischio d’inizio accendono una torcia e sventolano alcuni bandieroni. In tribuna, infine, troviamo a guidare il “settore ospite bis” gli Alcooligans, Julien e Gabriele ed i Good Fellas. Noto anche un veterano dei Nightmare con una sciarpa a dir il poco stupenda.

La partita inizia ed è difficile giudicare il tifo, essendo in tribuna coperta, con un settore pieno di Cremonesi accanto a me. Faccio dunque fatica a sentire sia la Curva di casa che il settore ospite, per via di questo secondo settore improvvisato. Poi, dal quarto d’ora di gioco comincia a piovere. Una pioggerellina anch’essa molto british ma che non aiuta il tifo. Gli ultras Cremonesi accanto a me fanno fatica a coordinare i tifosi presenti. Troppi occasionali che non sono abituati a tifare. Bisogna aggiungere che c’è un forte stress emotivo con tanta gente distratta nel seguire il risultato del Monza impegnato sul campo del Perugia. Il Monza in classifica è secondo e la Cremonese terza per cui la promozione diretta e il destino di entrambe sono tutti nelle mani dei brianzoli.

La Curva di casa, che sento poco per via della mia posizione quasi accanto al da me ribattezzato “settore ospite bis”, mi fa una bell’impressione a livello di colore. I bandieroni son sventolati spesso e noto due lanciacori per coordinare il tifo. Tra la pioggia e una partita che per loro non vuol dire nulla in termini di classifica, la curva locale fa il suo dovere. I Cremonesi fanno fatica, in alcuni momenti ci sono dei bei cori ma son troppo pochi. Il colore non manca nel “settore bis”, diversi fumogeni e torce vengono accesi durante la partita. Sventolano di continuo i bandieroni, alcuni stendardi impreziosiscono il colpo d’occhio. Per gusto personale, devo dire che il giallo aggiunto al grigio ed al rosso restituisce un bel tocco di colore, molto più che il nero o il bianco.

Sul campo le emozioni sono tante. La Cremonese segna dopo quasi mezz’ora e raddoppia quattro minuti dopo l’inizio del secondo tempo con un rigore di Di Carmine che realizza la sua personale doppietta mettendo in cassaforte il risultato ma la tensione non accenna a sciogliersi. Il Monza è ancora bloccato sul pareggio a Perugia, la promozione in Serie A sembra sempre più vicina ma è ancora appesa a un filo, basterebbe un goal del Monza per cambiare di nuovo tutto. All’85° però ci pensa il Perugia a rompere gli equilibri, segnando il goal che costringe alla resa il Monza e porta la Cremonese a un passo dalla promozione. Il Como accorcia le distanze sempre su rigore ma è il 96esimo ed è ormai troppo tardi. Sui gradoni è pazzesco e quasi impossibile coordinare il tifo, ma i cori partono lo stesso in maniera spontanea. I più giovani accarezzano il sogno di poter vedere la casacca grigiorossa all’Olimpico, al Giuseppe Meazza, a Marassi. Per i più vecchi, sembra di tornare indietro di 30 anni.

Mentre la partita prosegue per alcuni minuti resi interminabili dal recupero, i ragazzi della Curva Como si posizionano sul divisorio, lo stesso fanno i ragazzi del secondo settore ospite. Questi ultimi per festeggiare la storica promozione riversandosi sul manto verde, i locali pronti a difendere il proprio territorio. Quando fischia l’arbitro però nessuno entra sul campo. Come mai? In Italia ti puoi prendere cinque anni di diffida a prescindere, per aver messo piede sul manto verde. Che tristezza… Ma tant’è, tutti rimangono al proprio posto e forse è meglio così, se si pensa alle conseguenze è più logico giocarsi questo jolly autodistruttivo in casi estremi. Dalla Curva Como e dalla gradinata si alzano due striscioni identici, “Grazie ragazzi”, per ringraziare la squadra del positivo campionato.

Dalla parte degli ospiti la gioia è incontenibile, i giocatori festeggiano sotto la pioggia con i loro sostenitori e un po’ mi ricorda l’ultima promozione della Cremonese in serie B a cui ho assistito. Cinque anni fa, nel aprile 2017 e pioveva anche quel giorno. Dopo una decina di minuti decido di uscire e la pioggia cessa. Le due tifoserie son di diverso umore. Quella di casa è sì soddisfatta per la salvezza ma spera in un bel progetto che possa rilanciare il Como Calcio, mentre gli ospiti tornano verso Cremona per una notte che si annuncia lunga. Io intanto cammino dietro i Distinti e vedo le acque nere del lago e penso che questi monumenti, in un posto come questo, hanno qualcosa di magico. Spero che se lo stadio debba essere prima o poi ricostruito, ciò avvenga nello stesso posto. Intanto vedo alcuni ragazzi della tifoseria locale accendere le ultime torce fuori dall’impianto, riflesse nel lago in cui alcune finiscono la loro corsa. Potrebbe essere un rituale pagano di una delle ultime tribù lariane, quella degli ultras biancoblù.

Sébastien Louis