Come tante rivalità in Italia, quella tra Como e Lecco affonda nella storia. I due lembi meridionali del lago di Como sono tanto vicini in linea d’aria quanto lontani culturalmente.

Pensare che, fino al 1992, Lecco faceva parte della provincia di Como, prima di diventare, coi suoi quasi 350.000 abitanti, una provincia autonoma.

Tante vicende legate a Papi e Imperatori, regnanti stranieri e milanesi, guelfi e ghibellini. Dove, non a caso, le due fazioni erano sempre l’una opposta all’altra.

Anche calcisticamente, le sorti tra le due contendenti hanno visto trame differenti. Il Como, nel suo piccolo, vanta 14 apparizioni in A contro le 3 lecchesi, e anche la Serie B (dove si è disputato il derby del Lario di livello di categoria più alta) ha visto 41 annate di Como contro le 15 di Lecco (quest’ultima manca tra i cadetti da 46 anni).

Gli scontri diretti in gare ufficiali, oggi, diventano 68 e l’ultimo derby del maggio scorso, inutile come lo scudetto dilettanti per cui si è disputato, ha avuto la sola conseguenza di “regalare” una decina di diffide ai lecchesi e un paio tra i comaschi.

In quella calda giornata di appena 5 mesi fa, entrambe le squadre erano reduci dal ritorno in Serie C dopo aver primeggiato nei rispettivi gironi di Serie D. Il tentativo di contatto da una parte e la malagestione dei biglietti dall’altra hanno acceso gli animi, fino alle logiche e pesanti conseguenze con la giustizia.

Ciò nonostante, nessuno ha messo in dubbio la presenza odierna dei lecchesi al Sinigaglia, e già questo è un segnale decisamente positivo rispetto all’oscurantismo calcistico vissuto fino a poco tempo fa.

Ma, poiché la spending review impone tagli ingenti alla sicurezza in generale – figuriamoci per delle partite di calcio – i biglietti destinati agli ospiti sono stati limitati a 300, fino alla concessione di ulteriori 200 tagliandi quando si è visto che il primo lotto era stato polverizzato.

Per far capire la distanza tra Como e Lecco in termini reali, basti pensare a come i tifosi ospiti sono giunti oggi nella città di Volta.

Ufficialmente, la distanza tra i due centri è di appena 31 chilometri. Non agevolissimi, visto che il tragitto in macchina dura, salvo rari casi, quasi un’ora. Esiste anche una ferrovia diretta tra Como e Lecco, che annovera pochissimi passeggeri e, di fatti, vi sono poche corse ogni giorno e il viaggio dura, più o meno, un’ora e quaranta minuti; chi ha la fortuna di vedere quella singola carrozza diesel che sferraglia su una ferrovia ultradatata (costruita nel 1888) capisce molte cose su come funziona l’Italia nel 2019.

Ai tifosi lecchesi, quindi, non resta che prendere il treno per Monza e da lì un’altra linea che casca a pezzi, ovvero il regionale che arriva a Chiasso: insomma, un giro ferroviario di 65 chilometri per coprire una distanza di 30! 

Dopo aver ritirato l’accredito, così come fatto per il derby di settembre col Monza, mi avvio verso la stazione per vedere se riesco ad intercettare gli ospiti. La S10 per Chiasso delle 16:40 arriva solo alle 17:05, con un servizio d’ordine veramente blindato.

Ad attenderli a Como S. Giovanni quattro pullman che riesco ad immortalare sia alla partenza che all’arrivo al vicino Sinigaglia (mi ha fatto uno strano effetto, nel mentre, camminare a passo veloce in mezzo ad una via Fratelli Recchi deserta e chiusa al traffico).

Il torpedone lecchese arriva a sirene spiegate e, in particolare, da uno dei pullman si vede un po’ di agitazione, con alcuni ultras ospiti che hanno aperto le portiere ed acceso delle torce, facendo scattare l’immediata reazione della polizia che si precipita a dare rinforzi davanti all’ingresso del settore ospiti.

Nonostante il momento frenetico, stavolta, rispetto a maggio, fila tutto regolarmente e io pure, ad appena 10 minuti dall’inizio, mi fiondo in campo.

Il colpo d’occhio del Sinigaglia è veramente buono, con la tribuna quasi piena e una buona affluenza della Ovest. Ho appena il tempo di piazzarmi in mezzo al prato verde per vedere la scenografia comasca, col bandierone blu a croce bianca accompagnato dallo striscione “Let’s go blues”. Ma, più che a livello visivo, i lariani di casa si notano a livello uditivo, con una serie di bomboni che, sicuramente, sono stati sentiti fino al paese soprastante di Brunate.

Ad accompagnare lo spettacolo, tante torce e fumogeni come non se ne vedevano da tempo, e la nebbia artificiale che stagna nei primi minuti mi impedisce di immortalare una prima sciarpata della Ovest e l’esultanza per l’immediato gol di Ganz, che sembra spianare la strada ai padroni di casa.

Gli ospiti, accolti dai fischi, entrano di fatto a partita iniziata e, mano a mano, si compattano dietro le loro tradizionali pezze. Da subito i blucelesti fanno quadrato e, spinti da un’ottima organizzazione interna, fanno la loro figura.

Nel primo tempo, almeno rispetto al derby col Monza, la curva di casa appare in forma, con un continuo sventolio di numerosi bandieroni e, una novità per me, un altoparlante che riesce a dare un po’ di ordine ad un settore che appare a volte poco coeso. Prima di dare spazio ai cori contro i dirimpettai nel secondo tempo, numerosi i cori contro Varese.

Significativo un momento verso la mezzora, in cui le due curve si sono alternate nei cori a favore dei rispettivi diffidati.

Nel secondo tempo, almeno nella prima metà, i comaschi continuano a tenere botta, e anche nel settore ospiti si viaggia su buoni livelli. Da segnalare uno striscione esposto dalla Ovest, che fa seguito ad uno simile già destinato ai monzesi: la variante stavolta recita “siete come i vostri amici: il nulla abbinato al niente”.

Il Lecco, che sembrava spacciato all’inizio, fa la sua onesta partita e, ai punti (da segnalare un gol negato nel primo tempo per fuorigioco che aveva strappato una breve esultanza), merita almeno il pari. Così, di fronte ad un Como sicuramente migliorato nella ripresa, il Lecco trova, a quattro minuti dal 90° il quasi insperato gol di Moleri, nato da una giocata personale veramente di qualità.

Inutile provare a definire il tasso di goduria nel settore ospiti e la delusione cocente in quello di casa. Nonostante una reazione d’orgoglio comasca, sia sugli spalti che in campo, i protagonisti dei minuti finali sono i lecchesi, favoriti dall’incredibile dinamica di questa partita.

Finisce 1-1 e, tutto sommato, è giusto così. Se in campo non ci si è annoiati, il vero spettacolo lo hanno dato gli spalti, dai quali è scaturita l’ennesima riprova di quanto siano belle e sentite queste sfide di campanile.

Stefano Severi