La settimana è trascorsa con i discorsi sul gioco del Como di Fabregas. Con l’interrogativo: è giusto osare un gioco così spettacolare, o bisogna essere più cinici? È giusto fare la squadra di classe quando in realtà si vola a pelo d’acqua della zona retrocessione, o bisogna saper fare la provinciale dura e pura?
Como non si è ancora abituata a tutta questa attenzione mediatica. Né a un calciomercato frenetico e discusso a livello nazionale. Soprattutto non si è ancora abituata a vedere tutta quella qualità in campo. E continua a chiedersi se sia tutto oro quel che luccica. I filmati patinati, le star invitate a ogni partita, il pre-match show, l’odore di pop-corn sulle tribune, gli influencer, i chioschi luccicanti, le sciarpe “metà e metà”, l’enorme quantità di turisti stranieri che difficilmente si vedevano in riva al lago, non di certo sul versante calcistico.
Como, ricca e sonnacchiosa, ora è Como ricca e glamour. Il suo lago ha dovuto aggiungere ai suoi nomi anche la variante inglese, ormai un brand esclusivo. Un tempo era una città bella quanto avara e inospitale (“Como Città Morta”, cantavano gli Hideout), e che proprio per questo regalava il tepore dell’appartenenza a chi riusciva a trovare i propri angoli a cui affezionarsi e dove sentirsi a casa.
Ora Como è sotto i riflettori, è sulla bocca di tutti, è una gemma prestigiosa del turismo internazionale, e la squadra di calcio si è trasformata insieme alla città. Ed è facile sentirsi spaesati e far fatica a trovare quel tepore e quegli angoli nel marasma generale.
Stasera i riflettori del “Sinigaglia” evidenziano la pioggia insistente che si sta abbattendo in riva al Lago. Sì, perché alla faccia delle immagini da cartolina del Lario assolato, questo è pur sempre il “pisciatoio d’Italia”, uno dei tanti difetti rivendicati con testardo orgoglio da chi qui c’è di casa.
E sotto quella pioggia battente, nonostante sia un lunedì sera, c’è un discreto contingente friulano nella curva ospiti a sostenere l’Udinese, mentre dall’altro lato la curva di casa è piena e rumorosa come di abitudine, su entrambi i lati del bandierone triangolare teso tra le due gradinate di tubi Innocenti della Curva Ovest.
C’è acrimonia tra i due lati: ricordi antichi, vecchi di 22 anni, quanto l’ultima volta del Como in A. Una gara rinviata per l’esondazione del lago per le abbondanti precipitazioni. La partita dei tre rigori assegnati all’Udinese mentre due venivano negati al Como: la reazione fu un lancio di oggetti (finì in campo persino un lavandino, mentre un fumogeno lanciato dalla curva di casa colpì un giocatore del Como) e una serie di incidenti che portarono alla sospensione della partita, alla sua assegnazione a tavolino all’Udinese e alla squalifica del “Sinigaglia” per tre turni.
Oggi c’è spazio per qualche coro offensivo, nulla di più. Sul campo il Como si porta in avanti, soffre un po’, poi dilaga con un 4-1 importantissimo ai fini della classifica. Sul campo brilla il nuovo acquisto Assane Diao, torna il gioiellino Nico Paz da un breve infortunio, mentre non viene ancora convocato il clamoroso neo-ingaggio Dele Alli. Como è cambiata, sul prato del Sinigaglia c’è da stropicciarsi gli occhi, senza dimenticarsi però di preservare gli angoli nascosti che “sappiamo solo noi”, quelli che ci son sempre stati anche quando la città era solo il “pisciatoio d’Italia”.
Testo e foto di Damiano Benzoni