“Uccidiamo il chiaro di luna, le gondole placide sulla laguna, quest’immagine da cartolina, questa gente messa in vetrina”, cantava negli anni ‘90 la band ska Fahrenheit 451 da Mestre, lanciando già allora un grido di allarme rispetto all’ondata turistica di Venezia e all’impatto sulla popolazione residente. La città lagunare è da sempre colpita, Como ci è arrivata più tardi, a suon di George Clooney, brand “Lake Como”, set cinematografici e ville acquistate dalle star.
Qualcuno lo ha chiamato “derby dell’acqua”, qualcuno “derby dell’overtourism”. Fattostà che tra Como e Venezia ci sono più cose in comune di quanto non sembri. Entrambe le squadre sono state protagoniste della Serie B lo scorso anno e rappresentano per eccellenza le ambizioni delle proprietà straniere nella provincia del campionato italiano. Ambizioni che vanno a investire su due squadre dal passato turbolento e segnato da fallimenti e risalite dai dilettanti.
Il progetto del Venezia, tra maglie di design e photoshoot analogici, è stato il primo a proporre a una provinciale un branding esclusivo, da club di lusso. Eppure i tifosi, che nel 2011 avevano preso in mano il progetto attraverso un Supporters’ Trust, preferiscono ancora rivangare tempi storici in cui al nome della Serenissima si affiancava quello più prosaico di Mestre, dopo la fusione tra le due squadre che aveva dato in eredità alla squadra anche il colore arancione.
Il Como del dopo Preziosi è dovuto ripartire anch’esso a più riprese dalla Serie D, fino a trovarsi in anni recenti catapultato non solo in Serie A, ma anche all’attenzione dei media stranieri. Mentre Infantino sogna l’half-time show alla finale dei mondiali, il prepartita del Como porta su un palchetto nell’ancora solo parzialmente agibile Curva Est le note di Jake La Furia, ultimo di una serie di rapper e cantanti chiamati a intrattenere il pubblico lariano.
C’è anche un altro aspetto ad accomunare le due squadre: i progetti di rifacimento dello stadio. Il gioiellino lagunare del Penzo e il Sinigaglia intarsiato tra l’hangar degli idrovolanti e le onde del lago sono entrambi ammessi alla Serie A in deroga ed entrambi i club hanno dovuto correre in estate per espandere la capienza dei rispettivi impianti.
Per questo entrambe le squadre stanno sognando nuovi impianti: e se il Venezia dovrà lasciare la laguna e l’isola di Sant’Elena per accomodarsi nel nuovo “Bosco dello Sport” nei pressi dell’aeroporto, una delle condizioni poste dalla proprietà del Como per finanziare il nuovo Sinigaglia è quello di mantenere la posizione in riva al Lario, troppo integrale per il branding del club.
È una giornata particolarmente bella per godersi i dintorni dello stadio: un sole che rende ogni angolo del Sinigaglia “un’immagine da cartolina”, con una lievissima foschia a regalare una luce atmosferica per sottolineare i profili delle montagne circostanti. Entrambe le curve però vogliono dimostrare di non volersi arrendere all’idea di farsi “mettere in vetrina”.
L’entusiasmo è tanto e gli spalti sono pieni, mentre nel settore ospiti – dopo la paura che la prefettura bloccasse la trasferta come avvenuto ai comaschi durante il girone di andata – si presentano circa duecento tifosi, carichi e pronti a far sventolare le bandiere verdi e arancio sgargianti nel sole. La curva lariana invece coinvolge l’intero stadio in due sciarpate: la prima nel prepartita, sulle note di “Pulenta e galena fregia” di Davide Van de Sfroos, la seconda come da tradizione nei minuti finali intonando l’inno “Un comasco dal cuore ubriaco”. Due momenti intensi, emozionanti e scenografici.
Sul campo è la sfida tra Fabregas e Di Francesco, due tecnici accusati di avere un gioco troppo offensivo per due squadre neopromosse. Il Como sembra meno brillante del solito, il Venezia gioca la partita che molti volevano vederle fare già dall’inizio: brutta ma efficace.
La delusione per i lariani, passati in vantaggio nella ripresa, ma incapaci di sferrare il colpo del KO, arriva nell’ultima azione della gara: un rigore a cui assistono gli sbandieratori già appollaiati in cima alla rete per le celebrazioni del dopopartita e che si insacca sancendo il pareggio finale.
Damiano Benzoni