Chissà perché ma è sempre la solita storia. Chissà perché i cattivi presagi si materializzano quando non vorresti neanche pensarci. Eppure l’ostacolo non doveva essere insormontabile. Vero che la Samp è un cantiere aperto, vero che ci sono diversi giocatori nuovi, vero che pure l’allenatore è ancora completamente da scoprire, però una disfatta del genere neppure il tifoso più pessimista se la poteva aspettare. Con una certa soddisfazione dei cugini dell’altra sponda, quei tifosi genoani che si son visti sfilare la presenza in Europa proprio dall’altra squadra cittadina in un finale di campionato da thriller. Il Genoa dapprima conquista sul campo l’opportunità di giocarsi l’Europa League, il presidente Preziosi che poi ci mette del suo e la Samp, che arriva ad una attaccatura dal Genoa, vede il verdetto ribaltato sub judice. Il Genoa quindi escluso e la Samp ammessa, con il tecnico genoano Gasperini che, qualche giorno prima dell’esordio europeo della Samp, rilascia delle dichiarazioni al vetriolo ed infine la partita sul terreno di gioco: una sofferenza infinita.

Se il calcio sa ancora emozionare, sa ancora far gioire o deludere, è merito o colpa di queste situazioni, dove ti aspetti tutto ed il contrario di tutto, anche se qui, sinceramente, siamo andati ben oltre l’immaginabile.

Si gioca contro il Vojvodina, il passato di Vujadin Boskov, prima giocatore e poi allenatore vincente ed estremamente amato di una Sampdoria che è stata un modello di squadra. Un gruppo eccezionale con una dirigenza ancora più eccezionale: erano gli anni dei Vialli e dei Mancini, dei Cerezo ma anche dei “lavoratori” come Pari e Mannini, delle tante iniziative benefiche portate avanti da una squadra che sembrava un gruppo di amici, gestita da un tecnico capace, vincente ma soprattutto entrato di diritto nel cuore della gente per la sua semplicità, per la sua cultura e naturalmente per qualche frase ironica, sintetica, che racchiudeva concetti semplici ma di una verità lapalissiana.

Questa sera per la Sampdoria c’è, inoltre, la grana stadio: si gioca infatti all’Olimpico di Torino, a causa dell’intempestiva rizollatura del Ferraris. Fattore campo sicuramente inficiato, scegliendo oltretutto un terreno non propriamente amico. Una freccia in meno nell’arco dei ragazzi di mister Zenga, suo malgrado già sulla graticola, malvisto da parte della stampa e da parte della tifoseria.

La tifoseria si muove, i doriani non saltano l’appuntamento e lo fanno in buon numero, colorando il settore a loro disposizione. Presenti gli storici striscioni, tante anche le pezze esposte ed immancabile il ricordo di mister Boskov. A tal proposito, anche la curva ospite espone un suo ritratto, che risalta tra i colori biancorossi di striscioni e pezze varie.

Le bandiere doriane sferzano costantemente l’aria, alcune due aste vengono aperte spesso e volentieri, i cori alimentano quella sana voglia di spingere la squadra ad un passaggio del turno almeno sulla carta abbordabile. Sul campo però i pronostici vengono ribaltati, la Samp è inguardabile e subisce un mortificante 0-4 che lascia davvero poche velleità di rimonta.

La tifoseria ospite onora l’evento, si presenta con un colpo d’occhio niente male, sia a livello di colore ma anche di numero, poi incitano i giocatori venendone trascinati a loro volta dall’ottima prestazione in campo.

La Samp esce sconfitta dal terreno di gioco, ma i suoi ultras possono dire di aver lasciato la propria impronta sul match. A vedere il bicchiere mezzo pieno, si può guardare con soddisfazione a quanto lo stile italiano abbia influito anche nei Balcani: colore, stile, cori lanciati dal classico lanciacori spalle al campo, canti prolungati alternati da altri secchi e ripetuti. Gli ultras italiani possono ancora andar fieri di quello che hanno seminato. Altre categorie, in Italia, dubito che possano avere altrettanto di così ampiamente imitato ed ammirato. Eppure gli “sbagliati” stanno sempre da questa parte.

Testo di Valerio Poli.
Foto di Alberto Cornalba.