La stessa sera seguente alla partita a Malmö parto per Copenhagen. Non è difficile raggiungere la capitale danese dalla metropoli settentrionale della Svezia, in treno servono una quarantina di minuti. La mia seconda tappa calcistica in Scandinavia mi porterà a vedere l’FC Copenhagen. La partita si gioca la domenica alle ore 16.00, un orario perfetto, che mi lascia un po’ più della meta della giornata per visitare la città. Il tempo in questa fine di novembre non è freddo ed un bel sole mi sveglia al mattino. Parto in bicicletta per provare di capire un po’ la città danese. Qua è il paradiso della bici. Ovunque ci sono piste ciclabile di una qualità incredibile e bisogna solo essere attenti a lasciare passare gli sportivi più veloci. Dopo un bel giro della capitale è ora di raggiungere lo stadio che si trova in una posizione abbastanza centrale per una metropoli di 1,3 milioni di abitanti. 

Arrivo una ventina di minuti prima della partita e quasi tutto il pubblico è già dentro l’impianto, tranne alcuni ritardatari (tipo me). È strano vedere pochissimi tifosi attorno allo stadio. La professionalità della persone delegate agli accrediti mi stupisce talmente è ben organizzata la cosa. Lontani anni luce da alcune società italiane che nemmeno ti rispondono se mandi una richiesta. Lo stadio Parken è un’arena moderna, non è in una periferia commerciale ma è posizionato a 3,5 chilometri dal centro della capitale, in un quartiere residenziale, ad Osterbrø. Se si trova lì è perché è stato ricostruito (tra il 1990 e il 1992) sul sito del vecchio impianto della nazionale danese. Non rimane più niente del mitico Idrætsparken dove la selezione danese ha giocato 232 partita tra il 1911 ed il 1990. Di una capienza di 48.000 posti, è stato anche il campo di una società che non esiste più, il Kjøbenhavns Boldklub. L’interno mi piace molto e devo dire che non mostra affatto i suoi trent’anni.

Dalla tribuna stampa ho una visuale bellissima, sono in alto al centro del campo, una posizione perfetta per giudicare le due tifoserie e scattare foto. Sono molto curioso di vedere questa partita in Danimarca, una prima volta per me in assoluto. Poi devo dire che ho anche studiato un po’ perché sulle tifoserie locali sono ancora più ignorante di quelle svedesi. Tranne l’FC Copenhagen ed il Brøndby non posso dire niente sugli altri. Non so niente degli ospiti e non mi aspetto niente da parte loro.

La prima sorpresa arriva quando vedo la tifoseria dell’Aarhus. Sono tra i 2.500 e i 3.000, un numero molto alto se si considera che, comunque, ci sono 300 chilometri tra le due città (tre ore con l’autostrada). Lo stadio offre un bel colpo d’occhio con 25.814 spettatori, a fronte di una capienza di 38.065 spettatori (che ne fa il più grande impianto calcistico della Danimarca). La gradinata di casa presenta il pienone, come i distinti, mentre il settore ospite è pieno all’80%. Solo la tribuna, nella quale mi trovo, ha dei buchi importanti. Bisogna aggiungere che l’FC Copenhagen ha 17.500 abbonati questa stagione. La politica tariffaria della società biancoblu è molto interessante. Rispetto alla Svezia il prezzo del biglietto è meno caro. Per questa partita il biglietto più abbordabile costava 16€ (mentre a Malmö era il doppio). L’abbonamento “Platinium” nella gradinata di casa viene 350€ ma include tutte le partite della stagione (cioè campionato, coppa e coppe europee), mentre per chi vuole comprare l’abbonamento standard, il prezzo è di 130€ (ma deve ritirare i tagliandi la settimana prima, strategia che la società usa per assicurarsi che il tifoso vada allo stadio: i posti dei biglietti che non vengono ritirati dai titolari di questo abbonamento standard, vengono rivenduti dalla società). Infine, la media spettatori in campionato è di 21.000 spettatori dall’inizio della stagione. Ovviamente bisogna dire che in Danimarca non esiste il biglietto nominale ed altre invenzioni improbabili per scoraggiare il tifoso ad andare allo stadio. Anzi, forse è calcio moderno, ma almeno è trattato da cliente, anche dagli steward, molto rispettosi e tranquilli

Comunque, tutto il mondo è paese perché, attorno al 2010, la Federazione locale aveva provato a fare biglietti con le impronte digitali per le partite più a rischio come il derby tra FC Copenhagen e Brøndby IF, ma per fortuna questa misura non è passata, grazie anche alle contestazioni dei tifosi. Dal 2008 esiste una specie di tessera del tifoso per le trasferte che si chiama Awaycard. Istituita dopo una serie di partite con vari incidenti in risposta delle quali la classe politica chiedeva alle società calcistiche di fare qualcosa, altrimenti avrebbero imposto di giocare le partite senza tifosi ospiti. Dunque i tifosi dell’FC Copenhagen che vogliono andare in trasferta, devono avere questa carta. Alla fine, vuole essere un modo per identificare i tifosi in trasferta, ma il sistema è piuttosto tranquillo, dà punti ai più assidui e per le partite dove ci sono meno biglietti nel settore ospite, o più difficoltà per reperirli per via di una grande richiesta, quelli che hanno più punti hanno la priorità per comprare il biglietto. Come mi spiega Ace (che ringrazio per l’aiuto a scrivere questo articolo), quando fu introdotta questa card nel 2008, gli Urban Crew, uno dei gruppi locali, hanno boicottato le partite. Ma dopo qualche mese hanno capito che non serviva ed hanno aderito a questa tessera. Anche in Danimarca le relazioni degli ultras con la polizia sono tese e non solo nella capitale del regno.  

Quando mancano una decina di minuti all’inizio della partita, la curva di casa è bella piena. Vedo un immenso striscione appeso al primo anello con la scritta Sektion 12 Kobenhavn (che non ha bisogno di ulteriori traduzioni), nome generico della gradinata e del gruppo “ombrello” che riunisce i tifosi biancoblu più caldi. Più sotto c’è lo striscione degli Urban Crew, gruppo ultras nato nel 2003. Prima c’erano una miriade di gruppetti, più sul modello casual, e nessuno voleva prendere in carico l’organizzazione del tifo. Per questo si è deciso di costituire l’Urban Crew col sostegno di un’entità importante come i Copenhagen Casuals. L’UC ha introdotto un nuovo modo di sostenere l’FC Copenhagen prendendo spunto dal mondo ultras, riferimento innovativo in un paese che fino a quel momento seguiva molto più il modello inglese del tifo. Ma la cosa che mi stupisce è che la società che sostengono è stata fondata solo undici anni prima del loro gruppo. 

Il FC Copenhagen infatti è nato nel 1992 dalla fusione di due società storiche della capitale danese: il Kjøbenhavns Boldklub (sorto nel 1876, prima società calcistica creata nel continente europeo) ed il Boldklubben 1903. Durante il decennio 1980 queste due società storiche hanno avuto diversi problemi sia sportivi che finanziari. Con la costruzione del nuovo stadio Parken nel 1992, emerge la necessità di avere una società calcistica da far giocare in questo nuovo impianto e giustificarne la costruzione. Alla fine degli anni ’80, cinque società calcistiche della capitale danese si mostrano interessate ed alla fine sono quelle storiche a prevalere. Da qui, il 1° luglio 1992 nasce la nuova società con i colori biancoblu (un tributo al Kjøbenhavns Boldklub ). La prima stagione è un trionfo per la nuova società che s’impadronisce della Superliga danese sul campo del Brøndby IF vincendo 3 a 2. È l’inizio di una accesa rivalità tra i due club che prende il nome di Nuovo classico, pleonasmo del calcio moderno. Oggi, 29 anni dopo la sua fondazione, la società della capitale conta ben 13 titoli di campione della Danimarca e 8 coppe nazionale. 

Qualche secondo prima che le squadre entrino sul campo verde, scorgo nella gradinata occupata dei tifosi dell’Aarhus, un telone con il logo ed il nome degli Samlet for Aarhus, il club più attivo di tifosi che segue l’AGF. Direi che sono ultras, vista la scenografia, ma alla fine della partita capisco che sono più un’organizzazione unitaria, come la Sektion 12 Kobenhavn. Comunque, attorno al telone si alzano cartoncini con scritto “10 anni” e con il logo del club e sulla ringhiera che delimita il settore ospite, c’è un immenso striscione per celebrare l’evento. Il gruppo ultras che segue l’Aarhus sono i Nysir e vedo il loro bandierone accanto al lanciacori. Attivi dal 2007, sono i direttori d’orchestra del settore con due ragazzi con i megafoni. Di fronte, la gradinata di casa offre anch’essa una scenografia d’impatto. Si alzano migliaia di stendardi, non voglio dire un numero sbagliato, ma la gradinata è piena e ha una capienza di 8.800 posti. L’impatto è veramente bello e riuscito. Oggi come oggi, tutto o quasi è stato fatto nelle curve di tutto il mondo. Questo non è lo spettacolo più originale che possa esserci ma il suo impatto è forte. Disegni e slogan sono una ventina in tutto, riprodotti centinaia di volte. Tutta la gradinata partecipa e si nota l’abitudine dei tifosi locali per le scenografie. Poi gli stendardi rimangono alzati per 8 minuti, una cosa che mi piace molto!  

Quando le squadre entrano in campo, nel settore ospite, c’è un secondo spettacolo con una quarantine di torce accese. Anche in Danimarca sono proibite, ma la sicurezza li lascia fare e mi sembra la soluzione più giusta. Ma se uno viene beccato con la torcia rischia comunque fino a 5 anni di diffida ed una multa, seppur sembri ci sia una sorta di “laissez faire”. Dal lato della gradinata di casa si vedono anche fumogeni blu ed alcune torce. Questo è il bello del movimento ultras e lo si capisce anche dal numero di foto scattate dalla gente dei distinti.

Il tifo parte subito in quarta! La gradinata di casa è guidata dagli Urban Crew. Il lanciacori si trova dietro lo striscione su una piattaforma e utilizza un microfono ed è coadiuvato da sei tamburi accanto a lui. La piattaforma non mi piace molto, è tipica del Nord dell’Europa ma bisogna dire che è perfino personalizzata, con le iniziali della squadra davanti (FCK) e sui lati quelle del gruppo (UC). Devo aggiungere che la società ne ha disposta anche una piccola nel settore ospite. Al secondo anello ci sono anche alcuni ragazzi degli Urban Crew a coordinare il tifo, con un megafono su un’altra piattaforma. È molto strano vedere uno spazio enorme tra i ragazzi dello stesso gruppo, ma devo dire che la coordinazione funziona alla grande e il tifo risulta veramente bello per tutto il primo tempo. 

Bisogna entrare nell’organizzazione interna della gradinata per capire questa “separazione” del gruppo. Come spesso nel Nord Europa, il gruppo ultras locale è abbastanza chiuso. Impossibile comprare materiale del gruppo, neanche adesivi. Ma ci sono vari metodi per quelli che vogliono inserirsi nell’Urban Crew o solo aiutarlo e fare parte di una specie di club, come appunto la Sektion 12, l’organizzazione ombrello di cui sopra. Creata dall’Urban Crew nel 2006, l’idea era di dare un senso di identità al tifoso più acceso che non era ultras e di avere il suo appoggio per organizzare le varie attività dell’Urban Crew, principalmente per finanziare le scenografie. Sono un migliaio i tifosi che hanno la tessera della Sektion 12. Con questa hanno sconti sulle trasferte. Sotto la gradinata i tifosi possono comprare materiale della Sektion 12, dalla felpa alla sciarpa o adesivi. Invece per quello che vuole integrare l’Urban Crew, il percorso è più complicato. La prima tappa è aggregarsi all’Urban Juniors. Possono cominciare attorno ai 17 anni, poi, dopo avere provato sul campo di volersi darsi da fare sia per il gruppo che per la squadra, possono passare agli Urban Boys, questo fino a 25 anni. Se hanno di nuovo dimostrato l’impegno necessario possono finalmente arrivare all’Urban Crew. Può sembrare molto militare come approccio, ma nel Nord Europa è molto comune, esistono diverse organizzazioni simili in diversi gruppi, specialmente in Germania. Non mi piace molto, per il mio modo di vedere la curva, ma almeno permette di avere un gruppo compatto e sicuro. Nella gradinata di casa infine, c’è una divisione “territoriale”: gli Urban Crew con gli Urban Juniors sono in basso, dietro lo striscione, mentre gli Urban Boys sono al piano di sopra a far cantare quella zona. Bisogna aggiungere, per completezza, che gli Urban Boys hanno un bandierone proprio e anche sciarpe a loro nome.

Anche se sono dubbioso su queste organizzazioni troppo chiuse, il risultato che ho sotto gli occhi è molto positivo. Difatti alcuni cori sono davvero massicci e la coordinazione è perfetta. La parte di sopra gestita dagli Urban Boys non si permette mai di lanciare un canto proprio ma solo di fare eseguire le consegne che partano del basso. Poi, tornando alla scenografia, non ho visto un solo buco sopra.

Sul versante ospiti che dire? Una delusione. Sono tanti, sembrano pure belli ma a livello di tifo cantano sì e no in un centinaio e faccio molta fatica a sentirli. Forse sono solo gli ultras che cantano, cioè i Nysir, con un tifo comunque molto sottotono. A maggior ragione se si considera che il settore è bello pieno ed a ridosso del campo. Giornata no per gli ospiti, nonostante una grande partita della loro squadra che pareggia all’ultimo minuto dell’incontro su rigore e festeggia a lungo con loro. Sul gol, tanti bicchieri di birra volano, tradizione già consolidata in Germania. La tifoseria di casa, con gli Urban Crew molto attivi per tutta la partita, non mi delude nemmeno nel secondo tempo, anche se risulta un po’ meno potente che nel primo, ma è comunque autrice sempre di un bel tifo. Al 80° minuto, gli ultras dell’FC Copenhagen espongono lo striscione: “Pensiamo a te fratello”, per un ragazzo del gruppo che è dietro le sbarre. La partita finisce con un pareggio che delude la tifoseria biancoblu, in lotta per lo scudetto. È tempo per me di lasciare la Scandinavia e devo dire che queste due partite mi hanno dato voglia di saperne di più sul tifo svedese e danese. Poi la capitale danese è veramente una città da visitare. Spero di tornare per il derby tra Brøndby e l’FC Copenhagen fra pochi mesi, anche se è un periodo in cui si naviga e si vive a vista, senza poter fare troppi programmi sul futuro.

Sébastien Louis