Aggregazione, integrazione, solidarietà, queste sono le tre delle parole chiave che hanno animato la giornata del 13 Novembre organizzata presso il parco “ Achille Federico”. Questa giornata nasce dall’esigenza di incontrarsi, di dibattere e di confrontarsi collettivamente sul mondo che ci circonda. Abbiamo scelto dolorosamente e rabbiosamente di rinunciare alla trasferta e di non sottoscrivere la tessera del tifoso, mai chiederemo il permesso per essere liberi, mai ci piegheremo al volere dei servi dei servi e mai lasceremo da soli i nostri fratelli. Se ad oggi diverse trasferte vengono vietate, diverse tifoserie vengono trattenute, l’essenza stessa della trasferta è cambiata, vuol dire che non ci stiamo perdendo nulla, soprattutto se per resistere riusciamo ad organizzare giornate come questa con una valenza sociale immensa. Nonostante questa scelta, la nostra comunità è sempre in “movimento”, i nostri stendardi si trovano nei campetti polverosi delle serie minori in cui si danno battaglia tante realtà della provincia, si trovano negli stadi delle nostre tifoserie gemellate ed amiche e si trovano nei luoghi dove creiamo e organizziamo iniziative di socialità. Il dibattito che ha aperto la giornata si è concentrato molto sulle forme di aggregazione alternative alle logiche del calcio moderno ed ha visto partecipare il passato, il presente ed il futuro della nostra tifoseria, un cocktail molotov esplosivo fatto da diverse generazioni che hanno vissuto, stanno vivendo e vivranno questa vita. Se guardiamo solo a ciò che è successo nell’ultimo anno e mezzo ci rendiamo contro che la morsa repressiva si sta stringendo: Siamo passati dall’innalzamento delle barriere nelle curve, al rilevamento biometrico ai tornelli nell’Olimpico, alla sorveglianza speciale applicata verso Claudio, “Bocia”, di Bergamo e verso Fulvio di Genova, è stato introdotto il Daspo di piazza in una città come Pisa e questo non è un caso visto che lì gli ultras si contaminano con gli spazi sociali, creando una dimensione conflittuale e resistente, ad Ancona sono stati emanati degli arresti con pene pesantissime per chi ha saltato qualche firma in questura nell’arco di una restrizione di anni. Non dobbiamo dimenticare nemmeno la marea di diffide e di arresti che si abbatte quotidianamente sulle nostre curve, il dato di fatto ad oggi è che le carceri si stanno riempiendo sempre di più di ultras e forse è arrivato il momento di mettere da parte il diverso colore della sciarpa ed iniziare una riflessione seria e comune su questo tema. Il disegno che c’è dietro è chiaro a tutti, vogliono eliminarci dagli stadi, vogliono che questi ultimi diventino dei luoghi vuoti dove a prendere collocazione siano solo degli automi con dei palloni al posto del cervello. Vogliono eliminare dagli stadi quella passione popolare che anima i gradoni di cemento e li trasformi da luoghi freddi a luoghi dove nascono e si sviluppano relazioni sociali che vanno oltre lo stadio. Vogliono eliminare quella “Teppa Giovanile” che al suo interno ha un’indole ribelle, la stessa indole che ha portato diverse generazioni tanti anni fa a tentare di assaltare il cielo e che rappresenta la dinamite sulla quale fare esplodere la società. Tutto questo accade perché la piovra capitalista ha capito che negli stadi può trovare del terreno fertile per alimentarsi e per sostenersi, in questa direzione va anche il fatto di far giocare il derby con il Catanzaro un giovedì pomeriggio lavorativo del periodo natalizio. Funzionale a questo processo purtroppo si deve sottolineare che all’interno del nostro mondo si sia passati dalle lame alle pistole, se un ultras muore in questo modo infame vuol dire che abbiamo perso tutti. A tutto ciò si aggiunge che all’interno delle grandi curve vi siano delle infiltrazioni di chi ha capito che con il business dei biglietti può lucrare e guadagnarci molto. I media mainstream ci dipingono come dei “Folk Devil” ma forse i signori che oggi si credono essere dei giornalisti, che in realtà vomitano solo quello che chi sta più sopra di loro gli dice di vomitare, si dimenticano che noi nasciamo prima dell’attuale sistema di comunicazione, non abbiamo gli stessi mezzi ma trent’anni fa davamo vita alle prime fanzine, davamo vita ad una vera e propria controcultura che si mescolava alle subculture giovanili e che ancora oggi portiamo avanti sulle pagine punk, caotiche e piratesche di “Voce Ribelle”. La strada che la Cosenza non tesserata ha intrapreso per contrastare i “veri criminali” ovvero coloro che speculano sulle nostre vite e devastano i territori, è quella dell’ aggregazione, siamo i dannati che vivono tra i muretti, le panchine, i campetti di periferia e i gradoni di cemento e continueremo ad intraprendere questa “cattiva strada” fino a quando ci sarà ancora chi avrà la determinazione necessaria a lanciare un urlo di libertà.

Subito dopo il dibattito si è organizzato un pranzo sociale e poi è iniziato il torneo che ha visto prendere parte 10 squadre dei gruppi non tesserati della Tribuna A, una squadra di rifugiati politici ed una squadra di migranti delle case occupate. Durante questo torneo si è lanciato anche un forte messaggio antirazzista, nella nostra città il razzismo non troverà mai posto. Prima di iniziare il torneo tutte le squadre hanno esposto lo striscione “Welcome Refugees” mentre da dietro i fumogeni trasformavano l’atmosfera in una nebbia dall’ odore acre. La squadra dei migranti delle case occupate dopo il ripescaggio ha incantato tutti ed ha ottenuto la simpatia dei presenti riuscendo ad arrivare fino alla finale, perdendo poi ai rigori. Prima della finale il campetto di calcio si trasforma in uno stadio, tutto intorno ci sono gli striscioni che colorano la Tribuna A ed il fumo delle torce si leva al cielo al cielo dando il segnale dell’inizio della finale. All’interno di questa giornata è stato importante anche rivolgere un pensiero a Felice, un nostro fratello di gradoni e di strada che si trova in carcere solo perché antifascista, a lui va tutta la nostra solidarietà e tutta la nostra vicinanza. In un periodo storico in cui negli stadi e nelle periferie è in atto una vera e propria opera di disgregazione sociale, noi rilanciamo creando nuove forme di aggregazione alternative al calcio moderno. Aggregazione contro repressione, kaos contro ordine, ribellione contro sottomissione, rumore contro silenzio, passione contro vuotezza, eresia contro dogma, follia contro normalità, troveremo sempre un motivo per sovvertire quello che il “vostro” mondo dispone. Se è vero che “cospirare vuol dire respirare insieme” è vero che noi dobbiamo respirare all’unisono nella stessa direzione, i nostri sono respiri di libertà, mai nessuno ci farà esalare l’ultimo respiro perché noi continueremo a resistere ed ad esistere, continueremo a tramandare alle generazioni che verranno gli ideali di una teppa che continua a tifare rivolta.